Una marcia trionfale sulla «Zil» di Gromyko di Anna Zafesova

Una marcia trionfale sulla «Zil» di Gromyko Una marcia trionfale sulla «Zil» di Gromyko UN BANDITO SUGLI ALLORI s MOSCA I è deciso a venire nella tana dell'«impero di Satana», come la chiama, e ci è arrivato come un trionfatore. Per proteggere - non si sa poi bene da chi - Zelimkhan Jandarbiev, il nuovo leader degli indipendentisti, ieri a Mosca sono scattate misure di sicurezza degne del capo di una grande potenza. Cecchini sui tetti e nel bosco attorno all'aeroporto, agenti e pattuglie mascherate da autoambulanze e camion del pane lungo tutto il percorso del corteo. E per la notte, una residenza blindata: il cosiddetto «Abc», un cubo di mattoni circondato da un alto muro, alla periferia di Mosca, la più moderna residenza dell'ex Kgb. Qui nell'agosto '91 i golpisti avevano tramato contro Gorbaciov. Ma tutta questa mobilitazione, che non viene riservata a molti capi di Stato in visita a Mosca, avrebbe potuto essere anche una trappola. Quali garanzie ha avuto Jandarbiev per venire nella tana del nemico ed essere sicuro di uscirne? Qualcosa di molto convincente sicuramente, perché la sola parola di Boris Eltsin non basta. Ai ceceni il presidente russo aveva già fatto diversi giuramenti che però sono stati sempre violati, o da lui o dai suoi «falchi». L'argomento della sicurezza di Jandarbiev e dei suoi uomini è stato forse il punto principale delle trattative che hanno preceduto l'incontro di ieri. Della sua incolumità ha garantito la missione della Osce a Grozny, il capo della quale, Tim Guldimann, ha ieri accompagnato il leader ceceno dal suo nascondiglio in Cecenia fino al Cremlino, come uno scudo umano. E a Mosca a proteggere la vita dei ceceni è stato chiamato il «Guo», la guardia del Presidente, il servizio segreto russo più temibile e, secondo alcuni, perfino più potente del vecchio Kgb. A proteggere l'erede del generale Dudaev sarebbero stati gli stessi uomini che vegliano su Boris Eltsin. Era sufficiente per fidarsi? Jandarbiev ha deciso di no e si è portato dietro dieci guardie del corpo, armate come Rambo in missione speciale: bombe a mano, coltelli, pistole e l'immancabile kalashnikov ormai diventato parte del co¬ stume nazionale. Cinque di loro lo avrebbero seguito fino alle sale dorate del Cremlino, a patto di consegnare le armi. Ma a proteggere Jandarbiev, anche durante i negoziati con Eltsin, ci sarebbero stati i membri della sua delegazione. Il leader ceceno, conscio del fatto che ieri era lui a dettare le condizioni, ha fatto sedere di fronte a Boris Eltsin, oltre ai suoi consiglieri, anche i più importanti comandanti ceceni. C'era Akhmed Zakaev, capo del «fronte Sud Ovest» della guerriglia, e Shirvani Bassaev, fratello del leggendario Shamil, il terrorista che un anno fa prese in ostaggio un ospedale per costringere Mosca a entrare in trattative. Entrambi sono ricercati dalla polizia russa. E ieri si sapeva anche dove cercarli: al Cremlino. Ma se Jandarbiev si è fidato almeno in parte della parola di Eltsin, non si è fidato affatto di quella dei militari russi. Ieri mattina si è rifiutato assolutamente di salire sull'elicottero militare che lo doveva portare nella vicina Inguscezia, dove lo aspettava un aereo mandato da Eltsin. Invece ha preferito attraversare mezza Cecenia in auto. Non un'auto qualunque, ma una vecchissima chilometrica «Zil» nera, appartenuta al mitico ministro degli Esteri della guerra fredda Gromyko. Un veicolo tutt'altro che adatto alle strade di montagna. Ma non c'è stato nulla da fare. E' stata una marcia di alcune ore, interrotta da posti di blocco russi che hanno più volte fermato il corteo. Forse Jandarbiev non aveva torto a sospettare che i militari gli avrebbero messo i bastoni tra le ruote. Ma l'obiettivo di questa traversata era anche e soprattutto propagandistico. Nei villaggi il corteo è stato costretto a procedere a passo d'uomo, facendosi strada tra la folla che acclamava il suo leader. Quando, con un ritardo di quattro ore, la Zil, sporca di fango, è entrata nell'aeroporto, scortata da jeep con santini di Dudaev sul parabrezza e kalashnikov che spuntavano dai finestrini, a Mosca si cominciava a temere che le trattative sarebbero saltate. Ma Jandarbiev non si è nemmeno scusato: sapeva che al Cremlino erano disposti ad aspettarlo. Anna Zafesova

Luoghi citati: Cecenia, Grozny, Mosca