Uccise tifoso scarcerato dopo 15 mesi

Ultra del Milan Ultra del Milan Uccise tifoso scarcerato dopo 15 mesi GENOVA. Quindici mesi di carcere per una vita. La bilancia della Giustizia ha tarato così il peso di un omicidio. A Simone Barbaglia, giovane ultra milanista che accoltellò a morte un ragazzo genoano, sono stati concessi gli arresti domiciliari considerata «l'incensuratezza dell'imputato, la giovanissima età, il buon comportamento processuale, la positiva condotta carceraria, la sua personalità e un valido nucleo familiare». Un dolore composto, quello di papà Cosimo. Un dolore straziante per la mamma di Vincenzo Spagnolo, ucciso a 24 anni per la squadra del cuore, il Genoa. Ieri Cosimo Spagnolo, 52 anni, dipendente dei cantieri navali di Sestri Ponente, ha dovuto abbandonare il posto di lavoro per soccorrere la moglie. E' stata lei a dargli la notizia, nella tarda mattinata. «Non hai saputo?». Lo ha ripetuto più volte, poi la voce al telefono si è incrinata. E papà Cosimo ha capito che quel dolore lacerante per tutta la famiglia Spagnolo era di nuovo presente, vivo, come se il giorno della morte di Vincenzo, il 29 gennaio del '95, fosse tornato una seconda volta. Simone Barbaglia, 20 anni, è stato condannato a undici anni e quattro mesi di carcere per omicidio volontario. Venne arrestato il giorno dopo aver ucciso Vincenzo Spagnolo davanti allo stadio Ferraris, prima della partita Genoa-Milan. «Sono addolorato e sconcertato dice con voce pacata Cosimo Spagnolo -. Il dolore non mi lascia spazio per pensare ad altro». Fa una pausa e riprende: «Mia figlia è andata a Roma la scorsa settimana a ricevere il premio di un torneo di calcio in onore di Vincenzo». E' ima giornata terribile per gli Spagnolo, con il telefono che squilla in continuazione. Amici di «Spagna» che esprimono cordoglio, proprio come fosse una seconda morte. La casa è a San Teodoro, quartiere di operai e impiegati pubblici, poco verde e tanto cemento, un Campetto da pallone su un lato della via principale e le scritte con la vernice rossoblu sui muri che fanno capire l'attaccamento al calcio di chi è nato qui. Cosimo Spagnolo e la sua famiglia hanno tenuto un comportamento esemplare. Quindici mesi di silenzio, tanti riconoscimenti, la «solidarietà» dei vertici della società di calcio. Il segretario della società Genoa 1869 Davide Scapini ha un nodo in gola. Non vuole commentare. Poi capisce che è più forte il «dovere» del dolore. «E' una vicenda che mi tocca profondamente. Penso a quello che è successo, ma anche a quello che può succedere. L'omicida era maggiorenne. Non so se la legge prevedeva la possibilità di non scarcerarlo così in fretta, ma se esisteva andava seguita. Se doveva essere un esempio per coloro che approfittano dello stadio per i loro atti eliminali, si è persa un'occasione». Lo stesso pensiero di papà Spagnolo: «Sino ad oggi non ho voluto pensare a lui, all'omicida, ma soltanto a mio figlia. Chiedevo almeno un po' di giustizia. La mia consolazione era pensare che la sua morte sarebbe servita a far riflettere. Chi applica la legge dovrebbe anche riflettere». Paola Cavaliere

Luoghi citati: Genova, Roma, San Teodoro, Spagna