«Messaggero» in edicola ma sempre senza firme di R. Mas.

Dopo l'improvvisa vendita a Caltagirone Dopo l'improvvisa vendita a Caltagirone «Messaggero» in edicola ma sempre senza firme L'editore cerca il nuovo direttore Igiornalisti chiedono garanzie ROMA. «E Valentini? Che ne pensa?». La domanda - un po' troppo diretta - è stata fatta al vicedirettore del Messaggero Paolo Ruffini dal nuovo editore, l'ing. Francesco Caltagirone che, in un impeto di disinvoltura sabato sera si è presentato nella sede del giornale, in via del Tritone e - come se l'atmosfera fosse pacifica e rilassata - si è fermato a parlare per i corridoi. Così ieri, giornata in cui il quotidiano romano è uscito senza le firme dei giornalisti che protestavano proprio per questo passaggio di proprietà, il nome del vicedirettore di Repubblica Giovanni Valentini veniva dato in pole position (seguito da Gianni Locatelli) per la poltrona abbandonata da Anselmi. Più che una aperta ostilità verso Caltagirone, ieri al Messaggero serpeggiava una forte diffidenza, riassumibile in alcuni punti essenziali. Primo. Perché mai il padrone del Tempo decide di spendere una cifra enorme (360 miliardi) per comprare il fortissimo concorrente sulla piazza di Roma? Questo signore fa il costruttore e la città sta per diventare un grande cantiere. «Non c'è dubbio - ha spiegato D'Alema che la concentrazione nelle mani di una sola proprietà delle due principali testate romane appare un fatto anomalo e che suscita inquietanti interrogativi». E se veramente il ballo è questo, i giornalisti gradirebbero astenersi dalla danza: Caltagirone non conti su di loro. Secondo. Può un editore avere due giornali uno di destra e uno di sinistra? L'interessato sostiene di sì, perché anche la Rai - dice - ha testate con differenti linee. Ma la redazione non è tranquilla. Terzo. Nelle testate su cui ha messo le mani - il Tempo, il Mattino, l'agenzia dei Quotidiani Associati - l'ingegnere ha dimostrato di saper fare grandi tagli ai bilanci, al numero delle copie vendute e ... alle teste dei giornalisti. Quelli di Quotidiani Associati che sono stati licenziati, tra l'altro, non hanno neppure avuto le loro spettanze. Quarto. Il «Mito del '74»: in quell'anno la redazione fece un contratto integrativo che vincolava gli editori a rispettare una linea «laica, democratica e antifascista». Tradotto in termini più moderni: il Messaggero ha una tradizione moderata ma di sinistra, e a cantare nel coro Caltagirone, con il Tempo, il Mattino e TeleRegione non se la sente. Stonerebbe. E comunque non è disposto neppure a tentare. Ieri, all'assemblea, il cdr ha presentato un documento in cui si chiedeva all'editore di nominare presto mi direttore e uno staff manageriale e di fornire una serie di garanzie scritte - articolate in 12 punti - affinché il Messaggero continui ad essere quello che è. Il tono del documento è apparso all'assemblea un po' troppo perentorio, dunque meglio una successiva stesura. Il linguaggio sarà meno brusco, ma l'aut-aut per Caltagirone resterà nella sostanza immutato. Intanto anche oggi il giornale esce senza firme. [r. mas.]

Persone citate: Anselmi, D'alema, Francesco Caltagirone, Gianni Locatelli, Giovanni Valentini, Paolo Ruffini, Valentini

Luoghi citati: Caltagirone, Roma