Pace o guerra: si vota di Fabio Galvano

Pace o guerra: si vota Pace o guerra: si vota L'Ulster sceglie i negoziatori LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE L'Ulster ha votato ieri per la pace. Ha scelto, su linee partitiche che riflettono le storiche spaccature della sua società fra cattolici e protestanti, i 110 delegati dello speciale Forum da cui ogni schieramento nominerà poi i negoziatori alla trattativa multilaterale di pace del 10 giugno, la prima occasione in cui gli estremismi siederanno allo stesso tavolo dei governi di Londra e Dublino per cercare una difficile intesa. I risultati dello spoglio saranno noti oggi. Ma già, mentre si attende il verdetto sui mille candidati di 24 partiti che si sono presentati nei 18 distretti elettorali, è la lontana quanto possente voce di Washington a dominare la scena. Alla Casa Bianca non basta che il Sinn Féin, braccio politico dell'Ira, abbia partecipato alle elezioni dopo avere a lungo minacciato di boicottarle. «Siamo preoccupati - ha detto un portavoce di Clinton mentre i nordirlandesi votavano sotto la pioggia - che non sia stata ancora annunciata una nuova tregua». Timori giustificati, perché Londra ha detto chiaramente che senza un'esplicita rinuncia dell'Ira alla violenza i delegati del Sinn Féin non potranno sedere al tavolo delle trattative. Una decina di giorni fa era parso che il Consiglio Militare dell'Ira si fosse deciso; ma invano, la settimana scorsa, si è atteso l'annuncio di ripresa della tregua interrotta a febbraio a suon di bombe. Né gli impegni perbenistici assunti da Gerry Adams, presidente del Sinn Féin, sono stati giudicati sufficienti. Ma a Belfast e nelle altre città del Nord, ieri, altre erano le perplessità. Anzitutto la frammentazione dei partiti, con 11 schieramenti per gli unionisti protestanti, con il pericolo quindi di un indebolimento di fronte alla compattezza dei repubblicani cattolici. E poi la minaccia del reverendo Ian Paisley di vanificare l'esercizio elettorale con la di¬ chiarazione che in nessun caso siederà allo stesso tavolo di Adams. C'è anche l'intransigenza di alcune piccole formazioni, come l'Ulster Democratic Party legato a un gruppo armato lealista; o la repubblicana Democratic Left che ha addirittura cercato di far sospendere le elezioni adducendo irregolarità procedurali. Per tutta la giornata, ieri, ci sono anche state fra gli avversari di sempre accuse d'intimidazione ai seggi, di slogan schiamazzati quando gruppi di cattolici entravano per votare nelle roccaforti protestanti, o viceversa. Sono episodi che riflettono le molte incognite non meno dei complessi meccanismi di voto. Ognuno dei 18 distretti sceglie 5 delegati. A quei 90 se ne af¬ fiancheranno altri 20, due per ciascuno dei dieci partiti che, su base regionale, avranno il maggior numereo di voti. Le previsioni sono che dal voto di ieri emergeranno una dozzina di schieramenti, quelli che dovrebbero poi prendere parte al negoziato. Ma il Forum non morirà dopo avere fornito i negoziatori: rimarrà a disposizione, secondo lo schema anglo-irlandese, per suggerire nuove iniziative di dialogo e addirittura per discutere e decidere temi che gli venissero demandati dai negoziatori. Così, sia pure fra mille difficoltà, l'attesa è grande; perché ieri l'Ulster ha forse aperto finalmente - il portone che dà sulla pace. Fabio Galvano

Persone citate: Adams, Clinton, Gerry Adams, Ian Paisley

Luoghi citati: Belfast, Dublino, Londra, Ulster, Washington