100 autori per il'900 senza Eco e Campanile

polemica. I critici della scuola romana «schedano» il secolo polemica. I critici della scuola romana «schedano» il secolo 100 autori per il '900 senza Eco e Campanile »W|UTTI i vincitori delle hit '[1 parade sgominati. Per il 1995 invece della Di Lascia c'è Doninelli, nel '94 la Ta= Imaro viene ignorata a beneficio di Siciliano, per il '93 invece di Covatta (mancherebbe altro in questo caso) o di Bermi, la Ortese: scelte meritevolmente non di mercato; tuttavia in alcuni casi molto «diverse». E non sono solo queste tre, sono 99: tante quanto un secolo nei Cento romanzi italiani ti 901 -1995), opera collettiva in larga misura della giovane «scuola» romana, in uscita da Fazi. Materia per una ennesima contesa letteraria? Saturazione a parte, l'impresa, oltre che allo scopo di «dichiarare una biblioteca del Novecento», come spiega il curatore Arnaldo Colasanti, sembra avviata a questo destino (tra l'altro esclusioni clamorose: Eco e, scandalo massimo, Campanile) sebbene gli autori si dicano lontanissimi dal voler ricominciare con il gioco della torre. Il fatto è che qui l'inevitabile «chi c'è» e «chi non c'è» si sarà tentati di ripeterlo addirittura due volte per individuare i salvati e i sommersi prima di tutto rispetto al panorama letterario italiano in generale e poi rispetto ai protagonisti dell'analogo libretto realizzato da Giovanni Raboni dieci anni fa come gadget di gran lusso culturale dell'Europeo e del quale, quella di oggi, avrebbe dovuto essere una riedizione aggiornata a cura di Raboni medesimo. In seguito Raboni si è lievemente «pentito» limitandosi ad una presentazione che sembra anche una presa di distanza, almeno parziale. La squadra, composta tra gli altri (i firmatari delle schede-saggio sono 27) da PerrelJa, Onofri, Trevi, Picca, Caltabellotta, la Anedda, Manica nonché La Porta, Vallora, Giovanardi, ha comunque scelto la via raboniana di segnalare, a eccezione di Gadda presente nel '57 con il Pasticciaccio e nel '63 con la Cognizione, un solo autore per ogni anno del '900, rappresentato da un'unica opera che non è necessariamente il suo capolavoro ma costituisce, secondo lo stile di ricerca del gruppo, una tappa vitale nel percorso della nostra narrativa, e una tessera nel mosaico di una sorta di storia d'Italia. Così come aveva fatto Raboni si comincia da Capuana con II marchese di Roccaverdina passando naturalmente, sia allora che oggi, per la Deledda e Pirandello, Svevo e la Aleramo, d'Annunzio e Palazzeschi, Tozzi e Borgese e, via via, Silone e Papini, Alvaro e Buzzati, Saba e Patti, Savinio e la Banti, Malaparte e Soldati, Moravia e la Morante, Pizzuto e Rea, Calvino e Pasolini, Fenoglio e Cassola ma anche Ottieri e Cordelli, Manganelli e Volponi, Pontiggia e Orengo, Tondelli e Tabucchi, ecc., cassando in entrambe le occasioni un romanziere definitivamente sfortu¬ nato come Guido Morselli. Dopodiché le due edizioni si divaricano. Dovendo «coprire» questi ultimi dieci anni, Colasanti e compagni sono stati costretti a sfoltire il paesaggio disegnato da Raboni sicché all'inarca una ventina dei presenti nell'86 sono scomparsi e tra i caduti figurano Dossi e Renato, Serra, Chiara e Garboli, la Cialente e Maratta, Zavattini e Del Buono, Gozzano forse giustificato, nonché Campanile: «Una mancanza grave ammette Colasanti - parzialmente perdonabile per la tangenzialità di Campanile rispetto al romanzo vero e proprio». Le nuove entrate si chiamano Consolo e Bufalino, Del Giudice e Lodoli, De Luca e Busi, la Maraini, Piersanti, Veronesi, la Ferrante. Niente Sanvitale, niente Loy, niente Baricco. In più tre nomi fortemente rivalutati negli ultimi anni: oltre alla Ortese, la Romano e Debenedetti. «Un bilancio sorprendentemente in attivo - secondo Raboni -. Chi è abituato a pensare che la narrativa italiana del '900 sia una specie di deserto nel quale si innalzano poche isolate cattedrali può trovare qui, se non proprio di che ricredersi, almeno di che spargere qualche dubbio sulla propria convinzione». Sarà comunque opportuno, avverte tuttavia Raboni, attenersi a una speciale prospettiva nel «valutare le indicazioni fornite nella parte conclusiva del libro. Per quanto concerne gli ultimi anni il gioco cambia natura, assumendo piuttosto le caratteristiche della scom- messa...». Ma scommessa sembra anche la diversa scelta dei titoli da «passare alla storia»: così rispetto all'86 i «giovani leoni» per Alvaro hanno sostituito Quasi una vita con Gente in Aspromonte, il Volponi di Memoriale con quello di Corporale, il Saba di Scorciatoie e raccontini con Ernesto, il Calvino delle Cosmicomiche con quello di Palomar, il Primo Levi del Sistema periodico con quello di Se questo è un uomo. Lasciando il resto alla curiosità dei lettori insinuiamo almeno un dubbio: che i nuovi critici siano più «classici» dei loro padri. O più prudenti. Mirella Appiotti ta a questo delusioni clamodalo massimo, gli autori si didal voler ricoo della torre. inevitabile «chi i sarà tentati di due volte per i e i sommersi to al panorama generale e poi isti dell'analoo da Giovanni come gadget di dell'Europeo e oggi, avrebbe riedizione agRaboni medesioni si è lievetandosi ad una sembra anche a, almeno parosta tra gli altri hede-saggio so Onofri, Trevi, , la Anedda, Porta, Vallora, unque scelto la nalare, a ecceente nel '57 con '63 con la Coutore per ogni presentato da re definitivamente sfortu¬ Loy, niente Baricco. In più tre nomi Giovanni Raboni. Sopra, Umberto Eco, tra gli esclusi dalla «biblioteca del Novecento»

Luoghi citati: Caltabellotta, Italia, Trevi