Trecentomila in marcia per un'Italia «normale»

Si è concluso dopo un mese il pellegrinaggio organizzato da Ernesto Olivero Si è concluso dopo un mese il pellegrinaggio organizzato da Ernesto Olivero Trecentomila in marcia per un'Italia «normale» DAL SERMIG AL NOBEL PER LA PACE? AREZZO DAL NOSTRO INVIATO Ha risalito a piedi l'Italia: 700 chilometri da Agrigento fin qui al santuario della Verna, sui monti di Arezzo, nel luogo dove il Crocifisso apparve a San Francesco e gli impresse le stimmate sul corpo. Un pellegrinaggio lungo 30 giorni, un pellegrinaggio di speranza, per costruire la pace. Ernesto Olivero ha incontrato il Papa (due volte), i sindaci dei 200 paesi che ha attraversato, i vescovi, i parroci che quando lo vedevano facevano suonare le campane delle chiese per invitare la gente a unirsi a lui. E al suo fianco hanno camminato in tanti: giovani, parenti delle vittime di mafia, disoccupati, emarginati, ma anche gente che non aveva nulla da chiedere, se non il diritto di poter vivere in un Paese normale. Tra i tanti, anche due intellettuali che all'estero lottano per la pace nei loro Paesi: il russo Serghej Adamovic Kovaliov e il ceceno Mukadi Sciachidovic Israilov. In tutto, trecentomila persone. Adesso che la marcia è finita, il «piccolo uomo venuto da Torino», fondatore del Sermig, la multinazionale della carità, e candidato da madre Teresa di Calcutta al premio Nobel per la pace, sorride timido in un angolo della chiesa, e lascia che siano gli altri a raccontare i risultati e le suggestioni di questa impresa che si ripete per il sesto anno consecutivo. Come don Mimmo Zambito, gio¬ vane sacerdote della diocesi di Agrigento, che dice: ((Abbiamo avuto la sensazione fisica che attorno a noi si raccogliesse finalmente un'Italia nuova, portatrice di valori sani». Poi interviene anche lui, Olivero. E racconta un'Italia diversa che sta cambiando profondamente, si sta convertendo alla pace e all'a¬ more: «Lo voglio dire in modo chiaro: il Sud non è mafia. Chi continua a sostenerlo non capisce niente di quelle regioni: c'è più mafia al Nord. Mi sono trovato in piccoli paesi della Sicilia, come a Recalmuto, alla testa di cortei di migliaia di persone. Ho camminato con una vedova di mafia che mi ha detto di avere perdonato gli assassini del marito. Ho parlato con centinaia di giovani, tutti ansiosi di trovare un lavoro per non finire nelle mani della criminalità organizzata. Ecco, sarà questo il messaggio che porterò al presidente del Consiglio Romano Prodi quando il prossimo autunno verrà all'apertura dei lavori del concilio dei giovani: bisogna aiu'ire le nuove generazioni a cercare un lavoro, perché loro sono la risorsa più pre¬ ziosa che ha il Paese, e non possiamo permetterci in lusso di vederla disperdersi». Monsignor Angelo Comastri, presidente della commissione Cei per il Giubileo del Duemila, celebra l'eucaristia e parla di Ernesto Olivero come di un Francesco moderno: «Ha messo insieme tante persone per fare quello che avrebbe fatto San Francesco: trasformare le urla di rabbia e dolore in una meravigliosa sinfonia di pace». Un'altra bella benedizione per questo ex bancario che, come ha scritto madre Teresa di Calcutta, ha nella bontà la sua arma vincente: «Una bontà così disarmante da incutere rispetto anche ai più forti, anche ai più feroci». Olivero si schermisce, ringrazia ma dice che se arriva il Nobel bene, sennò pazienza, «i miei obiettivi sono altri, cose concrete». Mentre parla, si capisce che non è vero, a quel premio tiene eccome. E già s'immagina il pellegrinaggio del prossimo anno (tappa finale, Gubbio), questa volta seguito non più da migliaia, ma da milioni di persone. Gianni Armand-Pilon Lungo i 700 chilometri di percorso l'incontro con il Papa e con i sindaci di 200 paesi Il fondatore del Sermig Ernesto Olivero