LA NOSTRA REPUBBLICA
LA NOSTRA REPUBBLICA CINQUANTANNI DI DIFFICILE DEMOCRAZIA LA NOSTRA REPUBBLICA LA Repubblica democratica è durata sinora cinquantanni. Anche l'Italia liberale sotto la monarchia dei Savoia era durata, dal 1870 al 1922, più o meno mezzo secolo. Tra l'una e l'altra, la parentesi del fascismo, nato in anni tempestosi dopo la prima guerra mondiale, morto tragicamente dopo la seconda. La Repubblica, sorta democraticamente attraverso il referendum istituzionale del 2 giugno 1946, segnò una netta rottura col passato. L'Italia aveva avuto, nella sua storia di Paese diviso in tanti piccoli Stati, tradizioni sia monarchiche sia repubblicane. Il Risorgimento era stato guidato e compiuto dalla monarchia, ma la memoria dei movimenti repubblicani che la avevano, seppur senza successo, contrastata, non si era mai spenta del tutto. Che dopo la sconfitta dell'esercito regio nella seconda guerra mondiale voluta da Mussolini, cui il re si era sottomesso, si risvegliassero gli antichi spiriti repubblicani era inevitabile. Da parte dei fautori della Repubblica, inoltre, si era sempre sostenuto che solo la forma repubblicana dello Stato avrebbe consentito l'attuazione di una democrazia integrale, in altre parole che la democrazia, come ha scritto Alessandro Galante Garrone sulla Stampa di ieri, è repubblicana o non è. Lo scarto di due milioni fra i voti repubblicani e quelli monarchici non fu così grande come i fautori della Repubblica avevano sperato. I monarchici chiesero l'invalidità del referendum, sostenendo che nel computo globale si sarebbero dovuti calcolare non solo i voti validi ma anche le schede bianche e nulle. Allargando il numero dei voti da computare, e quindi spostando il quorum, speravano che il risultato a loro sfavorevole potesse essere rovesciato. Io allora insegnavo all'Università di Padova, il cui costituzionalista, amico mio carissimo, del resto, era il più acceso e agguerrito sostenitore della ricomputazione. Quindi ricordo bene quanto sia stato aspro e lacerante il conflitto tra il re Umberto II e il presidente del Consiglio Alcide De Gasperi. La controversia si protrasse per dieci giorni di interminabili discussioni e di puntigliose e minacciose dichiarazioni da una parte e dall'altra. Si chiuse con l'assunzione da parte di De Gasperi, non dei «poteri», parola troppo forte per essere gradita all'altra parte, ma delle «funzioni» di capo dello Stato il 12 giugno, e la partenza del re per Lisbona, il 13. La Repubblica nacque non solo gracile, ma anche schierata per quel che riguarda la diseguale distribuzione dei voti sia nel territorio, sia rispetto ai diversi orientamenti politici. Fu, al suo nascere, nordista e di sinistra. Tra il Nord e il Sud le percentuali dei voti in favore dell'una e dell'altra parte risultarono quasi esattamente invertite: al Nord più del 60 per cento furono i voti repubblicani, al Sud quelli monarchici. Quanto alla ripartizione fra i diversi schieramenti politici, i voti dei partiti di sinistra, certamente repubblicani, ammontarono a circa 10 milioni, quelli dei partiti monarchici o agnostici superarono di poco i 4 milioni. Sospendo il giudizio su quali siano state le conseguenze di questi contrasti sul processo di sviluppo delle istituzioni repubblicane. Ma non si può fare a meno di rilevare il paradosso di una Repubblica voluta dai partiti di sinistra, in cui sino a questi ultimi giorni nessuna coalizione di sinistra aveva governato il Paese. La Repubblica, pur nata non solo gracile ma disegualmente distribuita e schierata, è diventata a poco a poco, senza scosse, pacificamente, la Repubblica di tutti, nonostante la presenza per qualche tempo di un piccolo partito monarchico. In uno dei miei primi articoli di quegli anni avevo scritto che se la convinzione della superiorità dell'ideale repubblicano non si fosse radicaNorberto Bobbio CONTINUA A PAG. 6 PRIMA COLONNA
Persone citate: Alcide De Gasperi, Alessandro Galante Garrone, Bobbio, De Gasperi, Mussolini, Savoia, Umberto Ii
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