Ma Troisi è ancora troppo vivo per commemorarlo con distacco

^RAIDU€ SWU' & TIVÙ' Ma Troisi è ancora troppo vivo per commemorarlo con distacco CHISSÀ' perché Lello Arena preferirebbe che non ci fossero ricordi televisivi di Massimo. Troisi. Dice che il modo migliore per ricordarlo è rivedere i suoi film, oppure le schegge dei programmi che il video manda periodicamente in onda. O, meglio ancora, nell'anniversario della morte, il 4 giugno, pensare a lui per un poco. Deve avere un'idea molto negativa della televisione, Lello Arena, deve pensare che il mezzo comunque contamina. Forse abituato al disincanto da «Striscia la notizia», pare non concepire che sia possibile rendere un omaggio, attraverso le immagini, a un grande personaggio scomparso. Il 7 giugno Raidue trasmetterà lo speciale di Gianni Mina «Il mondo di Troisi», che già in un'occasione fu bloccato da Arena, mentre adesso l'attore ha dato la liberatoria. E ieri sera si è visto, sempre su Raidue, un altro speciale, di Giancarlo Governi, ((Anche gli angeli volevano ridere». Curiosa coincidenza, caso mai, questi due programmi sulla stessa rete a distanza di pochi giorni l'uno dall'altro: gli anniversari sono sempre occasioni ghiotte per i media; e d'altronde è proprio vero che Troisi lo ricordano ancora tutti, con molta simpatia. Tutti quelli che l'hanno conosciuto e gli hanno voluto bene, tutto quel pubblico che gli ha voluto bene senza averlo conosciuto. Ma forse, guardando il bel programma di Governi, ricco, documentato e asciutto, ti balena nella testa come una piccola folgorazione, un possibile perché del roccioso dissenso di Arena: la scomparsa di Troisi è ancora troppo vicina perché si possa guardare a lui con occhio distaccato. Perché la sua figura, la sua personalità si possano analizzare lucidamente. Senza la commozione inevitabile per un uomo che se ne è andato a 40 anni, dopo essere riuscito, con pochi film, a esprimere la secolare incapacità di comunicare, di dimostrare qualità e.sentimenti. Per non commemorare ma studiare ci vorranno, forse e se saranno interessati, i posteri con le loro ardue sentenze. I suoi spettatori, tutti quei coetanei che hanno condiviso con lui, al di là della lingua, l'incertezza esistenziale, sono comunque lieti che la televisione lo ricordi, e che mostri, per lui, il suo volto serio. Che non vuole affatto dire serioso e noioso: «Anche gli angeli volevano ridere» non è un programma triste, nonostante racconti sostanzialmente il percorso di una vita che corre verso una morte inesorabile. E' un documentario di speranza. Drammatica è soprattutto l'ultima parte, il racconto della fidanzata Nathalie che lo accompagnò a Houston: doveva essere una visita di controllo, invece Troisi venne operato d'urgenza al cuore, ed ebbe un infarto durante l'intervento. Non si riprese più. Dell'attore si raccontano gli esordi a San Giorgio a Cremano, nel teatrino della parrocchia, le prime esperienze in televisione della Smorfia (con Arena e De Caro), i film, fino all'avventura del «Postino», che il regista Michael Radford girò a Salina. Accanto a lui c'era sempre una piccola équipe medica. Il film fu terminato, come sappiamo, e subito dopo, sipario. Alessandra Coma zzi

Luoghi citati: Houston, San Giorgio A Cremano