L'amaro calice per Silvio

l'amaro calice per Silvio l'amaro calice per Silvio Mancuso: sarà uno stillicidio POLITICA E GIUSTIZIA IROMA N mezzo al transt .antico di Montecitorio, Filippo Mancuso, con l'inconfondibile aria sorniona stampata sul viso, legge quelle quattro paginette di atti parlamentari con cui la procura di Brescia chiede alla Camera l'autorizzazione per utilizzare le intercettazioni telefoniche di Silvio Berlusconi nel processo in cui il Cavaliere è accusato di estorsione e di attentato ai diritti politici ai danni di Antonio Di Pietro. Un attimo di silenzio, sua eccellenza sembra guardare nella sfera di cristallo della politica e alla fine esclama: «Sarà un lungo stillicidio». «Che Dio ce la mandi buona» sospira qualche passo più in là, Achille Serra, ex-prefetto di Palermo e ora deputato di Forza Italia. Mentre Sgarbi si rifugia nel fatalismo: «Silvio poteva salvarsi solo vincendo le elezioni». Quello che temeva Berlusconi, quello che preoccupava i suoi alleati e, per un verso, i suoi stessi avversari, sta per avverarsi. A Montecitorio è arrivato il primo dei tanti atti giudiziari che riguardano il Cavaliere su cui la Camera è chiamata ad esprimere un giudizio. E non ci vuole molto a capire che è il primo segnale di un grande rischio che corre questa legislatura: ogni provvedimento può trasformarsi in un processo politico che potrebbe andare avanti all'infinito parallelamente a quelli che si svolgono nei tribunali. Lui, l'interessalo, fa di tutto per dimostrare la propria indifferenza, ma intanto il problema esiste. «Ma si - si sfoga davanti all'ascensore facciano pure luce su quello che vogliono, tanto qui ormai... Al telefono non si va oltre: "Pronto, come stanno i bambini? Hanno la febbre? No? Grazie". Indagassero pure... Questa è l'Italia». Ma è inutile dire che, appunto questo «stillicidio», non potrà non condizionare le mosse politiche del personaggio. Lo stesso Berlusconi lo ammette indirettamente, con la consueta naturalezza. «Voglio - spiega un'opposizione elegante che agisca nell'interesse del paese. Poi su certe cose sarà durissima, quando temeremo che il paese possa diventare uno Stato che non è di piena democrazia, che non possa essere uno Stato di diritto». Così anche nella tredicesima legislatura la questione giudiziaria fa il suo ingresso, pronta a scombinare i piani di tutti. Era fatale, era previsto. Ma un conto è dirlo, un conto è vederlo. Che la Camera darà l'autorizzazione, Giuseppe Ayala, sottosegretario alla giustizia non ha dubbi: «Penso - osserva che sarà data. E' un fatto automatico». Il problema è un altro: come verrà usata questa vicenda, e quelle che seguiranno, sul piano politico? Malgrado le migliori intenzioni, infatti, nessuno può giurare su cosa accadrà. E' possibile di tutto: che nel Polo qualcuno utilizzi questa vicenda per chiedere un'altra leadership, o che non possa farlo per non apparire un maramaldo; ed ancora, che queste interferenze favoriscano una diaspora nel centro-destra e che alla fine ci siano pure dei riflessi sulla maggioranza. Insomma, in un modo o nell'altro i processi politici potrebbero essere mquinati da fattori esterni. E la cosa preoccupa l'opposizione come pure la maggioranza. «E' una provocazione - si arrabbia Buttiglione -, ogni volta che Berlusconi sceglie una politica più moderata c'è qualcuno che vuole rigettarlo nell'oltranzismo. Eppoi come si fa a perseguire Berlusconi perché ha tentato di convincere Di Pietro a non entrare in politica? Siamo matti». Stesso discorso fa sull'altro versante del Polo, Maurizio Gasparri, luogotenente di Fini. «Noi - si sfoga - non dovremmo neanche presentarci in aula perché i giudici dovrebbero smetterla con questa persecuzione, questo accanimento». E un fastidio si legge anche sugli occhi dei pidiessini quando vengono a sapere della cosa. Fabio Mussi assume un'aria preoccupata, Guido Calvi a stento si trattiene, mentre Pietro Folena promette: «Di sicuro noi non coglieremo l'occasione per celebrare un processo politico in Parlamento nei confronti del leader dell'opposizione. Anzi, faremo di tutto per raffreddare queste questioni». Ma può bastare questa entente cordiale ad evitare queste «interferenze»? Giuseppe Pisanu chiede la presidenza della giunta autorizzazioni a procedere per il Polo sperando di pilotare nella marnerà più indolore queste vicende. Ma questo conta poco e niente. Intanto perché c'è sempre qualcuno che vuole destabilizzare gli attuali equilibri. In secondo luogo perché non tutti accettano l'idea di «sterilizzare» la politica dalle questioni giudiziarie. Anzi. Un'occasione del genere può essere ghiotta per vecchi Soloni come Giorgio Bocca che dopo aver lanciato Umberto Bossi si preparano a ripetersi con Di Pie¬ tro. Stessa cosa si accingono a fare in Parlamento i seguaci dell'exmagistrato: «Di Pietro - osserva Elio Veltri - ha bevuto l'amaro calice fino in fondo. Ora tocca agli altri». Senza contare i pasdaran di ogni schieramento. «Bisogna smetterla con questo buonismo - avverte Giulietti -. Con questo gentlemen agreement parlamentare arriveremo a dire che Craxi, Berlusconi e gli altri erano brave persone e che Di Pietro era il malfattore». In queste condizioni chi può garantire il Cavaliere? Forse aveva ragione Giuliano Ferrara quando consigliava nei giorni scorsi a Berlusconi lasciare la leadership del Polo per non essere vittima «del rito italiano del linciaggio dello sconfitto». Senza contare che le vicende del Cavaliere rischiano di far diventare l'argomento giustizia una polveriera anche in questa legislatura. Lo sa benissimo lo stesso neo-ministro, Flick, che l'altro ieri si è intrattenuto per mezz'ora con Berlusconi e che proprio ieri scherzava in Transatlantico facendo lo scaramantico: «Se sono contento di fare il ministro? Fra tre mesi potrei anche non esserlo più». Augusto Minzolini «Vogliono indagare? Indaghino pure Facciano luce come preferiscono Le intercettazioni? Ormai al telefono parlo soltanto dei miei bambini...» o scopo, il co avvalso «delmberto Impro- L'ingegnere - comunicano i pm di Brescia alla Camera - interrogato il 18 dicembre scorso, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Il prefetto Improta ha già respinto ogni accusa sei mesi fa, quando fu diffuso 0 testo delle intercettazioni delle telefonate che lo riguardavano. Tra cui quella con D'Adamo appena uscito da villa Berlusconi. «Mi ha detto di salutarti cara¬ Fabio Salamone Qui accanto: Silvio Berlusconi De Chiara, uogton, amico deMonti di Aostacautelare per lato atti coperprio il titolarpartito repubbvertito Gianmdella vicendagrazie a De Chleghista. E Dcosì al magist Sopra: Fabio Salamone Qui accanto: Silvio Berlusconi Qui sopra: il ministro della Giustizia Giovanni Maria Flick In alto a sinistra: l'ex Guardasigilli Filippo Mancuso

Luoghi citati: Brescia, Italia