« Ho visto i soldi nella busta »

« « Ho visto i soldi nella busta » La Ariosto: e Previti li diede a Squillante la teste omega VMELANO ORREI dire una cosa che non ho mai detto prima, neanche ai magistrati», esordisce Stefania Ariosto. E alle 15 e 47 della sua quarta deposizione la teste «Omega» racconta in un fiato che sì, quella busta bianca data da Previti al giudice Squillante al circolo Canottieri Lazio di Roma era piena di soldi, banconote fruscianti, fascetta fresca di banca. «Non l'avevo detta prima, per dignità», spiega lei con un filo di voce e gli occhi di tutti che la guardano, dal gip Rossato che annota la rivelazione, ai difensori di Scjuillante che incassano, al pm Boccassini che - sbalordita - incassa un punto a favore nella ricostruzione d'accusa. Smentisce tutto, Cesare Previti: «Mente sapendo di mentire. Non è riuscita a comprovare nemmeno mezza delle sue affermazioni. Non si può dire che si è verificato un atto di corruzione così pesante e non saperlo datare». Sulla vicenda di quella busta piena di soldi l'avvocato Pecorella minimizza: «La teste ha introdotto una circostanza nuova - che lei stessa dice di non aver raccontato ai magistrati - per superare l'inverosimiglianza di quella dazione di danaro». Il legale rimarca la sorpresa di quel racconto all'ultimo minuto e il fatto che una cosa così importante è stata nascosta per troppo tempo. A verbale Stefania Ariosto aveva raccontato l'episodio al circolo sportivo romano, presieduto da Cesare Previti. Aveva parlato di una partita di calcetto, della presenza di Renato Squillante e di Previti che a sera, quando tutti se ne stanno andando, ricorda al giudice: «A Rena, te stai a scorda a busta». Poi c'è la versione di ieri, quella a porte chiusa. Dove «Omega» racconta un particolare in più, fondamentale per capire tutta la vicenda. E cioè che la busta l'aveva in mano Silvana Previti, moglie dell'ex ministro. E che poi finì a lei, giusto il tempo per una sbirciatina, per vedere le banconote. «Ma non preoccuparti, perché a Roma i giudici sono pagati», le avrebbe detto Silvana Previti. Non c'è solo questo colpo di scena nell'udienza che inizia alle 10 e si chiude alle 18, quando i fotografi aprono la caccia per riprenderla in pantaloni neri, giacca blu, top blu elettrico. Quando lei, ballerine oro ai piedi, infila una scala laterale e se ne va seguita dalla scorta armata, protezione ventiquattro ore al giorno. C'è il giallo dell'altra dazione di danaro per il giudice Squillante, a casa di Cesare Previti. Che se è avvenuta nell'88 - come dice lei in aula - non poteva essere in via Cicerone, perché da lì Previti aveva traslocato da tempo. «Ma io non posso ricordare certi dettagli, posso solo dire che Previti mi disse che pagava i giudici», ribatte «Omega» a chi da quattro giorni l'accusa di essere imprecisa, di confondersi, di trincerarsi dietro a troppi «non ricordo», come sottolineano i difensori di Squillante. L'avvocato Pecorella va oltre. Mette addirittura in dubbio la genuinità della deposizione. Il suo è un j'accuse pesantissimo: «La signora Ariosto aveva un interesse specifico a muoversi per fare determinate dichiarazioni. Abbiamo accertato che è stata una scelta politica». Quale? Il difensore del giudice Squillante non scopre - subito le sue carte. Preferisce raccontare a taccuini aperti e telecamere accese ciò che dice in aula «Omega», quando riferisce che Dotti sapeva tutto, che altri «ma non ricordo chi», precisa lei - sapevano che stava collaborando coi magistrati. Tira le conclusioni, l'avvocato Pecorella: «Furono le difficoltà politiche in cui si trovava Dotti ad indurre la signora Ariosto a rivolgersi ai magistrati». E ancora: «Dotti si lamentava perché era stato messo da parte, perché Previti gli faceva la guerra e perché non riusciva a parlare con Berlusconi. Per questo motivo lei ha avuto la determinazione e la spinta a fare ciò che poi ha fatto». Fabio Potetti L'avvocato Pecorella «Rivelazioni fatte per aiutare Dotti» Stefania Ariosto, superteste del caso Squillante

Luoghi citati: Canottieri Lazio, Roma