Visco difende le pensioni «La legge non si cambia»

Visio difende le pensioni «Lo leone non si cambio» LE STRATEGIE DEL MINISTRO Visio difende le pensioni «Lo leone non si cambio» ROMA A sì, certo che hanno ragione a lamentarsi. Le inefficienze del sistema tributario e una certa tendenza all'oppressione dei contribuenti sono problemi reali, ai quali questo governo si impegna a dare risposte reali. Ma da questo a giustificare tutto, le ronde anti-Fisco, o le minacce di rivolta di massa, ce ne corre...». Parola di Dracula. Chi è Dracula? Come chi è? Non vi ricordate forse l'acidissima battutaccia che Giulio Tremonti fece su di lui, quando, già sconfitto alle elezioni, disse che «mettere Visco a fare il ministro delle Finanze è come fare Dracula presidente dell'Avis». Ma aveva torto, lo sfortunato e pirotecnico Giulietto, ex ministro dell'ex governo del Polo. Perché Visco - adesso che sulla poltrona che fu di Ezio Vanoni ci si è seduto sul serio, dopo anni e anni di attesa e un tentativo mancato all'atto di nascita del governo Ciampi - a tutto somiglia fuorché al sanguinario conte romeno. E pur avendo il «marchio di fabbrica» del vecchio pei, un tempo anticapitalista e statalista, non pare al momento nutrire un solo proposito «vampiresco» verso i ricchi padroncini del prosperoso Nord-Est. «Lasciamo perdere queste polemiche, è meglio», dice allora il neo-ministro, appena rientrato da una passeggiata romana con il figlio più piccolo. E tuttavia, se anche si lasciano da parte le vecchie, incancellabili ruggini tra ministri di ieri e di oggi, le grane da risolvere restano tutte. Quella del Nord-Est che si vuole staccare dal resto d'Italia, e che torna a brandire la minaccia della rivolta fiscale, è per un ministro delle Finanze sicuramente la più rognosa. E tuttavia, sul punto, Visco non si lascia travolgere dalle reazioni emotive, non fa promesse facili né minacce reboanti ma sterili. «Vede - dice - a volte ho l'impressione che certi attacchi all'unità d'Italia, nati da vicende fiscali, siano forse un po' amplificati dai giornali». E non ha paura, il neo-ministro, di incappare nell'errore che tanti, in questi mesi, invece hanno commesso: quello di sottovalutare, sminuire, annacquare. Distinguere è invece il verbo che in questo caso Visco si sente di privilegiare. Perché, come ripete, «c'è un malessere giusto, un'insofferenza sacrosanta da parte dei contribuenti, e aggiungerei a questo punto di tutti i contribuenti, non solo di quelli del Nord-Est, verso le inefficienze del sistema, verso certe forme di persecuzione fiscale. Che esistono, e non da oggi, non si può negarlo. Ma che vamio eliminate». Perché solo così si disinnesca la mina leghista: con il federalismo, certo, ma poi anche con un Fisco giusto, con una pubblica amministrazione efficiente. Ed hanno un bel parlare, sociologi e scrittori di quel triangolo d'oro che è lassù, nell'ex bianchissimo Veneto dei Bisaglia, dei Fracanzani, di un passaggio dal «voto di protesta» a un «voto d'identità», da parte dei neo-elettori leghisti di quella zona: Visco non ci crede. E' più incline a pensare che si tratti ancora di un voto di protesta, una protesta che in molti casi, se composta e democratica, è comprensibile, è giustificata. E sarà pure così. Ma come la vogliamo definire quella forma forse un po' troppo «sediziosa» di protesta di quei trenta imprenditori di Conegliano Veneto, che hanno impedito alla Finanza di fargli un controllo, sdraiandosi intorno alla macchina delle Fiamme Gialle per non farla tornare in caserma? Quella è giustificata o no? Difficile rispondere, benché da questa originale trovata degli industriali del «Life» un po' tutti, anche lassù nel Nord-Est, hanno preso le distanze. E nemmeno il ministro delle Finanze si sbilancia: ha chiesto invece alla Guardia di Finanza di fare un rapporto per capire come sono andate effettivamente le cose, e per capire se per quegli imprenditori c'è effettivamente un problema di imposte, o se invece protestano contro le ispezioni dell'Inps o dell'Inail. Detto questo, lascia intendere il ininistro, ci sono altri casi nei quali ai contribuenti non si può proprio dar torto. L'ultimo è di venerdì scorso: il caso dei modelli 740 di quel centinaio di contribuenti brianzoli, ai quali l'Amministrazione finanziaria ha inviato una cartella esattoriale per il mancato versamento delle imposte del '90, mentre, a quanto.pare, si sarebbe trattato solo di omessa indicazione della data di pagamento del tributo. «Ebbene - osserva Visco - queste cose non devono succedere, e per questo l'altro ieri, dopo la denuncia del caso da parte di quei contribuenti, ho fatto un comunicato per dire che, se c'è stato un errore da parte degli uffici del Fisco, faremo senz'altro retromarcia». Ma se da parte deU'Amministrazione finanziaria c'è pure il tentativo di fare sempre più spes so un «mea culpa», è chiaro che, nella partita del «Fisco nell'era del Centro-Sinistra» ognuno deve fare la sua parte. Perché, secondo Visco, è legittimo dire basta all'oppressione fiscale, ma questo non deve comunque diventare un alibi per chi è evasore, e le tasse non le vuole pagare comunque. E allora, per turare le fila del Viscopensiero: bisogna esser convinti della necessità etica di pagaie le tasse, come insegnava proprio Vanoni, prima ancora di chiedere una pur necessaria riforma del sistema fiscale. Riforma sulla quale per altro, come rimarca con fermezza il neo-ministro, si è impegnato formalmente lo stesso Prodi, con il suo intervento di giovedì scorso al Senato. Tutto vero. E però, si potrebbe obiettare, siamo sempre alle solite: solenni e in buona fede quanto si vuole, ma siamo pur sempre alle parole. Ora servono i fatti. E su questo, non c'è in giro grande ottimismo. Prendiamo per esempio i reiterati anatemi del sindaco di Venezia Cacciari, pidiessino come Visco, che critica la Sinistra di aver snobbato il problema del federalismo, il rapporto con i lavoratori autonomi. «Se il governo non fa qualcosa entro i primi cento giorni - avvertiva ancora l'altro ieri Cacciari - la secessione diventa un rischio serio». Ha ragione, questo lucido «maitre-à-penser» della Sinistra? Visco è perplesso: «Noi - obietta - non abbiamo sottovalutato proprio niente. Sulla riforma federalista siamo pronti, e non da oggi. Si vada a rivedere la proposta di legge del pds presentata nel 1995. Lì c'è già tutto». Bene. Ora, però, resta da capire se effettivamente sia possibile far qualcosa di concreto nei primi 100 giorni, fatidici per ogni nuovo governo. Il neo-ministro pare possibilista. Vedremo. Nel frattempo, tanto per rendere più complicato il quadro generale, il nuovo governo sarà costretto a chiedere altri sacrifici ai contribuenti, con la prossima manovrina e, poi, con la Finanziaria. Prodi, al Senato, è stato chiaro: pressione fiscale ferma per tre anni, ma bisogna compensare il venir meno delle una tantum. Un atto di correttezza verso gli italiani, lo considera Visco. Ma che in soldoni significa nuovi inasprimenti fiscali, già a partire dalla prossima manovrina di aggiustamento da 15/20 mila miliardi. Sulla quale, per altro, il ministro delle Finanze non scopre le carte, se non per confermare che non ci sarà riapertura dei termini del contenzioso. Dove invece scopre le carte, e sono carte pesanti, è sulla necessità di rimetter mano alla riforma delle pensioni, gridata con forza dalla Confindustria. «Chi strepita sulle pensioni è solo un irresponsabile - dichiara stavolta il ministro - perché quella riforma nasce da un patto tra lo Stato e i cittadini, che hanno accettato qualche sacrificio e in virtù di quel patto hanno prolungato la propria vita lavorativa. Ora, riagitare lo spettro di una modifica di quel patto può solo spingere la gente a riaprire l'esodo verso la pensione, e quindi può causare solo aumenti alla spesa previdenziale. Queste sortite, adesso, creano solo danni, gli italiani hanno bisogno di ritrovare serenità e fiducia, in se stessi e nello Stato». Dovranno averne anche in lui, neo-ministro di tasse e gabelle, e nei suoi propositi di riforma? C'è da sperarlo. Intanto, agli italiani del Nord e del Sud, basti sapere che Vincenzo non è Dracula. «Agli italiani serve fiducia Strepitare sulla previdenza è da irresponsabili» A sinistra: Giulio Tremonti che fu responsabile delle Finanze nel governo Berlusconi

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