Ultimatum alla Lega puniremo le illegalità di Fabio Martini

Timori a Palazzo Chigi: si teme che l'agitazione dei «lumbard» sfoci in qualche incidente Timori a Palazzo Chigi: si teme che l'agitazione dei «lumbard» sfoci in qualche incidente Ultimatum alla Lega: puniremo le illegalità Napolitano: le intimidazioni troveranno una ferma risposta ROMA. Per ora, guai a parlarne ad alta voce. Eppure da 48 ore a palazzo Chigi circola un passaparola venato di preoccupazione, il timore cioè che l'agitazione leghista possa sfociare prima o poi in qualche incidente, in qualche provocazione che vada oltre le intenzioni degli stessi capi della Lega. Insomma, la cicca buttata per caso e che fa crepitare l'incendio. Prodi, Veltroni, alcuni ministri ne hanno parlato anche ieri mattina e l'eco di quel timore trapela da quel che ha detto più tardi a Napoli il ministro dell'Interno Giorgio Napolitano. Da sempre uomo di poche e calibratissime parole, Napolitano rivela che «il governo è vigilante per quel che riguarda il rispetto dell'ordine pubblico» e anche se «finora non ravvisiamo problemi, in questi giorni ci sono stati però episodi sicuramente inquietanti come le intimidazioni ai giornalisti a Lodi». Sui rischi per l'ordine pubblico, per ora si evitano dunque allarmismi, ma squilla la voce grossa non appena si parla di contromisure: «Il governo non tollererà infrazioni alla legalità», fa sapere un altro ministro che di solito detesta i superlativi come Antonio Maccanico, che preannuncia anche «l'uso della forza in caso di illegalità». Lo stesso concetto espresso da Napolitano: «Le intimidazioni, i gesti di propa- ganda troveranno la più ferma risposta, in tutti i sensi, del governo». E la drammaticità delle parole del ministro dell'Interno sta proprio in quell'inciso: in tutti i sensi. E mentre il governo fa scattare l'allerta, parte o almeno tenta di partire, la risposta politica: davanti all'incalzare dell'offensiva leghista, Romano Prodi ha infatti capito che non bastano le condanne a parole e ha deciso di passare al contrattacco, di «stanare» Bossi. E assieme al ministro delle Regioni e della funzione pubblica Franco Bassanini, il presidente del Consiglio ha messo a punto un «pacchetto-federalismo» da dispiegare in due tempi. Primo tempo: approvazione entro l'e¬ state di una serie di misure che dilatino al massimo le autonomie locali. Secondo tempo: avvio della revisione costituzionale per la trasformazione dell'Italia in uno Stato federale in senso pieno. E ieri pomeriggio, passeggiando nei corridoi di Montecitorio ecco cosa anticipava il ministro Bassanini, che da Prodi ha avuto in dono la «patata» incandescente del federalismo: «Non siamo ancora alla Grande Riforma che pure serve, ma entro un mese presenteremo un disegno di legge per allargare il livello di autonomia al massimo consentito dalla Carta fondamentale come è oggi». Qualche esempio? «Ridurre al minimo le competenze dei vari or¬ gani di controllo centrale sugli atti di Regioni e Comuni - spiega Bassanini -, rivedere i criteri di nomina dei segretari comunali, semplificare la certificazione anti-mafia». E poi: «Istituzione dello sportello unico per il cittadino che ha bisogno di autorizzazioni, certificati». E mentre il governo studia, cerca di arginare l'inattesa valanga leghista e mentre Berlusconi si limita a dirsi «preoccupato dalla voglia di secessione di Bossi», il segretario del pds D'Alema sposa la «linea dura»: «Non abbiamo paura della Lega, non temiamo un po' di folclore in camicia verde, perché abbiamo già sconfitto le camicie nere. Ma c'è un'esigenza di fermezza contro la violenza e l'insulto ai cittadini del Sud». E ancora: «Chi è stato eletto dal popolo non può negoziare col Parlamento». Ma sulla risposta a Bossi, qualche crepa affiora nella corteccia dell'Ulivo. Elio Veltri fa propria la proposta leghista di un referendum, convinto com'è della risposta negativa del Nord alla suggestione della Padania. Ma quel «sì» di Veltri ha fatto rizzare i capelli al pds e la replica è corsa attraverso un gelido, anonimo comunicato dell'ufficio stampa del gruppo parlamentare della sinistra democratica: «La presidenza informa che l'ipotesi di referendum non è in alcun modo condivisa». Fabio Martini La controffensiva di Prodi è un «pacchetto-federalismo» Il presidente del Consiglio Romano Prodi Qui a fianco il grafico che indica come sarebbe composto un ipotetico parlamento della Padania secondo i risultati delle politiche dell'aprile scorso

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