I turbamenti di papà Alcide di Giorgio Calcagno

I turbamenti di papà Alcide I turbamenti di papà Alcide «A lui interessava la Costituzione» EROMA in casa De Gasperi, come si è vissuto il 2 giugno? Maria Romana, la pri Imogenita dello statista, ricorda bene quei giorni, che ha passato accanto al padre, come sua prima collaboratrice, a porta a porta con lui nell'ufficio del Viminale, sotto il palco nei comizi; era lei che gli batteva a macchina le lettere più delicate, i messaggi importanti. «Ma in casa si rideva, si scherzava, noi ragazze facevamo gli striscioni, "Viva la Repubblica", "Viva la Monarchia", che appendevamo sulla porta delle camere. Erano monarchiche mia zia e mia madre. Eravamo repubblicani mio padre e io; le mie sorelle non votavano ancora». Se l'Italia avesse rispecchiato l'universo della famiglia, monarchia e repubblica si sarebbero divisi i voti a metà. «Io avevo scritto sulla mia porta "Viva la Repubblica", non ottenendo da nostro padre altro che sorrisi compiacenti». Dietro quei sorrisi l'uomo venuto dal mondo asburgico nascondeva assai poco il peso dei problemi che si sentiva addosso. Sapeva essere sereno, almeno in casa? «Essere sereni, in quelle condizioni, era un po' difficile. Soprattutto dopo il voto, nell'intervallo fra l'annuncio dei risultati e la proclamazione della Repubblica. Quasi nessuno si rese conto del pericolo, gravissimo, che si stava per affrontare». E' vero che De Gasperi, quando cominciavano a affluire i primi risultati, pensò a una vittoria della monarchia? «Lui in realtà pensava al dopo. Bisognava ricostruire lo Stato, ridare il lavoro. Bisognava tenere la gente tranquilla in un momento così grave». Ma sul problema istituzionale aveva dichiarato una scelta precisa. «La propaganda che aveva fatto non era di un repubblicano sfegatato. Riteneva la repubblica un sistema migliore perché consente di controllare il Capo dello Stato. Era un repubblicano di ragionamento, convinto del principio». E scrisse una lettera a Falcone Lucifero, subito dopo il 2 giugno, per dirgli che la monarchia era in vantaggio. «Quella lettera significa che non si sarebbe stracciato le vesti se avesse vinto la monarchia. A lui interessava la Costituzione. Il grosso rivolgimento per lui non era tanto nel cambio fra monarchia e repubblica, ma nella Costituzione». Anche quella lettera l'aveva battuta a macchina lei? «No, era un biglietto scritto a mano». Che ebbe un suo peso. Come presidente del Consiglio, De Gasperi doveva sapere come andava lo spoglio dei voti. «Mio padre non si mise a leggere le schede. Lasciò questa cosa al ministro dell'Interno, come era giusto». E poi, per qualche giorno, si trovò a essere capo dello Stato. Come visse quei giorni? «Angosciosamente. Togliatti voleva che il passaggio dei poteri avvenisse in modo automatico, dopo la proclamazione dei risultati. Mentre Umberto, gli altri, la prudenza, chiedevano che fosse il re a dare la delega. Mio padre riuscì a far sì che la proposta del governo fosse portata al re. E il re, in quella situazione, non si decideva ad accettarla. Ho trovato gli appunti scritti da mio padre su quei colloqui, furono giornate molto tese». Come uscì, De Gasperi, dall'ultimo incontro con Umberto? «Turbato. Si sentiva il responsabile di un cambiamento grave». Non riusciva a dormire, la notte? «No, dormiva tranquillo. A noi aveva insegnato a mettere i problemi nel cassetto, la sera, anche dopo le giornate più difficili. E lui metteva i problemi nel cassetto, anche in quei giorni. Il momento brutto era il risveglio. Perché allora si accorgeva di essere De Gasperi». Giorgio Calcagno «Repubblicano, ma non sfegatato. E in famiglia eravamo divisi» Alcide De Gasperi: «Più che al risultato del referendum», ricorda la figlia Maria Romana, «lui pensava al dopo. Bisognava ricostruire lo Stato, dare lavoro»

Persone citate: Alcide De Gasperi, De Gasperi, Falcone Lucifero, Maria Romana, Togliatti

Luoghi citati: Italia