Il nostro voto per il giorno cruciale

Il nostro voto per il giorno cruciale Nell'urna con i protagonisti di allora: separati dall'ideologia, uniti nel progetto Il nostro voto per il giorno cruciale La rinascita nel racconto dei «padri-fondatori» EROMA ORO c'erano. Assieme agli altri italiani, Giulio Andreofti, Paolo Emilio Taviani e Leo Vali ani parteciparono con ansia e preoccupazione a quelle elezioni che decidevano insieme la forma istituzionale dello Stato e l'equilibrio politico nella nuova Assemblea Costituente. Diversi per aspirazioni, progetti politici, credi ideologici, eppure portatori ciascuno di una speranza, di una passione politica che trovava in quel giorno il momento della verità, la possibilità di far crescere progetti e desideri nella nuova Italia democratica. Un'attesa che non sfugge nelle considerazioni che su quel giorno affiorano nei ricordi di Giulio Andreotti, già allora consapevole dell'importanza cruciale che quel risultato poteva avere sui destini anche personali dei protagonisti di allora: «Anche se l'attenzione era concentrata di più sulla conferma o sulla disdetta della monarchia, la preoccupazione più viva in De Gasperi ed in noi suoi immediati collaboratori era per la composizione dell'Assemblea Costituente. Senza mancar di riguardo alla democraticità delle singole persone, era legittimo aver paura di una Repubblica rossa ed anche di una monarchia imbrigliata da una maggioranza di deputati di sinistra e di sterni nostalgici dello status quo ante». Spiega ancora Andreotti: «De Gasperi aveva difeso, contro la gran parte dei dirigenti del nostro partito, la possibilità pratica che per la democrazia cristiana potessero votare sia monarchici sia repubblicani. Fu questo il segreto per una presenza nella Costituente che fu determinante, andata oltre la percentuale numerica. E fu un primo segnale che le tentazioni staliniane da noi non trovavano strade percorribili». Per il senatore a vita Paolo EmUio Taviani ancor più del dilemma monarchia-repubbhca, fu decisivo il processo che metteva in moto la Costituente come sbocco politico e istituzionale dell'Italia uscita dalla guerra e dalla Liberazione: «La Costituzione era figlia della Resistenza. Quando venne istituita la Costituente avevamo alle nostre spalle tre anni di incontri, di discussioni, di fraternità, di rischi di sangue, di convergenze più che divergenze. Senza il precedente della Resistenza non sarebbe stato neppure possibile l'esperienza della Costituente e tantomeno il risultato. Le stesse persone, se si fossero incontrate tre anni prima non avrebbero certo saputo né potuto trovare i punti d'incontro su tanti temi aspri e delicati». Sul dilemma monarchia-Repubblica, Taviani ritiene che «interessante fu l'iter dei cattolici sul tema istituzionale. Al convegno di Camaldoli del luglio del 1943 nessuno pensava alla Repubblica (forse soltanto i genovesi che avevano Mazzini nel sangue) e al massimo si sussurrava che Guido Gonella avesse rapporti con Maria José. Soltan- to pochi giorni dopo, il 10 agosto del 1943, che cosa capita? Capita che arrivo a Roma come rappresentante dei gruppi democratico-cristiani in Liguria e trovo il gruppo dirigente del nuovo par- tito, da Spataro a Gron- chi a Sceiba, tutto schierato con la causa repubblicana. Nel frattempo era risuonata l'infelice formula "la guerra continua", un comportamento della Corona che cambiò la posizione della de, anche se l'elettorato democristiano in larga maggioranza voterà per la monarchia». Il senatore Leo Valiani, repubblicano da sempre, ricorda U clima del 2 giugno e dei giorni che seguirono: «A Milano tutto si svolse in un grande ordine. Anche nel resto dell'Italia ricordo un'atmosfera composta anche se da parte monarchica si tentò di delegittimare il risultato con l'accusa dei brogli elettorali. La cosa mi pare ancor oggi assurda, a cominciare dal fatto che Romita, che io avevo conosciuto a Ponza in confino, era una persona proba che si è sempre comportato come un signore. Quando si conobbe l'esito del referendum mi trovavo a Parigi a celebrare una mostra sulla Resistenza italiana assieme ad André Malraux e Raymond Aron. Fu per me una grande soddisfazione come vecchio repubblicano visto che sono stato repubblicano già nell'adolescenza quando, simpatizzante socialista, a Fiume parteggiavo per la squadra di calcio dell'Edera, una squadra esplicitamente repubblicana». In quella data spartiacque si disegnò il profilo della nuova Italia. Di questo tutti i protagonisti di allora erano e restano convinti. La Prima Repubblica era cominciata. Pierluigi Battista Andreotti: «De Gasperi e noi collaboratori avevamo paura di una Repubblica troppo rossa» Paolo Emilio Taviani: «La Resistenza ci fece trovare molti punti di convergenza» Leo Valiani: «Tutto si svolse in grande ordine Seppi i risultati a Parigi, con Malraux e Aron» Come creare il nuovo Stato e calibrare gli equilibri politici Nell'immagine grande, un manifesto elettorale repubblicano; qui accanto, Giulio Andreotti e Paolo Emilio Taviani Il senatore Leo Valiani ricorda: «A Milano tutto si svolse con grande ordine»