Dini: è meglio che il giornale rimanga quello che è di Antonella Rampino

Dini: è meglio che il giornale rimanga quello che è Dini: è meglio che il giornale rimanga quello che è Messaggero, stessa linea / redattori: subito un direttore ROMA. Nomina immediata del direttore, e che sia «una figura di alto profilo morale e professionale, garante e interprete di una linea politica ispirata alla massima indipendenza». I giornalisti del Messaggero, al terzo giorno di assemblea permanente, hanno tracciato l'identikit professionale di chi li dovrà guidare. L'hanno spedito, insieme alla richiesta di trasparenza sull'assetto societario e manageriale dell'azienda, a un piano editoriale preciso, al rafforzamento del primo quotidiano romano sul mercato, al loro nuovo uditore. Francesco Gaetano Caltagirone, per ora, non ha risposto. Ma si sa che ha preso l'impegno di nominare il direttore entro lunedì prossimo. E, al vicedirettore Paolo Ruffini, ha anche confermato che non intende toccare la linea politica del giornale, che è, per statuto, «laica, democratica, e antifascista». Nessun potenziale direttore, per ora, è stato ancora contattato. Ma certo in queste ultime ore, tra i funerali di Lama e il ricevimento al Quirinale, non si è parlato d'altro. Al Messaggero, e ai suoi giornalisti, è arrivata la solidarietà di tutto il Palazzo. Sono preoccupati D'Alema, Veltroni, Casini. Il tema che affiora tra le righe della questione Messaggero è quella dell'editoria tutta italiana. Tema affrontato ieri in un'apposita conferenza stampa della Federazione Nazionale della Stampa, che ha chiesto che «si apra un confronto serrato e stringente per la riforma di un'intera legislazione che regola il sistema dell'informazione». E la Fnsi ricorda che ancora non è stato nominato il nuovo garante per l'editoria. «Il caso-Messaggero è comunque il caso-Caltagirone», dice il segretario Paolo Serventi Longhi. «Connesso, c'è anche il problema del Mattino di Napoli, dove due vicedirettori sono stati nominati senza seguire le procedure sindacali». Un segno, questo, che viene interpretato come preoccupante «inesperienza» dell'editore che è oggi proprietario delle due più importanti testate della capitale. E, tra i nomi di possibili direttori, circolava ieri sera anzitutto quello di Paolo Graldi, che verrebbe spostato dalla direzione del Mattino a quella del Messaggero. Colloqui, telefonate che s'incrociavano, nomi di direttori che venivano semplicemente ipotizzati. Il caso-Messaggero non è stato affatto di secondo piano, ieri. Una vera e propria polemica è scoppiata con Eugenio Scalfari. Nel suo fondo domenicale aveva scritto che «quale che sia la diversa linea politica dei due quotidiani si può star certi che la cronaca di Roma avrà in entrambi il medesimo orientamento». Come dire, fuori di metafora, che i giornalisti del Messaggero avrebbero accettato di farsi portavoce degli interessi di Caltagirone nel grande affare del Giubileo. Atteggiamento che è stato bollato, in un corsivo del quotidiano romano, come «gratuita mancanza di rispetto». Mentre a Roma si intrecciavano le supposizioni su chi abbia consigliato Caltagirone all'acquisto, a caro prezzo, del Messaggero, e su chi potrebbe giovarsi del riallineamento politico della testata, da Berlino il ministro degli Esteri Lamberto Dini ha espresso la sua posizione. «Il Messaggero dovrebbe rimanere quello che è, perché ha una sua posizione, un suo ruolo nell'editoria italiana». «Non è necessariamente negativo il passaggio di una proprietà da un privato all'altro - ha continuato Dini -. Ma sarebbe bene che l'informazione possa essere pluralista e diversificata». Intanto, l'assemblea dei giornalisti è riconvocata per domani pomeriggio. E verrà probabilmente deciso di non fare uscire il quotidiano dopodomani. Ameno che, come fonti accreditate invece garantiscono, l'editore non abbia nominato un nuovo direttore. Che risponda all'identikit richiesto dalla redazione. Antonella Rampino Il ministro degli Esteri Lamberti Dini

Luoghi citati: Berlino, Caltagirone, Napoli, Roma