Il segretario degli archivi militari tedeschi in aula: nessuna conseguenza se avesse rifiutato quell'ordine di Francesco Grignetti
Il segretario degli archivi militari tedeschi in aula: nessuna conseguenza se avesse rifiutato quell'ordine Il segretario degli archivi militari tedeschi in aula: nessuna conseguenza se avesse rifiutato quell'ordine «Priebke poteva disobbedire» «E' un criminale che ha detto sì a dei criminali» ROMA. «Priebke poteva rifiutarsi di eseguire un ordine così criminale. Ci sono tanti casi di militari e di poliziotti che si tirarono indietro e non gli successe nulla. Alla peggio, saltava una promozione». Così parlò l'ufficiale di marina Gerhard Schreiber, segretario degli archivi militari tedeschi di Friburgo. «Priebke è un criminale che ha obbedito a ordini criminali». L'imputato Priebke incassa con disappunto e decide di non parlare nell'aula del tribunale. La «sua» verità è consegnata a un memoriale, che l'avvocato porge alla corte, e a un'intervista televisiva che concede a Mixer. Poi basta. Non risponderà in pubblico alle domande di giudice, pm e avvocati. Ma le parti civili sono furenti e chiedono di far sospendere la trasmissione di Raidue. E' la giornata degli storici, al processo. Schreiber, citato dalle parti civili, ci va giù pesante con l'anziano ufficiale nazista: «Se avesse rifiutato di eseguire gli ordini, non avrebbe avuto alcuna conseguenza. A Trieste, il maggiore Karl Erny e un altro ufficiale si rifiutarono di giustiziare degli ebrei. "Siamo funzionari di polizia, non carnefici ', dissero. E non ci fu alcun provvedimento disciplinare. Lo stesso in Corsica». Gli chiedono se sa qualcosa di Priebke. E lui: «Ho trovato in archivio un documento del 1943, firmato da Kappler, che propone per Priebke la croce di ferro di seconda classe perché ha dei meriti circa la liberazione di Mussolini, per la raccolta di informazioni». La parola passa poi a Giorgio Angelozzi Gariboldi, avvocato della famiglia Pacelli, gentiluomo di Sua Santità, storico. E' l'autore di un importante libro sul periodo di Roma occupata, «Pio XII, Hitler e Mussolini». E' stato chiamato dalla difesa, ci va leggero: «Priebke non poteva rifiutarsi. L'unica alternativa che aveva era il suicidio». Il processo, insomma, si avvia alla conclusione tenendo in sospeso il punto più importante: Priebke partecipò alle Fosse Ardeatine sottostando a un ordine oppure ci mise del suo? Una risposta indiretta viene dagli Usa. L'ennesimo documento dei servizi segreti, in data 21 giugno 1945, appena declassificato, sostiene che Priebke era un torturatore di patrioti. «Gli accusati - tra cui è Priebke - appartenevano alla Gestapo. Torturarono e uccisero detenuti politici e partigiani al numero 155 di via Tasso. La fonte di queste informazioni è stata catturata dai tedeschi e assassinata». Un'altra risposta, la più chiara, potrebbe venire soltanto dal redivivo maggiore Karl Hass. Un SS anche lui, scovato in questi giorni dai giornali e contattato dalla Procura militare. Verrà in Italia venerdì a deporre e comunque ha già dato un paio di interviste. Dice cose interessati del vecchio «amico» Priebke: «Era il braccio destro di Kappler, o il sinistro, o tutti e due. Fu lui a far cadere in trappola la principessa Mafalda di Savoia, la figlia del re». La principessa, come si sa, arrestata su ordine di Hitler, fu deportata in Germania e morì a Buchenwald. Mancheranno solo le parole di Priebke. Ieri ha preso posto al microfono per dire due parole - in italiano un po' stentato, misto a spagnolo - sulle sue pendenze penali. «Nessuna». Sulle sue proprietà in Argentina. «Nessuna». Sull'associazione culturale germanicoargentina. «Sono stato il presidente per dieci anni». Quindi si alza, molto sussieguoso, si aggiusta la giacca. «Molte grazie». E torna al posto. Parlerà attraverso i teleschermi, invece. «E' un'invenzione dei giornali che io ero in collegamento con ex nazisti. La nostra scuola era aperta a tutti, purché pagassero. La politica è fuori. Non ho mai incontrato Kappler, ma ci siamo scritti ogni anno. Ho incontrato una volta la vedova Kappler e il maggiore Domizlaff, che era del comando SS a Roma. Ho cenato a Roma una volta con il maggiore Hass. Il processo per me è stata una sorpresa molto brutta. Io ho viaggiato per il mondo con il mio passaporto senza problemi. Ho fatto quello che ho fatto perché c'era da combattere i comunisti. E' tutta colpa loro: se non avessero fatto via Ras ella, non ci sarebbero state le Fosse Ardeatine». Ma lui si ricorda qualcosa delle Fosse Ardeatine? «Fu una cosa terribile che ho cercato di dimenticare prima possibile». Francesco Grignetti
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