«Guai se cala l'export»

«Guai se cala l'export» «Guai se cala l'export» La rivolta fiscale spia di un «modello» in crisi L'ANTICO SQUILIBRIO DEL NORD-EST PVENEZIA ERCHE' i piccoli imprenditori veneti proprio oggi, anno 1996, sono agitati dalla rivolta fiscale? Che cosa accade che li induce a uscire da una proverbiale sottomissione e a scendere in piazza? Perché cresce l'ammirazione per le dimostrazioni di Fabio Padovan, fondatore dei Life, contro i finanzieri? Come capita che a un'assemblea imprenditoriale si arrivi a dire (Graziano Castagner) che i finanzieri vanno presi a «calci in culo»? La pressione fiscale era alta anche un anno fa. Le infrastrutture erano insufficienti anche dieci anni fa: non è da oggi che il Veneto ha meno strade dell'Abruzzo. Così come è antico lo squilibrio, nel Nord-Est, fra gettito fiscale e spesa statale. No, la rivolta, le proteste, l'insofferenza, l'impazienza sono la spia di un malessere che ha colpito il modello veneto: sono il pus di un'infezione che ha intaccato un sistema invidiatoci da americani e giapponesi. Per capire come stanno le cose, siamo andati a visitare un'area produttiva tipica di questa realtà che comincia a scricchiolare: il distretto calzaturiero della Riviera del Brenta, a cavallo tra le province di Venezia e Padova. «Se l'export se ferma, qua seremo tutti botega». Se le esportazioni rallentano, qui chiudiamo tutti bottega. E' il ritornello che sento risuonare fra gli operatori di questo settore minuscolo ma compatto, efficiente concentrato di tradizione artigiana e di knowhow tecnologico, di aziendalismo familiare e di internazionalizzazione dei mercati: 700 aziende, 9000 addetti, su un territorio di quattordici piccoli comuni, con 250 ditte che fabbricano calzature, genere elegante, per lo più da donna, e 450 ditte che lavorano nell'indotto (tacchifici, suolici, tomaifici, eccetera). Una macchina che nel 1995, anno d'oro, ha prodotto otto milioni e ottocentomila paia di scarpe. Quasi tutte per piedi stranieri: il 18,70% è stato venduto in Italia, l'81,30% è finito sui mercati esteri, Paesi della Cee, America e Giappone, emirati arabi, Hong Kong, Seul, ma soprattutto Germania. Però quest'anno il mercato tedesco ha tradito i calzaturieri veneti. L'appuntamento internazionale dell'anno, la fiera di Dusseldorf a marzo, ha registrato un calo di ordinazioni attorno al 15%, ci dicono i funzionari dell'Acrib di Stra (Associazione calzaturifici Riviera del Brenta). Con una domanda interna fredda sarà difficile mantenere un ritmo di crescita dei fatturati che aveva il sapore della performance: +8,11 nel '92, + 14,41 nel '93, + 8,79 nel '94, + 9,58 nel '95. La crisi del mercato tedesco non tocca i grossi calzaturifici, che oltre a vendere il proprio marchio lavorano per i grandi nomi della moda, com'è il caso di Rossimoda, la ditta di Luigino Rossi, padrone del Gazzettino, ma la maggioranza degli imprenditori - mi dicono all'Acrib - vive sui campionari che si esibiscono alle fiere: se i rappresentanti non portano a casa le commesse sono dolori. Ma i problemi di un settore come il distretto della Riviera del Brenta sono gli stessi di tutto il modello della media e piccola impresa veneta? Quanto accade tra Stra e Vigonza capita anche a Montebelluna (scarpa sportiva), a Treviso (mobile o maglieria), a Vicenza (ceramica e conceria), a Venezia (carpenteria metalmeccanica)? «Se lei controlla i flussi di esportazione della media e piccola industria veneta vedrà che la Germania è il Paese leader, in tutti i settori, non solo da oggi - dice il sociologo Vittorio Filippi (Università di Venezia), consulente dell'Associazione industriali di Treviso -. Il modello veneto è cresciuto effettivamente con la partnership tedesca. Per cui ora il raffreddamento della macchina tedesca e il rafforzamento della nostra liretta hanno sicuramente una ricaduta negativa, in misura variabile, settore per settore. Però non so se è questa l'origine della protesta fiscale. Io tendo a pensare a un malessere diverso, non solo economico, che i problemi di export possono aver portato a galla». Ma al fondo del barile ritrovi la politica: «Vede, il Veneto è stato bravissimo a creare tanta imprenditorialità economica, ma si è accorto che la gestione dell'economia non basta, per cui adesso si sta arrabattando per creare anche un'imprenditorialità politica». Quando si facevano i soldi a palate, quando gli ex contadini imprenditori vedevano premiati i rischi da una crescita continua, tutto giaceva in un grande sommerso, compresi i problemi della pressione fiscale: oggi il sistema è a un punto limite? Il formicaio industriale veneto quante capacità di espansione possiede ancora? «Proviamo a immaginare il sistema delle imprese come un hardware e la società locale come un software - risponde il sociologo Ilvo Diamanti (Università di Padova), autore per Donzelli del fortunato libro La Lega e dell'im- minente II voto della svolta -, quello che in Veneto è andato in crisi non è l'hardware ma il software. La società vede scoppiare le contraddizioni». Qual è l'immagine del piccolo imprenditore? Massimo di libertà, massimo di rischio e l'integrazione col territorio, fabbrichetta e villetta. «Ma quando si sviluppa in un sistema economico, il piccolo imprenditore si accorge che ha bisogno di un intervento statale, per infrastrutture e servizi, e che l'impatto sul territorio ha prodotto degrado, perché il Veneto somiglia a Los Angeles, una regione senza più un centro, con le fabbriche che dilagano in tutti i pori. Allo stesso tempo questa società frenetica ha visto progressivamente sfaldarsi i suoi valori». Sulla Riviera del Brenta, le sontuose ville barocche e il placido corso del fiume rispecchiano ancora un'immagine di pace, ma l'entroterra è una griglia di capannoni industriali, fabbriche, laboratori, dove convivono le tecnologie avanzate e le lavoratrici a domicilio che eseguono le orlature. Dove il modello veneto mostra la proteiforme natura: tradizione e globalizzazione, competitività e stress. C'è di tutto dietro la rivolta fiscale. «La nostra azienda è nata quasi 60 anni fa. E' nata in un sottoscala ed è stata sempre della stessa famiglia. Abbiamo registrato, come in tutto questo distretto, il massimo di incremento tecnologico nella produzione - dice Renato Nardin, dirigente del calzaturificio "Lucia" di Stra -. No, noi per fortuna vendiamo poco sul mercato tedesco, ma so che è un problema per numerose aziende. Sa di che cosa abbiamo bisogno noi? Di operai specializzati e semispecializzati. Perché sparendo i vecchi calzolai, ci restano scoperte una decina di posizioni chiave in azienda». «Si corre, si corre. Avanti e indietro lucore al giorno. Se arriva uno alla sera con dieci paia di scarpe da spedire all'estero non puoi mica mandarlo via. Gli fai i tacchi - dice Patrizia Cavallin, 36 anni, titolare del Tacchificio Patty di Stra (mezzo milione di paia di tacchi prodotti all'anno, fondato dal nonno -. Dice che però abbiamo la ricchezza? Quale: quella degli Anni 60? Oggi come oggi non si migliora più: si sopravvive. Si lavora, si lavora, si pagano le tasse e si spera che l'export non vada in crisi. Non ci avanza tempo di pensare ad altro». Alberto Papuzzi L'EVASIONE NEL 1995 [DATI IN MILIARDI] EVASIONE TOTALE 230.000 proiezione relative al '95 su dati del '91 DATI DEL 1991 evasione Iva 44.208 imposte e contributi lavoratori 125.865 imposte societa 10.450 EVASIONE SUL TOTALE DEL DOVUTO commercianti 77,7 % imprenditori e artigiani 71,6 % professionisti . 44,7% pensionati 13,9% dipendenti 12,7% Studio a cura del professori Luigi Bernardl c Michele Bernasconl (Universita dl Pavia) LE ENITRATE PER IL 1996 [DATI IN MILIARDI] TmmlTI Gen.-Feb. Var. sul TRIBUTI '96 '95 [%] Imposte patrlmenie e reddito 42.535 + 10,7 Irpef 34.118 + 10,1 Irpeg 1.192 + 86,5 Nor 864 + 19,0 Interessi e redditi capitale 4.687 - 10,3 Tasse e impost* su affari 23.094 + 16,4 Iva [lorda] 13.787 + 8,2 Registro 1.013 + 15,8 Bollo 1.961 +141,8 Concessioni governative 2.079 + 27/4 Produzione, consumi, dogane 8.121 2,1 Monopoli 1.334 + 3,0 Lotto«lotterie 1.428 + 25,3 TOTALE ENTRATE 76.512 + 10,9 «Dopo la gestione dell'economia ora vogliamo anche l'imprenditorialità della politica» ■■.',■■'.■■-■;■;.<■■■■- «unun iw^wimiwwnn n in I NUMERI DEL FISCO 2= Il ministro delle Finanze Vincenzo Visco