Arafat sogna «Gerusalemme come Roma» di Aldo Baquis

Passaggio di consegne tra l'ex premier e Netanyahu, si ipotizza una grande coalizione Likud-laboristi Passaggio di consegne tra l'ex premier e Netanyahu, si ipotizza una grande coalizione Likud-laboristi Pere» ecco le chiavi d'Israele Arafat sogna «Gerusalemme come Roma» TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO Il premier eletto Benjamin Netanyahu ha di fatto preso in consegna ieri lo Stato d'Israele quando nel corso di un colloquio privato di due ore è stato messo a parte dal premier uscente Shimon Peres dei segreti più intimi dello Stato ebraico e degli impegni internazionali che lo vincolano. Al termine del colloquio il laborista Peres gli ha augurato successo: «Abbiamo un Paese solo ha spiegato ai giornalisti - e un governo solo. Il successo di Netanyahu è il successo di tutti noi». «Ad ogni modo - ha proseguito il premier sconfìtto - continuerò a battermi per le mie idee». Nel corso del colloquio Peres e Netanyahu hanno constatato che sulle grandi questioni della sicurezza nazionale e della lotta al terrorismo fra i due principali partiti non esistono divergenze di opinioni troppo profonde. A sinistra (i ministri Yossi Beilin ed Ehud Barak) e a destra (Yitzhak Shamir) si ipotizza già un governo di unità nazionale, anche se le probabilità sono per ora scarse. Ieri il capo dello Stato Ezer Weizman ne ha parlato con Peres che prima di esprimersi preferisce attendere una eventuale proposta del Likud. Molti nel suo partito pensano che sarebbe un errore grave. «Gli elettori hanno scelto Netanyahu», ha osservato il ministro del Turismo Uzi Baram, numero due del partito laborista. «Il nostro compito è adesso quello di andare all'opposizione e di cercare di abbattere il Likud con mozioni di sfiducia». Netanyahu cerca intanto di mantenere un atteggiamento cauto e di non farsi prendere la mano né dai «falchi» del suo partito né dai coloni, che sono stati fra i primi a giubilare per la sua vittoria. Quando dunque gli è stato chiesto se ordinerà il ridispiegamento dell'esercito israeliano fuori da Hebron, in Cisgiordania - così come concordato da Peres con Yasser Arafat - s'è limitato a rispondere che la situazione è molto complessa e che va da lui studiata nei dettagli. Anche sulla chiusura della Orient House - la sede ufficiosa dell'Olp a Gerusalemme Est - i toni del Likud, che erano arroventati durante la campagna elettorale, sono divenuti ora più circospetti. Il sindaco di Gerusalemme Ehud Olmert - uno dei personaggi politici più vicini a Netanyahu - ha sottolineato che quello che conta davvero è che cessino le attività dei palestinesi che minano alla base la sovranità israeliana sull'intera città. «Si può far cessare questa attività senza necessariamente far saltare in aria l'edificio, senza spaccarne le finestre o bruciarne le porte», ha aggiunto. Da Londra Arafat ha lanciato un nuovo appello a Netanyahu affinché assuma un atteggiamento pragmatico. «Gerusalemme - ha detto il leader palestinese - deve essere la capitale israeliana e palestinese. Così come Roma è capitale di due Stati, quello italiano e quello vaticano, lo stesso deve avvenire a Gerusalemme. Se c'è riuscita Roma ci riuscirà anche la nostra perla sacra». Oggi Arafat sarà ad Aqaba, sul Mar Rosso, per un vertice con re Hussein e con il presidente egiziano Hosni Mubarak. Alcuni giorni dopo Mubarak sarà impegnato in un nuovo vertice in Arabia Saudita con re Fahd e con il presidente siriano Hafez Assad. In una prima intervista al quotidiano Yediot Ahronot un consigliere di Netanyahu, Dorè Gold, ha ribadito che il Likud si oppone ad uno Stato palestinese indipendente nei Territori e a qualsiasi compromesso su Gerusalemme. Ma per la prima volta ha implicitamente convenuto che per il Likud è ormai tramontato il sogno del Grande Israele, dal Mar Mediterraneo al fiume Giordano: citando il principe giordano Hassan, Gold ha riconosciuto che la Cisgiordania è una «terra media» in cui non solo Israele ma anche i palestinesi e la Giordania hanno interessi legittimi. «Noi siamo realisti: se i palestinesi avranno un atteggiamento analogo - ha assicurato - potremo fare affari». Il Likud è intanto impegnato in consultazioni preliminari con i tre partiti confessionali con cui si accinge a formare una coalizione di governo. La rivista ultraortodossa Hashavua ha dato ieri un esempio del grado di sofisticazione raggiunto nella politica israeliana dai rabbini ultraortodossi. Il giorno del voto - riferisce la rivista - i rabbini (che odiano i mass media laici) hanno istruito i loro seguaci di votare per Netanyahu nelle urne reali e di votare per Peres nelle urne degli exit poli delle reti televisive che hanno dato i laboristi in vantaggio, sbagliando così i conti dell'I per cento. La notte delle elezioni Netanyahu, che era stato avvertito per tempo della manipolazione, ha potuto così ostentare grande ottimismo nonostante le reti tv lo dessero in svantaggio. Aldo Baquis In 2 ore di colloquio svelati i segreti dello Stato ebraico «Auguri Bibi, siamo un Paese solo» Minacce di chiusura sulla Orient House La stretta di mano tra Peres e Netanyahu, e un rabbino armato di fucile che scorta donne ebree a Hebron