Lora Totino, la poesia in forma di ginnastica di Giorgio Calcagno

Lora Totino, la poesia in forma di ginnastica Notissimo e «segreto»: l'artista dell'avanguardia racconta la sua storia a Torino Lora Totino, la poesia in forma di ginnastica Parole, suoni, «liquidi» trasformati in gag da palcoscenico TORINO CRIVE poesie con una sola parola. In compenso ne trae spettacoli che possono tenere un'intera serata. E le recita in tutto il mondo. Arrigo Lora Totino, torinese, 67 anni, è reduce da Città del Messico, dove ha dato le sue performances per dodici giorni in una fabbrica, gremita ogni sera. E' stato in Australia e in Brasile, in Russia e negli Stati Uniti, tante volte. E ora si presenta nella sua città, al Circolo degli Artisti, con la mostra sul «Teatro della parola» (aperta fino al 30 giugno), a cura di Mirella B andini - che ha scritto un bel saggio sul catalogo - sotto l'egida della Regione. Lora Totino è un cognome importante, in Piemonte, evoca imprese industriali (i suoi erano grandi lanieri del Biellese) e tecnologiche (lo zio ha costruito le funivie del Bianco, del Plateau Rosa, dell'Etna). Ma lui è noto soprattutto nell'universo elitario, cosmopolita, delle avanguardie artistiche. I suoi compagni di cor- data sono francesi e tedeschi, inglesi e americani. Aveva cominciato negli Anni 50, dividendo la casa del padre sulla collina torinese con un altro giovane.alla ricerca di nuove esperienze nel campo della pittura: Mario Merz. «Abbiamo lavorato insieme due o tre anni, poi ognuno ha preso la sua strada», ricorda oggi. Sono andati lontano, tutti e due, ma in direzioni diverse. Merz è entrato nell'alto giro delle gallerie internazionali, con le sue grandi «installazioni». Lora Totino si è affidato al mezzo più ristretto della parola, cercando di cavarne tutte le nascoste possibilità. Ha promosso gruppi di letteratura sperimentale, con Aldo Passoni, fondando la rivista Antipiugiù, apparsa con un anno di anticipo sul Gruppo '63. Poi è passato alla poesia concreta, dove è rapidamente diventato il capofila in Italia, creando le «verbotetture», un incrocio fra la parola e la visualità. «Ho fatto tanti quadrati di parole», dice. E anche in mostra ce ne sono tanti. C'è un suo famoso pezzo, in tedesco, con un Gelb Gelb Gelb Gelb (giallo) ripetuto ossessivamente da sinistra a destra e dall'alto in basso; e un Blau Blau Blau Blau (blu) in direzione opposta. Solo al centro, nel quadratino di incontro, le due serie si interrompono, per dare luogo a una terza parola, Griin (verde). Ma la sua fama internazionale viene dalla poesia sonora, che egli crea scomponendo le sue combinazioni di parole con la voce, il gesto, trasformandole in piccole gag. Ne improvvisa qual¬ cuna, per darcene un saggio, nel proprio soggiorno. Prende la parola rivoluzione, la scompone in cinque pezzi, ne recita ciascuna con un tono diverso, una diversa posizione del corpo, ne trae una serie di cinque significati, un'intera parabola. E poi ci recita «il politico», una poesia che corre sul filo di due parole, Slogan-Slalontf Slogan-Slalom, la prima detta allargando la bocca, la seconda muovendo in progressive serpentine le braccia, sempre più giù, finché il poeta si abbatte a terra, esalando la terza parola, Slogatura. Il tempo delle avanguardie ruggenti è passato, molti fra gli antichi compagni, sparsi per l'Europa, sono scomparsi o fanno altro, sempre più raramente si ritrovano. Ma lui continua, in una ricerca che non si è mai interrotta. «Fermati, sei bello!», dice in una sua gag, ispirata al Faust, col passo di Marceau. «Puoi andare», conclude, con un gesto dei fratelli Marx. Si può vivere di sperimentalismo? «Economicamente no», riconosce; anche se le sue poesie visuali hanno una quotazione («Ma siamo così lontani da Merz!»), le sue performances vengono compensate («Qualche volta»). «Io sono vissuto perché ho lavorato con mio zio, alle funivie», chiarisce subito. La domanda non aveva solo un senso economico. Si può vi¬ vere, come artista, sperimentando sempre? «Sì che si può», risponde con sicurezza. «Quando io ho fatto una cosa, poi devo subito inventarne un'altra, se no mi annoio. L'artista è come lo scienziato che crea una macchina: lo fa per passione». E questa passione è sempre corrisposta? Non corrono più tempi facili, oggi, per le avanguardie. «E' vero, la poesia visuale ha conosciuto anni più vivaci, oggi è un momento di stanca. Ma io faccio performances; e alle performances la gente si interessa. Eseguo poesie mie, faccio omaggi ai futuristi, arrivo fino a due ore di spettacolo». Lo vedremo alla mostra. Per il 13 giugno Lora Totino annuncia un programma di poesia ginnica e sonora. Ma andrà un poco più in là: «Farò anche poesia liquida, bagnando il pubblico». Nem meno i suoi futuristi, nelle loro provocazioni, erano arrivati a tanto. Giorgio Calcagno Lora Totino con «tritaparole» nel 75

Luoghi citati: Australia, Brasile, Città Del Messico, Europa, Italia, Piemonte, Russia, Stati Uniti, Torino