Parte il primo sfratto leghista

E Parte il primo sfratto leghista La Provincia di Mantova: prefetto, vattene LO STATO NEL MIRINO E MILANO magari finirà in niente, perché come ricorda il mantovano Davide Boni «l'ultima parola spetta alla commissione sfratti, e sapete chi la presiede? Il Signor Prefetto». Epperò giusto a Mantova, lunedì sera, il presidente della provincia Boni firmerà la prima delibera di sfratto al prefetto. Così un periodo ipotetico di Roberto Maroni, diventato presente nei titoli di giornale, è già futuro immediato: «Ho letto i quotidiani, buonissima idea - dice Boni -. E' da quando sono stato eletto che ci lavoravo, da tre anni. Nulla di personale con il prefetto, per carità, ottima persona. Ma lunedì firmerò lo sfratto». Buonissima idea? Umberto Bossi l'ha saputo in diretta dal Tg5, al telefonino con Enrico Mentana. «I prefetti? Sono i Viceré dello Stato». Raus! anche per loro? Davide Boni era già pronto. Ma pure Giovanni Cappelluzzo, presidente dei bergamaschi, era al lavoro: «Da almeno due mesi». E Giovanni Mazzonetto, trevigiano, addirittura lo sfratto l'ha firmato da un anno: «Il nostro prefetto, abita in una nostra villa bellissima, settecentesca, in pieno centro. A me quei locali servono». Dei 7 presidenti di giunte a maggioranza leghista, Mazzonetto è l'unico «indipendente»: «Che dite, Bossi e la Lega mi hanno copiato l'idea?». I magnifici sette, al momento, hanno letto i giornali e basta. Anzi, il veronese Antonio Borghesi neppure li ha letti: «Ho sentito qualcosa dalla televisione, ma dalla Lega non ho avuto alcuna comunicazione. Quello che mi hanno chiesto è sempre stata la buona amministrazione». Borghesi, in effetti, è un tantino disorientato: «Non c'è dubbio che dal punto di vista simbolico il prefetto rappresenta lo Stato. Ma allora, in linea teorica, è possibile anche per la sede provinciale dei carabinieri? In effetti io ho bisogno di nuovi locali...». Però, insomma, calma e ragioniamo: «Sul piano pratico mi sembra difficile sfrattarli». Massimo Ferrario, presidente della provincia di Varese, è anche presidente della Consulta leghista degli amministratori locali. Ma è in Cina, tornerà martedì prossimo, e fino a quel giorno non ci saranno né direttive né riunioni. Giovanna Bianchi, sua vice, ora parlamentare, prende tempo: «Maroni ha fatto benissimo a lanciare quell'idea: troppe volte la Provincia, l'ente locale, si deve sostituire allo Stato centrale. A Varese, per carità nulla di personale con il prefetto, ottima persona, ci accolliamo oneri non nostri. Dovremo discuterne e decidere. Una iniziativa isolata sarebbe inutile». Riassunto: i 7 presidenti di province leghiste ancora non sanno se la Lega, o il Ciellepì di Bobo Maroni, hanno deciso di sfrattare le prefetture. Però, a sentirli, si scopre che il problema esiste. «Il caso di Mantova è semplicissimo spiega Boni -. La prefettura occupa un piano del palazzo della provincia e paga 70 milioni d'affitto l'anno. Bene, non potendo usufruire di quei locali, io spendo ogni anno 200 milioni per affittare uffici da privati. Ho posto il problema della rinegoziazione, ci siamo accordati con il prefetto su 340 milioni e qui viene il bello: dal Viminale ci hanno risposto di aspettare tre anni. Fine». Neppure Roberto Maroni si aspettava un successo così immediato. «E' la dimostrazione che il problema esiste, ma le risposte che arrivano sono ancora una volta di chiusura. Questi sono gesti simbolici, non è eversione. Il rischio di tutta questa enfatizzazione è che si perda di vista la realtà. Insomma, la Lega sta canalizzando un malessere diffuso, sta mediando con un Nord, o una Padania, pronto ad esplodere. La rivolta fiscale nel nord-est nasce dagli imprenditori, non dalla Lega. Le ronde nei quartieri di Milano nascono dai poliziotti, non dalla Lega. Continuiamo ad aspettare se¬ gnali che non arrivano». Ma «quell'idea», come la definisce Giovanna Bianchi, l'idea di sfrattare i prefetti, è già qualcosa di concreto. Mantova a parte, c'è Bergamo. Ogni anno la Provincia spende 2 miliardi e mezzo per trovare locali in affitto. «Noi siamo disastrati, un ufficio di qua e un altro di là, con gli inevitabili disagi per i cittadini. Perché la Prefettura non si trasferisce in quell'enorme costruzione di proprietà del ministero delle Finanze, che è qui in periferia, doveva ospitare un Centro servizi regionale e invece è vuoto?». L'«idea» da ieri avanza anche a Bergamo, e magari arriverà anche in province non leghiste. A parte Boni, che ne fa una questione di quattrini e da tre anni la sta meditando, nelle altre province leghiste i toni si fanno prudenti. «Io sono indipendente - chiarisce Mazzonetto - guido una giunta con Popolari e Patto Dini e nel programma lo sfratto al prefetto non c'era. Se tutti fossero d'accordo potremmo vedere, ma se è un'imposizione non posso accettare». Il padovano Renzo Sacco, in attesa di comunicazioni leghiste, la butta lì: «Io ho precise responsabilità amministratrive, civili e penali. Perché queste cose non le fanno i deputati, che sono coperti da tutele che io non ho?». Non tutti i presidenti sono come Boni: «Io non so niente, aspet¬ to», dice il pavese Enzo Casali. Ma nessun problema e nessun rischio, fa sapere Maroni. Ora che gli sfratti al prefetto sono nel futuro immediato, la Lega ha già trovato il trucco per evitar grane ai presidenti e alle loro giunte. Aldo Moltifiori, ex sindaco di Monza, sta scrivendo una mozione da presentare in tutti i consigli provinciali a maggioranza leghista, una mozione che vincola giunta e presidente. «Se passa quella - dice Maroni - lo sfratto è fatto». Ma poi, appunto, come ricorda Boni, a decidere se lo sfratto è esecutivo oppure no chi sarà? Il Signor Prefetto. Giovanni Cerniti Ma per ora gli altri presidenti di giunta del Carroccio prendono tempo LE PROVINCE LEGHISTE CHE PREPARANO GLI SFRATTI Ma per ora gli altri presidenti di giunta del Carroccio prendono tempo sprcsiodtritsqdd«rpdpvnccgdldq Giancarlo Pagliarini «presidente del Consìglio» della Lega