«Leghisti, non passate il limite»

«Leghisti, non passate il limite» «Leghisti, non passate il limite» Violante: camicie verdi, spirale pericolosa IL PRESIDENTE DELLA CAMERA . <,*~r~r- ..r..~ 1. ~ - - . j PRESIDENTE Violante, di fronte all'escalation della Lega, conferma quanto disse nel discorso d'inaugurazione della sua presidenza? Pensa che si arriverà davvero all'uso della forza? «Se ci saranno, e quando ci saranno, atti concreti che costituiscono reati, ci sarà anche una risposta fermissima secondo quanto previsto dalla legge». E secondo lei, l'annuncio di una riunione del consiglio dei ministri del Nord, della pubblicazione di un'altra gazzetta ufficiale, con Irrogazione di una legge dello Stato, sono reati, o no? «Ci sono altre autorità preposte a questo genere di valutazioni. Quanto a me, mi auguro che quegli atti non si verifichino, e prosegua il confronto con la Lega che la recente celebrazione dei cinquant'anni della Repubblica ha cercato di incoraggiare». Ma un giudizio politico, su quel che stanno combinando Bossi e la Lega, se lo sarà fatto. «Non ho alcun dubbio sul fatto che la Lega abbia intenti democratici. Ma di fronte alle adunate, alla camicie verdi, ai giuramenti in pubblico, dire che è solo propaganda, non credo possa bastare». Di che si tratta, invece? «A mio giudizio è una miscela di tipo nibelungico-germanico. Ma vogliamo riflettere sul fatto che in Europa, vicende come queste, qualche volta, e a prescindere anche dalla volontà dei promotori, hanno finito con l'innescare processi e conseguenze non più controllabili, e infine tragici». Per esempio? «Penso, tra l'altro, alle camicie brune del nazismo». Non è eccessivo? «Faccio un esempio storico, non un paragone. E poi, c'è evidentemente qualcosa che va la di là della pura propaganda». E cioè? «Ai promotori di queste adunate non può sfuggire che c'è una deriva inquietante. Quel servizio d'ordine del comitato di liberazione della Padania è organizzato come un corpo militare. Se davvero funziona come ha spiegato Maroni, non mi pare che le camicie verdi siano destinate a restare un fatto di sartoria». C'è un'obiezione a questo modo di ragionare sulla Le- ga. Lei lo sa: c'è chi dice che un'accelerata a Bossi l'hanno data anche discorsi come quello che lei ha pronunciato alla Camera. «La Lega ha minacciato la secessione ben prima del mio intervento alla Camera. La reazione, non solo mia, ma delle più alte autorità dello Stato, è servita. Lo dimostra il fatto che prima dell'accelerata di questi giorni, i dirigenti della Lega hanno lasciato trapelare un ripensamento». E adesso, lei è ancora convinto che per incoraggiarlo sulla strada del ripensamento servano posizioni dure come la sua, e il ritorno a una sorta di unità nazionale contro la Lega? «Io ho richiamato le leggi dello Stato nei confronti di delitti gravi contro la Repubblica. L'unità nazionale non c'entra. Il governo deve dare risposte non solo alla Lega ma soprattutto alle domande di più adeguato funzionamento dello Stato che pongono tanto il Nord quanto il Sud. Se al Nord c'è esasperazione al Sud c'è disperazione. E in una regione come la Sicilia la disperazione può essere strumentalizzata da Cosa Nostra con gli effetti che tutti possono prevedere. Ma naturalmente, questa non è la sola risposta politica che va data». E quali sono le altre? «Innanzitutto, il federalismo. Quello vero, che parte dai Comuni e arriva fino alle Regioni e non la moltiplicazione dei regionalismi accentratori di vecchio tipo. Ventidue regioni, ventidue capitali come Roma, con centinaia di assessorati-ministeri concepiti come granducati, non ci servono». E allora? «Faccio due esempi concreti. L'altro giorno, ho parlato con Martinazzoli, sindaco di uno dei Comuni più ricchi d'Italia. Mi servirebbe, spiega, un nuovo snodo stradale, per togliere la città da un imbuto. I soldi per realizzarlo ci sarebbero, ma intervenire tocca al governo: E se aspetto il governo... Poi parlo con l'assessore Rando da Niscemi, profonda Sicilia, uno dei Comuni più poveri d'Italia. Dovrei fare delle assunzioni, mi dice. I soldi li avremmo, ma il governo, come sai ce lo impedisce. Ecco, a me piacerebbe che quei Comuni, tutti i Comuni potessero decidere da soli come amministrare le loro risorse». Crede davvero che possa bastare a frenare la protesta del Nord? «Credo che sia un modo serio di rispondere a certe esigenze, di affrontare insieme le principali questioni poste da Nord e da Sud. E dimostrare ai cittadini che se c'è intransigenza nella difesa dell'unità dello Stato, non c'è invece alcuna incompatibilità tra la difesa dell'unità e il superamento del vecchio impianto centralistico della pubblica amministrazione». Ma una riforma così importante, il Parlamento riuscirà ad approvarla? Non a caso Scalfaro ha espresso il timore che le Camere, sommerse come sono dai decreti del governo, non riescano praticamente ad occuparsi d'altro. «C'è sicuramente una slavina di decreti che rischia di seppellire ogni possibilità di lavoro legislativo razionale. E per questo, oltre a mettere in calendario la riforma dell'articolo 77 della Costituzione (decretazione d'urgenza), d'intesa con il Senato e con la presidenza del Consiglio, abbiamo classificato i decreti individuandone un numero rilevante che può essere ritirato o trasformato in disegni di legge. Dalla prossima settimana, poi, il tempo a disposizione per il lavoro d'aula e di commissioni sarà ripartito tra decreti e progetti di legge. In questo modo riusciremo a dare uno spazio all'autonomo lavoro del Parlamento e del nuovo governo. Contiamo così di tornare alla normalità». Ma le riforme, presidente Violante, con quale maggioranza dovrebbero essere approvate? «Sulle riforme, come prevede la Costituzione, è opportuno che ci sia una larga maggioranza. Le maggioranze si formano in Parlamento, ed è possibile che non siano sempre le stesse». Per concludere, on. Violante: questa sarà davvero la legislatura dell'indulto ai terroristi e della soluzione politica per Tangentopoli? «Una legislatura destinata a chiudersi dopo il Duemila deve porsi il problema di fare i conti con il Novecento». E cioè? «Fare i conti vuol dire avere il coraggio di affrontare anche la parte oscura, finale, di questo secolo: il terrorismo, le stragi, i misteri ancora irrisolti. E tutto ciò come ho detto altre volte, non può avvenire se non si riesce a distinguere la visione politica da quella giudiziaria. Ai politici, dunque, il compito di storicizzare quel che è accaduto, cercando per quanto è possibile la verità. E ai magistrati quello di accertare le responsabilità individuali. Dopo di che è nell'ordine delle cose che l'indulto, la grazia o le pene sostitutive possano intervenire, per alleviare la situazione di chi è in carcere ormai da quindici anni, o alcuni casi di eccessivo rigore determinati dall'emergenza degli anni di piombo». Ma uno schema del genere, in futuro, potrà essere applicato anche alla corruzione? «E' più difficile, più delicato, e forse è perfino prematuro. Si può lavorare su un sistema di controlli preventivi che snellisca le procedure degli appalti e aiuti le imprese a rimettersi in moto. Quanto alla soluzione politica, siamo sinceri: il paragone tra terrorismo e corruzione è azzardato. Uno è un fenomeno concluso, l'altra, ancora, non è detto. Certi confronti sono difficili: ma a un anno o due dall'assassinio di Moro, a chi sarebbe venuto in mente di proporre misure di clemenza per i terroristi?». E tutto il gran parlare di 3uesti giorni sull'uscita all'emergenza? «Parlarne è utile, ma non credo che nessuno stia pensando a un perdono generalizzato per Tangentopoli. In fondo, cinquant'anni fa, il governo dell'Italia libera firmò un'amnistia che copriva perfino gb' omicidi. Ma per i profitti di regime, lo Stato, fin da allora, scelse una linea di grande severità». Marcello Sorgi citorio, cè lattacco a Vincenzo Visco, miniro delle Finanze, che risponde: «Non è vero he le voglio sostituire, le voglio proprio abolie». Ovvio che le prime intenzioni del portavoce el Ciellepì abbiano allarmato Montecitorio e alazzo Chigi. Gerardo Bianco, ppi, ha liquidato Maroni con un laconico «ha perso la bussola». Walter Veltroni, già dalla domenica di Pontida, pete che «l'atteggiamento della Lega è molto reoccupante, è un'accelerazione molto inquieante». Fausto Bertinotti, Rifondazione, pizzica Ulivo per gli ammiccamenti alla Lega. E Maoni, da Roma, ritorna portavoce del Ciellepì e, ome si dice, se ne impippa: «Parlano, parlano e on succede niente. Come Scalfaro: è da quato anni che parla di riforme e non se n'è vista na». Roberto Maroni Qui sotto: Gandhi, leader non violento dell'indipendenza indiana e i e o » ministri del governo sole. Lcutivo leghista è infatti costra far su e giù per la Padania, dche le riunioni del Consiglio vgono convocate ogni volta in città diversa sede di un miniro. Il 10 toccherà a Venezia, ctanto romantica quanto cTutto è pronto per l'accogliedei ministri che saranno attesmilitanti leghisti sia alla stazche a Piazzale Roma, dove chriva in macchina deve lascinei salatissimi parcheggi. Ma Pagliarini ha già prol'uovo di colombo e ai suoi mstri ha consigliato: «Venitemacchina fino a Mestre poi pdete il treno fino a Venezia SLucia, così risparmiate il cheggio». Come dire che almsu un punto il presidente del Csiglio Prodi e il suo «concorrePagliarini sono d'accordo: il no è il mezzo miglioreviaggiare. liìJg? Qui sopra: Mino Martinazzoli e Palmiro Togliatti A destra: una manifestazione nella Repubblica sociale nel 1944 con Junio Valerio Borghese e il maresciallo Rodolfo Graziarli