Roma all'assalto del Quirinale

Roma all'assalto del Quirinale Roma all'assalto del Quirinale Ottomila in visita, Marianna first lady I GIARDINI DEL COLLE OROMA SCAR Luigi Scalfaro padrone di casa per ottomila italiani in visita ai giardini del Quirinale. Fino a quattro anni fa un privilegio per vip, adesso un appuntamento per tutti. E ieri l'occasione era resa unica dal cinquantesimo compleanno della Repubblica. Scalfaro, sempre accompagnato dalla figlia Marianna, ha passeggiato tra la gente stringendo mani e sorridendo. E' apparso un Presidente raggiante, quando ha ascoltato le bande militari, quando ha risposto ad applausi e un «viva il Presidente, viva la Repubblica». Un concerto offerto ai visitatori alla «Coffee house», la stessa palazzina che fino al '93 ha ospitato il ricevimento per diplomatici, politici e notabili dell'Italia «che conta». E il nuovo corso «democratico» inaugurato da Scalfaro piace a romani e turisti anche se quest'anno le presenze sono state in calo. Il boom si è avuto nel '93 quando sono entrati nei giardini 13 mila visitatori. «Il Quirinale è di tutti noi. Era ora che ce lo facessero almeno vedere», dice Ada, 88 anni, che ha tallonato il Presidente sgambettando come una ventenne per tutti i giardini. Bambini piccolissimi, ragazzi, molti militari, anziani, tanti turisti stranieri, si sono goduti la bellezza di parte dei giardini del Quirinale. Hanno fatto anche un'ora di fila per poter passeggiare nei cortili e nei viali che prima di aver visto la storia repubblicana sono stati testimoni della monarchia. E ascoltando la gente seduta sull'erba, ai bordi delle fontane, o mentre camminava tra le palme e i pini, si respirava un'aria tutta «repubblicana». Il rientro dei Savoia in Italia? Sembrerebbe un tema che appassiona più i politici che i cittadini. «Che tornino, ma come turisti», dice Ermanno, un pensionato di 70 anni. «Prima però devono rinunciare alla Corona e giurare fedeltà alla Repubblica». Anche Graziella Montesi, pure lei pensionata: «Che tornino pure, in fin dei conti Vittorio Emanuele era solo un bambino durante la guerra. Però i Savoia morti non devono varcare la frontiera perché il Re e la Regina scapparono in maniera vergognosa». Franca, ex insegnante, nel 1946 votò monarchia ma adesso ha cambiato idea e ha un timore: «Non vorrei che il ritorno dei Savoia fosse occasione di disordini. Tornino pure, basta che non ci diano fastidio». In serata il Presidente ha ricevuto i membri della Costituente. Ha parlato con loro ricordando il significato della Calta fondamentale e ribadendo le cose già dette in Parlamento. Poi, il concerto per duemila eletti nel cortile d'onore. Una lista di invitati eccellenti, scelti tra politici, sindaci, corpo diplomatico, alti prelati ed esponenti del mondo culturale, deU'informazione e della scienza. Musiche di Bellini, Verdi, Puccini, Mascagni. Dedicate alla Repubblica. Maria Corbi se fosse svenuto (ma si è ripreso subito), Maccanico sorridente, Walter Veltroni molto compreso nel suo ruolo e dignitosissimo nella sua ritrovata magrezza, era quel governo un bellissimo quadro dell'epoca che viviamo, ci saranno certamente grandi foto di questa cerimonia non casuale, non occasionale, non formale. Allora, cinquant'anni fa, Giuseppe Saragat (primo presidente della Costituente), Vittorio Emanuele Orlando (decano del Parlamento) e Carlo Sforza erano in attesa nell'atrio. Sulla piazza di allora bivaccavano i giornalisti e i deputati in attesa. Era una foto in bianco e nero di un'Italia disperata ed esaltata, un po' dignitosa e un po' stravaccata. De Nicola arrivò da una strada laterale sull'auto che lo aveva prelevato a Torre del Greco, si era perso per strada i motociclisti. Scese e per qualche istante nessuno lo notò. Poi disse anche lui «Nè, guagliò...» e la piazza si animò, il Parlamento ritrovò se stesso. De Nicola fu eletto anche perché ci voleva un meridionale per questa nuovissima Repubblica i cui leader erano tutti del Nord, arrivati col vento del Nord, piemontesi e lombardi in massima parte. Oggi il Presidente è un nordico di Novara ma di stirpe calabrese, un prodotto unitario. Questo stesso Presidente del cinquantenario ha ricordato le ultime guerre della Repubblica: contro il terrorismo e contro la corruzione. E' stato, è vero, un po' sbrigativo ed oleografico di fronte a entrambi i fenomeni trattati entrambi come bizzarre ed esecrabili anomalie. Ma da lui ieri si aspettava un messaggio semplice, senza ghirigori. Così, ad esempio, ci sono sembrate un po' forzate e persino comiche le cause della corruzione politica: «Sete di ricchezza e ubriacatura di potere». E il terrorismo una cupa, sanguigna, ma rispettabile (per la sofferenza degli uomini) foiba. Il Presidente ha anche rivendicato l'era di pace durante la guerra fredda, e l'ha rivendicata chiaramente alla sua parte politica d'origine: l'Unione Sovietica minacciosa nella sua concreta e attiva aggressività, la coesione occidentale che seppe tenere a bada quell'aggressività e produrre benessere nella sicurezza. E, se non ci è sfuggito qualcosa, ci sembra che la carrellata storica dalla Liberazione all'oggi, non comprendesse un solo accenno alle stragi, alle sue regie occulte eppure ormai indagate con successo, ai plurimi e non svelati livelli della strategia della tensione. Paolo (Suzzanti Il presidente Scalfaro nei giardini del Quirinale

Luoghi citati: Italia, Novara, Roma, Savoia, Torre Del Greco, Unione Sovietica