Caro Umberto

Caro Umberto Caro Umberto NO spettro s'aggira per l'Europa», si è potuto dire più o meno un secolo e mezzo fa di qualcosa di molto serio, nel bene e nel male. Oggi, quel che pare si aggiri per l'Europa non è certo un'immagine di sanguinoso spettro; al con¬ fronto ci fa la figura di Casper, il fantasmino dei cartoons. Altre cose sono state definite delle tigri di carta: questo non è nemmeno un gattino. E, se è una pantera come quella del mito, lascia una scia profumata molto superiore alla sua stazza. Ma allora, vale la pena di parlarne? Si tratta della cosiddetta «cultura di destra». Se n'è discusso e se ne sta discutendo fin troppo anche perché il discuterne faceva (fa) comodo a molti: se non altro per agitare l'altro fantasma, quello della «cultura di sinistra» (a onor del vero un po' più consistente, per quanto equivoco anch'esso); o per spargere qualche allarme utile all'organizzazione del consenso. Col risultato, magari, di riscoperte e di rivalutazioni sacrosante; ma anche col pericolo di finir per trattare quasi come fossero altrettanti Ermeti Trismegisti dei cameadi che, quanto a dignità intellettuale, potrebbero invidiare il mago Otelma. (...) Anni or sono Furio Jesi provò a definire il campo della cultura di destra: ma fu un'impresa disperata. Anche le proposte di chi ci ha provato in seguito - da Galli a Cofrancesco, da Bobbio a Galli della Loggia non paiono convincenti. La cultura di destra resta una galassia dai contorni indefiniti e sovente contraddittori: anche perché almeno dal 1848 esistono molte destre o, se si preferisce, molti modi non solo di esser di destra, ma anche di stare a destra e di pensare la destra. Il che, intendiamoci, in modo forse più attenuato si può dire della stessa sinistra. Si è provato a onor del vero a definire destra e sinistra sulla base delle coppie di opposti e della metodologia dell''aut aut. ma non è che ci si sia proprio riusciti. Prendiamo il tema della libertà: si è detto che è di sinistra la Liberté, di destra le libertates. Ma a quale delle due sfere si avvicina di più la crociana «religione della libertà»? Proviamo allora a disincantare quello che fino ad oggi è stato un concetto non solo predicabile, ma incontestabile. Proviamo a sostenere che di per sé la cultura, al pari di quel che si dice faccia il denaro, non oleat. Lo so che tale ipotesi potrebbe sembrar qualunquista. Ma proviamoci lo stesso. Supponiamo che sia un nonsense attribuire di per sé alle diverse forme di cultura una posizione all'interno dell'arco che convenzionalmente distingue le varie posizioni politiche. Non esiste una «cultura di destra» (e magari nemmeno una «di sinistra»). Esistono studiosi, scrittori, intellettuali che stanno di qua o di là, sia pur dall'una più spesso che non dall'altra parte. Ma questo significa solo che esiste un «uso di destra della cultura» (o più usi di destra, irriconducibili gli uni agli altri: Croce non è Gentile, Borges non è de Maetzu). Significa che esistono differenti politiche culturali. E differenti possibilità di lettura degli autori. E' noto che Nietzsche è stato letto «da sinistra»: ormai del resto il brigantaggio di Elisabeth Forster è stato smascherato da tempo. Ma Claude Lévi-Strauss ha potuto impunemente proclamarsi «anarchico di destra»; e, a estrapolare certi confronti tra feudalesimo e capitalismo contenuti nel Dos Kapital, si potrebbe confezionare una crestomazia reazionaria marxiana da far invidia al De Bonald più scatenato, al più incanaglito nipotino di Charles Maurras. Decontestualizzazioni, appropriazioni indebite, si dirà. Come se, tra Parnaso ed Elicona, queste armi non fossero mai state usate. E allora? Allora, nulla. Si fa per provocare. Mischie/, thou art afoot. Intellettuali di sinistra di tutto il mondo, difendetevi. Franco Cardini

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