Sfilata di autorità. Interviene anche Scalfaro: un maestro di vita. Cofferati: ciao Luciano, uomo buono e giusto di Paolo Patruno

Sfilata di autorità. Interviene anche Scalfaro: un maestro di vita. Cofferati: ciao Luciano, uomo buono e giusto Sfilata di autorità. Interviene anche Scalfaro: un maestro di vita. Cofferati: ciao Luciano, uomo buono e giusto A lama l'applauso di settantamila L'omaggio del «popolo della sinistra» in piazza San Giovanni ROMA. Certo non riempiva tutta l'immensa piazza San Giovanni, ma il popolo dell'Ulivo è accorso con generosità al funerale laico di Luciano Lama, che se ne è andato simbolicamente proprio da quella piazza che aveva ripetutamente cadenzato la sua lunga carriera di capo del sindacalismo italiano. Erano 50 mila, 70 mila i lavoratori, i pensionati arrivati in treno, con i pullman da tutt'Italia, con le bandiere rosse della Cgil e della Uil, con gli stendardi della Cisl e dell'Ulivo, con i gonfaloni delle città, con il medagliere dell'Anpi che ricordava il giovane partigiano. Ma di fronte a loro sono sfilate davanti alla bara sormontata da una grande corona di rose rosse della famiglia tutte le autorità del Palazzo a cominciare, a sorpresa, dal Capo dello Stato, salutate al loro apparire da un modulato applausometro. Così, la ventata del 21 aprile ha accomunato il popolo dei lavoratori e dei pensionati, il popolo della sinistra, dell'Ulivo, con il loro folclore e la loro spontaneità, alla tribuna delle autorità, espressione puntuale di quegli stessi ceti, interessi, idealità. Una bella gigantografia alle spalle del palco lo ricordava, con l'inseparabile pipa, accompagnata da una frase che Lama aveva pronunciato in questa stessa piazza nel suo ultimo comizio nell'84. Sotto la scritta «Ciao Luciano» queste parole che illuminano l'impegno coerente di una vita: «Abbiamo sempre cercato di parlare ai lavoratori come a degli uomini, di parlare al loro cervello, al loro cuore, alla loro coscienza... In questo modo il sindacato è diventato scuola di giustizia, ma anche di democrazia, di libertà, ha contribuito ad elevare le virtù civili dei lavoratori e del popolo». Tocca a Sergio Cofferati attendere ai piedi del palco orlato di rosso le personalità venute ad onorare Lama, mentre in prima fila già siedono la moglie Lora con le figlie Rossella e Claudia, il fratello Lamberto, gli altri familiari. Fra i primi arriva Emilio Colombo, poi alla spicciolata giungono tutti gli altri: da Ottaviano Del Turco, «vice» di Lama in Cgil che si difende dietro un paio di occhialoni scuri, al successore Pizzinato, dai suoi compagni di mille battaglie sindacali, Carniti e Benvenuto, ai leader di oggi D'Antoni e Larizza. E poi tutto il go- tha del governo e del pds, da Prodi, molto applaudito, a Veltroni che stringe affettuosamente la vedova, ai ministri Maccanico, Treu, Burlando, Napolitano, accolto da una salva di applausi, che culminano però quando arriva D'Alema. E infine giunge anche Scalfaro, accompa¬ gnato dalle note dell'Ouverture in fa minore di Beethoven. Il primo a parlare è Rossi, il neosindaco di Amelia, la cittadina umbra della quale Lama era diventato sindaco negli anni più recenti, e che ricorda commosso il lato nascosto dell'amministratore locale appas¬ sionato sino alla fine dei piccoli problemi del paese. E' toccato poi a Mancino commemorare il Lama vicepresidente del Senato, con un intervento punteggiato dagli applausi, quando lo ha ricordato giovane partigiano, poi leader della Cgil, quando ha rammentato la contestazione studentesca del '77 e la sua lotta contro il terrorismo, celebrando insomma «il grande riformatore che ha fatto la storia della Repubblica». Infine, Cofferati ha parlato del Lama capo del sindacato, focalizzando i motivi d'attualità delle «scelte fatte allora che ancora valgono» come l'autonomia del sindacato, la spinta unitaria, «le pratiche solidali in grado di offrire lavoro a partire dal Mezzogiorno alle generazioni più giovani». E scattano gli applausi, che si ripeteranno poi in un crescendo commosso, quando ricorda «il disagio giovanile» che Lama, a partire dalla contestazione studentesca del '77, cercò comunque di capire. Fino ai ricordi più re- centi, quando ormai segnato dal male continuò in silenzio la sua attività da senatore e da sindaco, fino al suo ultimo ritorno nella «casa» della Cgil, dopo molte insistenze, per un ricordo della lotta di Liberazione. Con ben nitida «la sua idea di unità del Paese, dell'importanza della Repubblica che aveva contribuito a creare», un messaggio che raccoglie altri applausi, fino all'omaggio finale «all'uomo buono e giusto, una persona saggia nella quale identificarsi. Ciao Luciano, ti sia lieve la terra». E fuori programma va al microfono anche Scalfaro, che saluta «l'amico di più di trent'anni»: «Pur in schieramenti politici diversi, abbiamo spesso lavorato insieme per lo stesso scopo, il bene della gente». Lo ringrazia per «la lezione», abbraccia affettuosamente la famiglia Lama, il successore Cofferati. E dopo gli ultùni applausi, la piazza si vuota lentamente, nel tramonto. Paolo Patruno Alle spalle del palco una gigantografìa accompagnata da una frase che aveva pronunciato nell'ultimo comizio Pensionati e lavoratori arrivati in pullman da tutto il Paese con le bandiere rosse e i gonfaloni delle città Sergio Cofferati e Nicola Mancino Un momento delia cerimonia in piazza San Giovanni

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