«Scoperti due boia nazisti»

Stessa accusa di Priebke, rogatoria in Germania per interrogarli Stessa accusa di Priebke, rogatoria in Germania per interrogarli «Scoperti due boia nazisti» Comandavano i lager di Bolzano e Modena VERONA. Mentre prosegue a Roma il processo Priebke, la procura militare di Verona ha individuato in Germania due ex ufficiali delle SS ritenuti responsabili di omicidi, violenze sessuali e sparizioni di gruppi di prigionieri messi in atto dal luglio 1944 all'aprile 1945. Si tratta dell'ex comandante e del vicecomandante del lager di Bolzano, l'ex tenente Friedrich Karl Tito, 85 anni, e del maresciallo Hans Haage, 90 anni, ai quali i magistrati veronesi contestano i reati contenuti negli articoli 13 e 185 del codice militare di guerra. «Si tratta - ha detto il procuratore capo del tribunale militare scaligero Bartolomeo Costantini - delle medesime contestazioni mosse a Priebke e a Kappler». Il procedimento a loro carico è stato avviato un anno fa, recuperando incartamenti archiviati «provvisoriamente» nel 1960. Le indagini sono state delegate ai carabinieri di Bolzano che hanno raccolto una settantina di testimonianze di sopravvissuti ai lager di Bolzano e di quello di Fossoli (vicino a Modena), campo quest'idtimo dove i due militari ebbero compiti di sorveglianza. Proprio per vicende legate al campo emiliano, Tito venne condannato a sette anni di reclusione scontati parte ad Ancona e ad Ascoli e parte in Germania. Nei prossimi giorni il pm del tribunale militare veronese Vincenzo Santoro awierà la pratica per la richiesta di rogatoria intemazionale necessaria all'interrogatorio dei due indagati. A Roma, intanto, nuove testimonianze accusano Erich Priebke. «Non è vero che certi ordini non si potevano rifiutare senza finire sotto il plotone di esecuzione per insubordinazione», hanno ribattuto alcuni superstiti dell'I la compagnia del «Polizei Regiment Bozen», colpito dai partigiani in Via Rasella. Per la prima volta, i soldati tirolesi scampati all'attentato che scatenò la rappresaglia delle Fosse Ardeatine hanno fatto sentire la loro voce, affidando i ricordi al settimanale «Famiglia Cristiana». Nonostante fossero morti 33 commilitoni e 105 fossero stati feriti, i superstiti si rifiutarono di eseguire la rappresaglia. Lo ha rivelato Albert Innerbichler, uno dei cinque reduci del battaglione ancora in vita. «La mattina dopo l'attentato, mentre ci stavamo vestendo, la guardia ci ordinò all'improvviso di metterci sull'attenti. Entrò un sottufficiale di cui non ricordo il nome - ha raccontato Innerbichler - che ci disse ancora una volta che avremmo avuto l'onore di vendicarci dei nostri camerati caduti, partecipando alle esecuzioni. Uno di noi parlò per tutti: disse che eravamo cattolici e che mai ci saremmo prestati ad uccidere civili innocenti. Il sottufficiale gridò "codardi" e se ne andò, furente». Heinrich Perathoner, chiamato a testimoniare al processo Priebke, conferma inoltre che i tedeschi avevano saputo in anticipo dell'attentato partigiano. L'ex ufficiale ritiene però che il no detto dai soldati del Bozen alla rappresaglia non possa essere usato come prova contro Priebke. «Lui ha detto al settimanale - era un ufficiale di Kappler: non so se si sarebbe potuto rifiutare a un ordine superiore». Ir. cri.]