La bimba uccisa commosse il boss

La bimba uccisa commosse il boss Svelò i particolari sull'attentato di via dei Georgofili in cui morì la neonata La bimba uccisa commosse il boss Concerni si pentì davanti a una foto della piccola FIRENZE. «Di fronte ai bambini ci si deve inginocchiare», aveva detto il mafioso Salvatore Cancemi. E di fronte alle foto della piccola Nadia, uccisa nell'attentato di via dei Georgofili a Firenze tre anni fa, forse idealmente il boss mafioso si è davvero inginocchiato, e ha fornito agli inquirenti importanti particolari sull'organizzazione di Cosa nostra. A mettere quelle foto sul tavolo davanti al collaboratore di giustizia fu, l'8 marzo del 1994, il procuratore di Firenze Pier Luigi Vigna. Prima le. immagini della piccola Caterina (6 mesi, forse la più giovane vittima della mafia) sorridente con i genitori, poi quella del vigile del fuoco che corre con in braccio un corpo insanguinato che nessun medico riuscirà a strappare alla morte. Un espediente psicologico, che solo oggi è emerso dagli atti dell'inchiesta, e che il magistrato fiorentino decise di giocare proprio nel primo interrogatorio del superpentito, d'accordo con l'allora pm di Caltanissetta Ilda Boccassini e con il sostituto della superprocura Pietro Grasso che, con lui, indagavano sugli attentati di Roma, Firenze e Milano. Vigna si era ricordato di quella frase sui bambini che Cancemi aveva pronunciato per condannare apertamente il piano di Totò Rima di far uccidere i figli dei pentiti, come rappresaglia per l'aiuto che stavano dando alla giustizia. E in effetti la foto di Caterina Nencioni morente tra le braccia del vigile del fuoco fu, all'indomani della strage di via dei Georgofili, una di quelle immagini-simbolo della ferocia con cui gli attentatori avevano colpito. L'innocenza di una bambina che aveva appena cominciato a vivere, spazzata via dalla violenza bestiale e cieca dell'organizzazione criminale. Un'immagine che toccò profondamente la coscienza di Firenze e di tutta l'Italia e che, forse, alla luce di que- st'ultima rivelazione, dette anche la spinta decisiva al super pentito Cancemi, boss mafioso ma con una sua morale, per ulteriori rivelazioni. Alle 1,40 del 27 maggio del '93, nella devastante esplosione di via dei Georgofili, insieme a Caterina Nencioni persero la vita suo padre Fabrizio, la mamma Angela, la sorella Nadia e uno studente universitario di Sarzana: Dario Capolicchio. Oggi di quell'attentato, che stroncò cinque vite e danneggiò in modo gravissimo la Galleria degli Uffizi, si sa quasi tutto: a tre anni di distanza il paziente lavoro degli inquirenti ha ricostruito meticolosamente il mosaico dell'orrore. Il prossimo 12 maggio 36 imputati compariranno davanti al giudice per le udienze preliminari per rispondere delle autobombe con cui Cosa nostra colpì a Roma, Firenze e Milano. Gli ideatori di quella improvvisa e violenta offensiva stragi¬ sta, secondo i magistrati inquirenti, furono Leoluca Bagarella e Giovanni Brusca. E furono sempre i due potenti capi mafia a studiare il piano e a reclutare gli esecutori: Cosimo Lo Nigro, Francesco Giuliano, Gaspare Spatuzza, Giuseppe Barranca. Quattro spietati killer disposti a non inginocchiarsi davanti a nessuno. Neanche ad una bambina. Francesco Matteini Guardando l'immagine del vigile che correva con un fagotto in mano disse: davanti ai bimbi ci si deve inginocchiare Un'immagine di via dei Georgofili, a Firenze, dopo l'esplosione del '93: un vigile del fuoco corre con un fagotto in mano, è la piccola Caterina. Morirà poco dopo: aveva sei mesi