Arafat, una malattia di nome Likud di Aldo Baquis

Stasera il primo discorso di Netanyahu alla nazione. Ridda di voci sul governo Stasera il primo discorso di Netanyahu alla nazione. Ridda di voci sul governo Arato, una malattia di nome Likud «Il leader sotto choc, in stato confusionale» TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO Il presidente dell'Autorità nazionale palestinese, Yasser Arafat, è sotto choc. Dopo aver perso sei mesi fa il suo principale partner di pace, Yitzhak Rabin - assassinato da un estremista israeliano di destra - adesso è abbandonato anche da Shimon Peres, sconfitto alle elezioni dal leader delle destre Benjamin Netanyahu. «E' choccato - ha confidato un suo stretto collaboratore a un giornalista della Washington Post - addirittura in stato confusionale, non riesce a seguire una conversazione». E il leader Olp avrebbe detto: «Gli israeliani vogliono la pace con l'Egitto, vogliono la pace con la Giordania, ma non vogliono la pace con i palestinesi». Venerdì notte Arafat ha indetto una seduta di emergenza che si è protratta fino all'alba di ieri. «Ci attendiamo da Israele - ha detto al termine dei lavori Nabil Abu Rudeina, un portavoce di Arafat che mantenga fede agli impegni presi e che perseveri nel processo di pace». Il governo dell'Anp fa appello alla comunità internazionale affinché «intensifichi gli sforzi per portare avanti il negoziato». La situazione politica creatasi in Israele con il ritorno al potere del Likud desta allarme anche a Washington. Ieri il console Usa a Gerusalemme Est, Edward Abington, si è precipitato da Arafat con un messaggio personale del presidente Clinton in cui gli Usa si impegnano a sostenere il processo di pace e augurano ai palestinesi un futuro migliore. Lo stesso Netanyahu ha assicurato venerdì ad Abu Mazen (segretario del comitato esecutivo dell'Olp) che i negoziati israelo-palestinesi sull'assetto definitivo nei Territori riprenderanno al più presto. Ma i radicali palestinesi premono già su Arafat perché ammetta finalmente di aver perso la sua scommessa: «E' tempo di ritornare nel campo della solidarietà araba», ha tuonato dal Cairo Faruk Kaddumi, il capo del dipartimento politico dell'Olp che non ha mai approvato gli accordi di Oslo con Israele, né ha voluto mettere piede nelle zone di autonomia. Il pessimismo dei palestinesi non è condiviso da re Hussein di Giordania, che venerdì ha avuto un rassicurante colloquio telefonico con Netanyahu nel corso del quale i due statisti hanno stabilito d'incontrarsi presto e di riprendere i colloqui sulla spartizione delle risorse idriche. A fine mese Netanyahu sarà ricevuto anche alla Casa Bianca da Clinton. Già ieri il segretario di Stato Usa Warren Christopher ha esortato i Paesi arabi a non affrettarsi a giudicare il nuovo governo israeliano. La Siria ha già fatto sapere di non farsi illusioni: «E' tragico - ha scritto il Siria Times - che sia stato eletto un uomo così bellicoso». Trovatosi al centro di una tempesta internazionale, Netanyahu ha trascorso un sabato tranquillo passeggiando a Gerusalemme nel quartiere residenziale di Rehavia con la moglie e i due figli. Stasera i sostenitori del Likud festeg¬ geranno la vittoria con un grande raduno nel centro dei congressi del Binyanei A-Umà di Gerusalemme, nel corso del quale Netanyahu farà un primo discorso - teletrasmesso in diretta dalle televisioni - alla nazione. Oggi il nuovo premier inizierà le consultazioni per la formazione del governo. Ariel Sharon, il «falco» del Likud che ha già provocato imbarazzo a Netanyahu con dichiarazioni premature ed azzardate, riceverà probabilmente il ministero delle Finanze, mentre David Levy dovrebbe tornare agli Esteri. La nomina del ministro della Difesa desta il maggior interesse: fra i candidati in lizza vi sono Moshe Arens e Dan Meridor (due pragmatici) e il generale Yitzhak Mordechai. Netanyahu dovrà prendere subito decisioni difficili sul ridispiegamento dell'esercito israeliano da Hebron (Cisgiordania) e sulla chiusura a Gerusalemme Est della Orient House, sede di varie istituzioni palestinesi che fanno capo all'Olp. «Penso che la chiuderemo - ha confermato ieri il sindaco di Gerusalemme Ehud Olmert, uno dei più stretti collaboratori del premier - ma agiremo solo al momento opportuno». Aldo Baquis Un piccolo colono di Hebron discute di politica con un soldato