«Questi i segreti dei pirati» di Gabriele Beccaria
«Questi i segreti dei pirati» «Questi i segreti dei pirati» Una rete mondiale di bande organizzate il cacciatore elettronico AL cinema sono giovanissimi, bellissimi e vitaminizzati e in fondo innocenti, ma il cacciatore di hackers se la ride dei romanticismi di cellulloide. «Sono delinquenti pericolosi. La maggioranza ha tra i 25 e i 40 anni. E non sono necessariamente laureati in informatica, perché contano la passione e l'.;sperienza», dice Fulvio Berghella, vicedirettore dell'Istinform, la società che gestisce uno dei maggiori network di sicurezza italiani. «Rappresentano un contropotere organizzato: comunicano nel cyberspazio, organizzando le loro incursioni virtuali, ma fisicamente non si incontrano mai. Anzi, assumono personalità cangianti». Chi sono, questi fantasmi che terrorizzano banche e industrie, università e laboratori e persino la Cia e il Pentagono? «Sono "pirati", che si riconoscono in due grandi partiti mondiali: gli Amburghesi e gli Americani. I primi vogliono demolire la fiducia nei computer per impedire che diventino lo strumento di potere delle nuove élites. I secondi attentano alle reti in nome della libertà e gratuità di circolazione dell'informazione e della cultura. Ma si of¬ fendono a morte se qualcuno - come noi "cacciatori" - li definisce hackers». E perché mai? Come si fanno chiamare? «Perché gli hackers veri e propri si insinuano nei sistemi e ne escono senza toccare nulla. Fanno esperienze. I duri sono altri. Sono i crackers che violano i computer e li devastano, i phone i'reakers che clonano carte di credito e cellulari, gli scrittori di virus che inoculano malattie mortali. Rubano denaro e informazioni, spiano e ricattano. Le bande sono almeno 280, tra Europa e Usa, ma non sappiamo quasi nulla dei gruppi nell'Est e in Estremo Oriente. Di certo, tra i "virologi" più attivi ci sono russi e australiani, quelli che hanno cominciato ad aggredire Windows 95». Quanti sono? «In Italia tra i 4 e i 5 mila. Negli Usa decine di migliaia. A volte, legati alla criminalità organizzata e ai servizi segreti». Non è paranoia dipingere questi fanatici come una rete mondiale di cospiratori? «Altro che paranoia. Mai sentito parlare dell'operazione "Sun Devil"? Si svolse nel '90 e fu la prima grande retata della storia Usa contro cen¬ tinaia di hackers (noi continuiamo a chiamarli cosi). Erano accusati di aver fatto collassare la rete telefonica dell'ATS-T, anche se non era così: si scoprì poi che il colpevole era una falla nel software. Ma da quel momento gli hackers si sentirono perseguitati e hanno cominciato a organizzai si contro i governi, che secondo loro reprimono la cultura elettronica alternativa». Nel '95 il Pentagono ha denunciato 160 mila incursioni. I sistemi sono così fragili? «Dipende dall'abilità con cui gli hackers individuano le debolezze organizzative dell'azienda da colpire. L'obiettivo - si sa - sono le parole d'accesso. Alcuni le cercano con le tecniche dell'ingegneria sociale e quindi fanno una serie di telefonate mirate, simulando di essere dirigenti della società nel mirino, altri lanciano programmi di calcolo che elaborano migliaia di combinazioni l'ora, altri ancora studiano vita e abitudini delle "vittime" per indovinarne le passwords. Poi, una volta entrato, l'hacker diventa il padrone occulto di tutto». Gabriele Beccaria
Persone citate: Fulvio Berghella, Sun Devil
Luoghi citati: Estremo Oriente, Europa, Italia, Usa
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