Violante «Ecco le carte sul caso Bargone»

Violante Violante «Ecco le carte sul caso Bargone» ROMA. Non è finito l'attacco del Polo al sottosegretario ai Lavori Pubblici Antonio Bargone, pds, delegato da Antonio Di Pietro a seguire le questioni del Giubileo. C'è ora agli atti del Parlamento un'interpellanza firmata da deputati di Ccd, An e Forza Italia che chiede al ministro Flick di informarli su «eventuali azioni o omissioni dell'autorità giudiziaria» in merito al caso Bargone. Ma intanto Luciano Violante, ha disposto di rendere pubblici i documenti a disposizione dell'Antimafia. E si è potuto così ricostruire un anno e mezzo di indagini. Il tutto inizia l'8 febbraio del 1995, quando Tiziana Parenti riceve una lettera da un pentito pugliese, tale Cosimo Screti, affiliato alla Sacra corona unita. Screti autodenuncia di aver procacciato voti per il deputato pidiessino fin dal 1987. «Questo signore - scrive Screti - l'ho già denunciato alla Procura di Brindisi e a quella di Bari». E già la butta in politica: «Quando un collaboratore parla di altre correnti politiche, tipo Forza Italia o An, le sue denunce vengono subito evidenziate, anche se a mio avviso sono tutte pilotate. Forse, se non avessi parlato di Bargone, sarei anch'io in una posizione privilegiata...». Da quel momento parte una discretissima indagine della Parenti, che attingerà in buona.parte. ,a un'istruttoria di Alberto Maritati, procuratore aggiunto alla Dna, direzione nazionale antimafia. Maritati, infatti, aveva ricevuto la prima denuncia nel settembre 1994 e aveva subito attivato le procure pugliesi. Però lì era emerso che Screti non godeva di buona fama: la procura distrettuale di Lecce era convinta che «non dovesse essere più considerato un collaboratore»; il tribunale di Brindisi lo aveva addirittura condannato, in primo grado e in appello, ritenendo che le sue dichiarazioni servissero unicamente «a neutralizzare l'accusa di essere il cassiere della Sacra corona unita». Era saltato fuori anche un secondo pentito, Francesco Di Bari, che contestava Screti e raccontava come quello volesse «gettare discredito sul Bargone e sul pds, ritenendo l'onorevole in questione l'artefice della sua rovina». Insomma, alla fine, Maritati si era convinto che non era il caso di andare oltre. Ma la Parenti volle controllare anche le ultime cose. Scrisse quindi il 22 maggio 1995 al ministro di Grazia e Giustizia, che allora era Filippo Mancuso, chiedendogli l'esito delle denunce presentate dal pentito a Bari e Brindisi. Mancuso rispose che non era emerso alcun esposto dello Screti presso gli uffici giudiziari. Rispose anche il prefetto Luigi Rossi, in quel momento sottosegretario all'Interno, confermando che dal 6 luglio 1994 il Viminale applicava a Cosimo Screti il «programma di protezione, della validità di un anno, rinnovabile». Finì che la Parenti archiviò e pose il segreto su tutta l'indagine. Ma fece anche di più. Il 2 agosto 1995 intervenne - come maliziosamente ha divulgato ieri il gruppo della Sinistra democratica - per confermare a Bargone «la fiducia per l'impegno profuso» e per sostenere come «dagli atti giudiziari, ma soprattutto dall'attività politica svolta in commissione, la credibilità dell'onorevole Bargone non sia stata minimamente scalfita». «Ci auguriamo che questo basti a far smettere una vergognosa e strumentale campagna», commenta il gruppo della sinistra. Ma Carlo Giovanardi (Ccd) insiste: «Sono soddisfatto che Violante abbia reso pubbliche queste carte. S'è visto che noi abbiamo sollevato un caso reale e non inventato. E ripropongo il problema dell'incompatibilità con un incarico tanto delicato. Bisogna capire se, davanti alle accuse di un pentito, la sinistra usa due pesi e due misure. Ci aspettiamo una parola da Prodi o da Di Pietro». Francesco Grìgnetti

Luoghi citati: Bari, Brindisi, Lecce, Roma