Il killer di Robin ha vinto il mio candidato

7 Nuovo choc in Israele per le dichiarazioni di Amir. Washington a Netanyahu: così non va Il killer di Robin: ha vinto il mio candidato Arafat: faremo uno Stato TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO Non parla, ma il suo freddo sorriso la dice tutta. Ygal Amir, il terrorista che uccidendo il premier laborista Yitzhak Rabin ha fatto anticipare le elezioni israeliane e ha tentato di congelare il processo di pace, è molto soddisfatto dell'esito del voto e del conseguente ritorno al potere del Likud. Al tribunale distrettuale di Tel Aviv - dove Amir è tornato ieri assieme al fratello Haggai e all'amico Dror Adani per rispondere dell'accusa di aver cospirato contro il premier, di aver messo da parte un arsenale e di aver progettato attentati antipalestinesi - l'estremista che due mesi fa ha iniziato a scontare l'ergastolo non ha rilasciato dichiarazioni. Per lui parla l'avvocato difensore, Shmuel Fleishman: «Ygal è molto soddisfatto dell'esito del voto perché ritiene che le sue idee siano vicine a quelle del premier eletto Benjamin Netanyahu». «Ygal - aggiunge il legale - ha votato per Netanyahu e ritiene che adesso Israele abbia imboccato la strada giusta». Un familiare aggiunge che Amir ha anche votato per il partito di estrema destra Moledet, che avrà due seggi alla Knesset. Il suo voto nel carcere di Ohaley Kedar (Beer Sheva) - mentre era protetto da cinque agenti di sicurezza e indossava un giubbotto antiproiettile - aveva provocato furiose polemiche in Israele. La vedova di Rabin, Leah, lo aveva definito «scandaloso», e lo scrittore Amos Oz aveva criticato il fatto che Amir fosse «l'unico israeliano ad aver votato due volte: la prima con i proiettili, la seconda con la scheda». «Il clima di paura verso la destra è finito prosegue compiaciuto l'avvocato Fleishman -, alcuni testimoni che esitavano a deporre a nostro favore sono adesso disponibili». Ma non è preoccupato, Amir, delle professioni di pace fatte ora da Netanyahu? «Niente affatto - replica Fleishman - anche Amir ha sempre voluto la pace. Ma una pace diversa da quella ipotizzata dal governo uscente Ieri, mentre ad Aqaba sul Mar Rosso si incontravano re Hussein, Yasser Arafat e Hosni Mubarak, Netanyahu si è molto sforzato di convincere il mondo arabo che il ri¬ torno al potere del Likud non significa necessariamente la fine delle speranze di pace nella regione. Per la seconda volta in tre giorni il premier eletto ha ricevuto l'ambasciatore d'Egitto in Israele Muhammed Bassiuny (che era latore di un messaggio di Mubarak) e ha avuto colloqui con i ministri degli Esteri dell'Oman e della Mauritania. Il suo consigliere politico Dorè Gold, inoltre, era ieri reduce da colloqui segreti ad Amman nel corso dei quali aveva assicurato ai dirigenti giordani che 0 Likud è un partito pragmatico. Arafat ha voluto subito mettere alla prova Netanyahu. Conoscendo la nota sensibilità del Likud sul futuro di Gerusalemme e la sua oppo¬ sizione a uno Stato palestinese indipendente, il presidente dell'Anp ha dichiarato: «E' ormai imminente la dichiarazione di uno Stato palestinese indipendente che avrà per capitale Al Quds al-Sharif, Gerusalemme. Questa è la volontà del popolo palestinese». Mubarak ha subito annuito: «Lo Stato palestinese ci sarà: la storia lo conferma, che piaccia o no». Re Hussein ha aggiunto (pensando ai piani dei falchi del Likud, come Ariel Sharon): «La Giordania non sarà mai uno Stato palestinese». A Gerusalemme, Netanyahu non si è scandalizzato troppo: «Le dichiarazioni di Arafat - si è limitato a constatare - non sono nuove». Nel frattempo i suoi collaboratori sono impegnati a raccogliere gli elementi necessari per mettere a punto la politica del nuovo governo di fronte ai palestinesi. Il consigliere Gold, il collaboratore Dani Naveh e il deputato del Likud Gideon Ezra (un ex dirigente dei servizi segreti) hanno discusso a lungo del ridispiegamento dell'esercito israeliano fuori da Hebron con il generale Uzi Dayan. Netanyahu, prevede la radio dei coloni Canale 7, ordinerà non un ritiro bensì un riassestamento dell'esercito in modo che i centomila abitanti palestinesi della città possano godere di autonomia amministrativa. Ieri intanto a Hebron i coloni sono passati all'azione impadronendosi di un vecchio bagno turco nelle vicinanze del quartiere ebraico. Un dirigente del Likud, Moshe Katsav, ha confermato: «A Hebron i coloni ebrei resteranno per l'eternità». Le proposte sul proseguimento del processo di pace avanzate dal premier eletto israeliano Benjamin Netanyahu sono insufficienti ad arrivare ad una pace globale, afferma ieri il portavoce del dipartimento di Stato Usa Nicholas Burns. La valutazione viene in particolare riferita al negoziato israelo-siriano. Il portavoce del dipartimento di Stato ha ricordato che la politica di Washington in Medio Oriente, imperniata sul principio «terra in cambio di pace» non è cambiata dopo l'elezione del leader del Likud. Aldo Baquis Amir al processo per l'uccisione di Rabin: il suo diritto al voto ha provocato polemiche nel Paese