Che fiaba, l'archeologia del cinema di Gianni Rondolino

Che fiaba, l'archeologia del cinema Si è conclusa al Museo nell'ambito del Magic Lantern Society Meeting la serie «Media Magica» Che fiaba, l'archeologia del cinema Storia fatta di lettere e brevetti Werner Nekes è un regista tedesco nato nel 1944 che da molti anni si dedica al cinema sperimentale e di ricerca con risultati di grande interesse (basti pensare al suo «Uliisses», da Joyce, realizzato quindici anni fa). Ma è anche un profondo conoscitore del cinema delle origini e del precinema, cui ha dedicato in questi ultimi anni non pochi sforzi, e i cui risultati maggiori sono la serie di film raggruppati sotto il titolo onnicomprensivo di «Media Magica». Una straordinaria ricostruzione di quella che comunemente è chiamata l'archeologia del cinema, dei tentativi secolari di creare immagini in movimento, di inventare strumenti adatti alla riproduzione e alla proiezione di immagini, di copiare la realtà nel suo mutevole manifestarsi. Si è appena conclusa a Torino, al Museo del Cinema, nell'ambito del Magic Lantern Society Meeting, la serie completa di «Media Magica», un'occasione eccellente per fare un viaggio nel mondo incantato e incantevole di quelle visioni semoventi che i nostri avi amavano come noi oggi amiamo il cinema e la televisione. Un mondo di sogno e di realtà, di fantasia e di poesia, ma anche e soprattutto di tecnica, attraverso la quale quelle immagini prendevano corpo e anima, si imprimevano negli occhi e nella memoria degli spettatori, facevano parte della loro cultura di base. E proprio di tecnica «precinematografica» tratta in maniera eccellente, affascinante, uno splendido volume edito dalla Giornate del Cinema Muto di Pordenone in collaborazione col Museo Nazionale de! Cinema e la Cinémathòque Franc.aise. 11 volume, curato da Laurent Mannoni, Donata Pesenti Compagnoni e David Robinson si intitola «Luce e movimento. Incunaboli dell'immagine animata» e comprende una serie di brevi saggi e schede che accompagnano i testi, riprodotti in facsimile, di documenti, lettere, brevetti, descrizioni, immagini, dal 1420 al 1896. Quattro secoli e mezzo di invenzioni, sperimentazioni, giochi, spettacoli, che sono confluiti, in certo senso, nel cinematografo. Ma sarebbe un errore, non soltanto storico, considerare questo materiale vario e variamente coinvolgente come una sorta di premessa allo spettacolo cinematografico. Esso vive per se stesso, per la genialità e la fantasia delle trovate, degli strumenti, dei risultati raggiunti. Vive perché ancor oggi può essere ripreso e riproposto (come nelle citate «Storie d'ombra»), perché appartiene tanto al passato quanto al presente. Ma soprattutto perché è il frutto di una serie infinita di sperimentazioni che non hanno seguito i medesimi percorsi né si proponevano le medesime finalità. Scienza e tecnica, gioco e fantasia, divertimento e didattica, pare si mescolino nel corso dei secoli secondo un tracciato del tutto casuale, con pochi agganci reciproci. E in questa mescolanza producono una grande quantità di possibilità, a volta a volta ludiche e scientifiche, curiose e seriose. Un mondo adulto e infantile al tempo stesso che in gran parte si è perduto proprio con l'avvento del cinema (e poi della televisione) e che queste giornate del Museo del Cinema hanno riproposto nella loro genuina realtà. Gianni Rondolino Un'immagine degli esperimenti agli albori dell'arte cinematografica

Persone citate: David Robinson, Donata Pesenti Compagnoni, Laurent Mannoni, Werner Nekes

Luoghi citati: Pordenone, Torino