Noi, il partito del Golan

Noi, il partito del Colon Noi, il partito del Colon Né destra né sinistra, la via dei coloni TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO Ecco come i sogni precipitano dalle rocce di basalto e dalle vigne del Golan dentro il traffico metropolitano di Tel Aviv, nella confusione elettorale. Ha sede in un appartamento del centro, poche stanzette al quarto piano, il partito che scende dalle alture del Golan e che più di ogni altro incarna la fine del mito della vecchia Israele militante, socialista a dispetto del mondo. In via Kaplan numero 8, nella «Casa del contadino» di proprietà del movimento dei kibbutz, si trova il Partito della Terza Via «Derech Ha Shlishi». Si consuma qui il mito del pioniere che fonda il kibbutz da una parte in onore della sua ideologia, e dall'altra per essere un soldato sempre pronto alla difesa del suo Paese. La terza via, che oggi è alla ricerca di un pugno di voti, non indica per primo ministro né Shimon Peres né Netanyahu. Fondata nell'anniversario della guerra dei sei giorni, il 6 giugno 1994, è fatta di un tipo antropologico che solo Israele conosce, un socialista nazionalista non solo di nome ma di scelte: vita comunitaria povera sul confine, ricca di valori, bambini, natura. Fucile in spalla, guardia notturna, ma nessuna simpatia per chi vuole opprimere i pale¬ stinesi. In una parola, i protagonisti di questa battaglia, che non è né di destra né di sinistra come loro seguitano a ripetere incessantemente ma che è tutta e solo per il Golan e per una pace meno spericolata. , In questo partito i grandi leaders sono due e tutt'e due personaggi solari, ex iscritti all'Avoda, il partito di Peres, ambedue con volti zeppi di significati. Si chiamano Avigdor Kahalani e Yeuda Harel. Un eroe militare e un eroe del lavoro. Kahalani è compatto, abbronzato, cinquantenne, con gli occhi color nocciola degli ebrei orientali. Quando, dopo la guerra dei sei giorni, lo scrittore Shabtai Tevet scrisse un libro sul valore silenzioso ed estremo dei carristi: «Nudi sulla torretta», il protagonista era proprio Kahalani, il giovane comandante yemenita che sfidò la morte (una morte orribile per ustioni dentro il suo carro armato; infatti rimase in fin di vita per mesi e mesi all'ospedale) pur di condurre i suoi uomini valorosamente contro il nemico siriano, e di tentare di estrarli dalla mischia uno per uno. Dopo tanto sangue, Rabin giurò che mai il governo avrebbe ceduto il Golan: «Chiunque abbandonerà il Golan - racconta Kahalani - diceva Rabin prima delle elezioni del '92, abbandonerà la sicurezza stessa di Israele. Poi cambiò idea, ma io invece ne sono ancora oggi convinto». Allora Kahalani era deputato socialista alla Knesset; e aveva rappresentato le forze progressiste nella corsa per la carica di sindaco di Tel Aviv. Rabin aveva parlato in piazza per spingere la sua candidatura, ma senza fortuna. Strapparsi dal partito laborista è stato davvero difficile per Kahalani, come per quasi tutti i protagonisti della Terza Via. Yehuda Harel sembra disegnato da un regista cinemato¬ grafico per significare il settler kibbutznik nel 1967. Da trent'anni vive nel kibbutz Merom di cui è fondatore; ormai è arrivato a tre generazioni nella sua famiglia: anche i suoi nipotini vivono là. Ha i capelli fitti e bianchi, e una di quelle reti di rughe a raggiera intorno agli occhi azzurri che sembrano sottolineare la dedizione all'ideale. E' anche un grande innovatore del movimento comunitario, in cui crede con tutto se stesso nonostante la crisi economica e ideale dei kibbutz. «No - dice con un sorriso lento e tranquillo - io non potrei mai votare per Netanyahu, perché non gli credo quando dice che vuole la pace, non credo che abbia nessuna remora morale nel dominare una popolazione che non lo vuole. Bibi vorrebbe tornare a Nablus; ed è anche contro la separazione netta tra i due popoli. Io invece sono per controllare soltanto le zone dove non si opprime la popolazione, oppure dove è davvero indispensabile per la sicurezza». E allora, perché non sceglie Peres per primo ministro? «Perché è un grande sognatore, forse sarebbe stato un ottimo scrittore, ed è un delizioso utopista. Ma il realismo non è il suo forte, e quindi nemmeno la sicurezza. Soprattutto quando si fida di Assad, o anche di Arafat. Io no, non mi fido. Mi fido solo di noi stessi senza per questo diventare aggressivo». Kahalani, Harel e i loro uomini sperano molto nei giovani che votano per la prima vol¬ ta; Harel dice che nelle scuole e nell'esercito la Terza Via potrebbe arrivare al 6 e forse perfino all'8 per cento. Ma i pronostici non sono più così favorevoli. La corsa al centro dei due grandi leader, Netanyahu con il suo ripetere «Pace, pace» e Peres col suo dire ancora e ancora «Sicurezza, sicurezza», ha mangiato spazio al sogno di Harel di restare per tutta la vita nel suo kibbutz, nel silenzio della natura. Fiamma Nirenstein Socialisti ma anche nazionalisti difendono i loro kibbutz PERES [LABORISTI] 48% NETANYAHU [LIKUD] 37% INDECISI 12% Un gruppo di soldati davanti a un negozio a Gerusalemme. Le misure di sicurezza si sono intensificate per il voto Il primo ministro Shimon Peres all'uscita dagli studi televisivi di Tel Aviv dove ha appena avuto il confronto con Netanyahu

Luoghi citati: Gerusalemme, Israele, Nablus, Tel Aviv