«Maledetti gli italiani appoggiano il tiranno» di Giuseppe Zaccaria

Gli sconfìtti urlano «Adesso il mondo sa che Berisha è come Saddam» «Maledetti gli italiani appoggiano il tiranno» sii * ^ : NEL CAOS DI TIRANA TIRANA DAL NOSTRO INVIATO «Kommunistet iken», i comunisti scappano. Il titolone che attraversa la prima pagina di «Albania», sventola dai finestrini delle auto, tappezza camion traboccanti di ragazzi eccitati, riaffiora ovunque con la stessa ossessività dei clacson che dall'altra notte intrecciano sinfonie con spari di celebrazione e gioiose raffiche di mitra. Che grande festa sarebbe, se ci fosse qualcosa da festeggiare. «Albania» è semplicemente uno dei tre quotidiani governativi di cui il governo ha permesso la pubblicazione, in quanto proprietario di tutte le rotative del Paese. E la presenza di molti pulmini blu - erano dei nostri carabinieri, adesso portano la scritta «Policia» -, di molte «Tipo» grigie - erano della Finanza, ora appartengono alle squadre speciali basta a spiegare come questo giorno difficilmente sarà iscritto nel grande libro della libertà. Nonostante il caos, le acclamazioni, i proclami di vittoria e le accuse che si rincorrono non è poi così arduo cogliere l'essenza della situazione. In una delle più assurde consultazioni di questi anni il presidente Sali Berisha ha vinto, la democrazia ha perduto e l'Occidente si scopre nella condizione di dover almeno pareggiare. Dopo quanto è accaduto in queste ore, parlare di «elezioni» sarebbe come definire purosangue un asinelio schipetaro. Soprattutto, diventa chiaro come il totale sostegno ad una democrazia non zoppa ma tetraplegica, possa provocare un peggioramento dei sintomi fin quasi alla crisi. Denunciando brogli, violenze, sopraffazioni i quattro partiti che si sono ritirati assieme con i nipotini di Enver Hoxha, segna-: no nella semidemocrazia albanese una frattura che sarà difficile sanare. Dall'altra parte, con un 92-95 per cento dei voti (mancano ancora i conteggi delle zone montane) il cosiddetto Partito Democratico di Berisha conquista un potere dall'assolutezza quasi grottesca. I calcoli non sono ancora completati: sapete com'è, questo è un Paese ricco di catene montuose. Se però le cose resteranno come sono l'opposizione, quella che non si è chiamata fuori, rispetto ai 115 seggi del Parlamento potrà contare su ben due rappresentanti, uno eletto a Saranda e l'altro nel villaggio di Delvina. L'arduo ruolo di bandiere della democrazia spetterà ai rappresentanti della minoranza greca. I socialisti, o ex comunisti, prima di ritirarsi avevano invece conquistato un seggio a Granshi: che grande occasione perduta. «Lei vuole sapere cosa accadrà adesso? Succederà che ad un regime fascista risponderemo come si risponde ad un regime fascista...». Ilir Meta, vicepresidente della sinistra nostalgica, grida per farsi sentire. Dalla bolgia delle strade alla bolgia della sede socialista il passo è stato breve, e tutto sommato minimo è anche lo scarto d'atmosfera. Fuori, i cosiddetti democratici festeggiano con aria minacciosa, qui dentro i cosiddetti comunisti minacciano fingendo di festeggiare. Festeggiare cosa, poi? «La fine del grande inganno, la grande truffa della democrazia: adesso tutto il mondo sa che Berisha è come Saddam Hussein, nessuno può far finta di non capire. Soprattutto voi, italiani di merda...». Il gentiluomo che sta così cortesemente argomentando dice di chiamarsi Diel Qenimadh. Chissà sé è vero. Verissima, anzi palpabile è piuttosto l'ira delle centinaia di persone che lo circondano e adesso circondano urlanti anche l'incauto rappresentante delle democrazie occidentali. Stanno gridando «Poshte-poshte-diktatura», gli autosconfitti, «Poshte-Berisha-Pinochet». «Poshte» significa «abbasso», ma intanto anche i pugni chiusi si stanno abbassando verso il visitatore. Negli ultimi anni è accaduto che l'immagine di Mamma Italia, buona, solerte, pronta a tendere una mano, abbia finito con l'appiattirsi su quella del Presidente, o quanto meno col subirne la preponderanza. Insomma, oggi e qui dentro quella di italiano non è la condizione migliore. Una sorta di servizio d'ordine interviene a fare da argine, varcata la folla si può raggiungere una porta a vetri e cercare qualche contatto meno provvisorio. «Guardi qua: queste sono le foto dei nostri militanti, guardi cosa gli hanno fatto...», Ermelinda Meksi, un'insegnante bionda che è stata deputata, sciorina sul tavolo un campionario di Polaroid. Le foto mostrano ragazzi sanguinanti, uomini seminudi che esibiscono lividure. «Dappertutto i militanti socialisti sono stati minacciati, picchiati dalla polizia, arrestati. Io da giorni ricevo insulti per telefono, non ho più notizie dei tre compagni che mi facevano da scorta». Aita Dade, un'altra ex candidata, mostra un lungo elenco di brogli. «Nel mio collegio - continua alcuni seggi hanno chiuso alle 11 del mattino anziché alle 10 di sera, e a mezzogiorno già proclamavano la vittoria di Berisha. In altri, sono arrivate urne che nel momento di cominciare le votazioni contenevano già tre o quat- trocento schede. Nelle campagne hanno installato seggi in case private, dappertutto c'erano poliziotti armati. Una farsa. Per questo, domenica pomeriggio abbiamo deciso di ritirarci in blocco». Domenica, quanto meno, lo avete fatto sapere: poiché sul vostro giornale, signora, una sorta di anticipazione era apparsa già sabato mattina. Sbaglio, o «Zeri Populit» ha dedicato ai brogli elettorali l'intera pagina preventiva? «Sapevamo tutti come sarebbe andata a finire, e adesso lo sapete anche voi». Il vicepresidente Meta interviene per smussare qualche angolo: «Certo, noi proveremo ancora ad opporci a questo regime con strumenti democratici, ma il tentativo varrà nulla. Intanto abbiamo deciso di chiamare in piazza i nostri militanti. Occorre l'autorizzazione di polizia? Noi manifesteremo anche senza». La protesta è organizzata per oggi, a mezzogiorno, nel centro di Tirana. Se davvero l'opposizione riuscirà a riunire qualche migliaia di persone, potrebbe accadere di tutto. Gli osservatori internazionali annaspano, divisi fra chi denuncia truffe grottesche e quanti invece pensano che lo sviluppo della democrazia albanese possa prevedere anche qualche esercizio di cinismo. Ieri, subito dopo i primi «risultati» (in qualche villaggio, Berisha ha raggiunto il 100 per cento), nello stesso albergo si sono tenute prima una conferenza stampa dei «monitors», poi una del presidente vittorioso. «Certo, le irregolarità ci sono state, moltissime norme sono state disattese, ma complessivamente...». In attesa di trovare un accordo, gli osservatori dell'Ocse navigano a vista. Altri, come Fabio Evangelisti del pds, propongono per conto della sinistra europea di ripetere le elezioni fra sei mesi sotto il controllo internazionale. Nel frattempo, due piani più sotto, Sali Berisha celebrava il suo trionfo. E' stato curioso notare una certa somiglianza con Radovan Karadzic. Imbarazzante sentirlo esordire con un «(Anzitutto, grazie al mio grande amico, il presidente Scalfaro...». Giuseppe Zaccaria Gli sconfìtti urlano «Adesso il mondo sa che Berisha è come Saddam» Una ex deputata «Guardi, ecco le foto dei nostri militanti torturati»

Luoghi citati: Albania, Mamma Italia, Tirana