I MILITANTI DELLA CRONACA di Sergio Romano

Riparte l'inchiesta contro il pm Vinci, accusato di aver insabbiato il processo sui fondi neri I MILITANTI DELLA CRONACA nazionalisti inglesi o americani: «Per il mio Paese, abbia torto o ragione». Guardatevi indietro e scoprirete quanto giornalismo, in questi ultimi anni, abbia giocato in campo, per una squadra o per l'altra. Vede e denuncia i falli dell'avversario, ma ignora quelli del proprio campo. Racconta le malefatte del nemico, ma passa sotto silenzio quelle dell'amico. La par condicio una delle peggiori norme mai adottate da una democrazia moderna in materia d'informazione - è la condanna che il giornalismo italiano si è tirato addosso con le sue scelte di campo. Qualche esempio? Commetterei molti peccati di omissione. La lista dei militanti, a destra e a sinistra, è molto pivi lunga di quella dei cronisti e degli osservatori. Credo che il giornalismo italiano abbia interesse a fare un esame di coscienza. E' illusorio pensare che l'Italia possa diventare un Paese normale, in cui la maggioranza e l'opposizione si alternano al governo del Paese, se i cronisti e i commentatori delle sue vicende non rinunciano a fare il tifo per una delle due squadre. La soluzione della crisi non dipende soltanto dalla riforma delle istituzioni e dalla stabilità dell'esecutivo. Dipende anche dal modo in cui il giornalismo, scritto o parlato, racconterà la storia politica di questa legislatura. Non ho titolo per proporre il «manuale del buon giornalista politico», ma avanzo due suggerimenti. Primo suggerimento. Occorre che ogni posizione sia riferita in modo da riscuotere l'approvazione del suo autore. Gli piaccia o no il giornalista, nel momento in cui descrive l'atteggiamento di un uomo politico e ne riporta le parole, deve fare uno sforzo per identificarsi con lui e lasciargli, all'interno dell'articolo, uno spazio di neutralità. Se vuole criticarlo potrà farlo in un'altra sede. Ma non deve schernirlo o presentarlo sotto una luce sfavorevole nel momento in cui ne raccoglie la testimonianza. E incidentalmente sarebbe ora di smetterla con le fotografie che ridicolizzano il nemico. Una volta erano la prerogativa di giornali come il Borghese di Tedeschi. Oggi sono merce corrente. Secondo suggerimento, soprattutto per i commentatori e gli analisti. Accade spesso che il criterio con cui viene giudicato l'avversario venga ignorato quando può applicarsi all'amico. E' quello che Paolo Mieli ha definito «doppiopesismo» ed è uno dei maggiori peccati commessi dalla stampa italiana in questi anni. Non è corretto denunciare il totalitarismo fascista e ignorare le malefatte del totalitarismo comunista. Non è corretto sostenere che gli avversari sono «comunisti» e arrabbiarsi quando i propri alleati vengono definiti «fascisti». Non è corretto agitare il problema del conflitto d'interessi senza ricordare contemporaneamente che l'Italia ò il Paese in cui gli industriali vanno al governo senza divorziare dalle loro imprese e i giudici fanno campagna elettorale nelle città in cui hanno esercitato le loro funzioni. Non ò corretto parlare di Gladio senza ricordare i legami del pei con le centrali operative del partito sovietico. Non è corretto ricordare che Umberto Bossi è stato condannato da un tribunale della Repubblica quando la Lega è cattiva, dimenticarlo quando la Lega può essere utile. Non è corretto dividere i magistrati in buoni e cattivi a seconda delle loro convinzioni politiche o dell'oggetto delle loro indagini. Non è corretto scavare nel passato dei nemici, seppellire quello degli amici. Non è corretto imputare il fallimento del governo Macca nico esclusivamente a Fini senza ricordare che i popolari erano altrettanto ostili al compromesso sulle riforme istituzionali. Ciascuno di noi può credere, se ne ò convinto, che il fascismo sia peggio del comunismo, che l'oscuro regista di Gladio sia peggio di Ugo Pecchioli, responsabile del pei per i problemi di sicurezza, che le azioni giudiziarie contro Silvio Berlusconi siano più gravi delle sentenze contro Carlo De Benedetti e che i voti cblla destra in Sicilia siano più mafiosi di quelli della sinistra. Ma un giornalista e un commentatore, se vogliono fare il loro mestiere con correttezza, dovrebbero ricordare che i lettori hanno il diritto di giudicare con la loro testa e che il Paese, oggi, ha soprattutto bisogno di nuove norme, politiche e morali, valide per tutti e in ogni circostanza. Non mi spingo sino a sperare in un giornalismo senza passioni. Mi limito ad auspicare un giornalismo la cui divisa sia almeno: «Per il mio Paese, purché abbia ragione». Sergio Romano

Persone citate: Carlo De Benedetti, Macca, Paolo Mieli, Silvio Berlusconi, Ugo Pecchioli, Umberto Bossi

Luoghi citati: Italia, Sicilia