E la destra scoprì la pace

In auto al Cairo per sfidare l'Occidente e l'Onu SCRITTORE E COLOMBA E la destra scoprì la pace Yeboshua: questa campagna soft GERUSALEMME I N Israele, la campagna eletm torale sta per giungere alla sua fase finale; come avevano previsto gli osservatori politici più sensibili, si è trattato di una campagna elettorale tranquilla, tutto sommato. E' vero che gli ultimi dieci giorni sono quelli più caldi, ma siccome l'inizio si è svolto relativamente senza scosse, non ci sono grosse probabilità che la fine riservi delle sorprese. La propaganda elettorale radiofonica e televisiva ripete gli stessi motivi, e i cittadini, ormai abituati all'idea che l'aspetto saliente di queste elezioni sia la scelta tra due candidati all'incarico di primo ministro - scelta che avverrà contemporaneamente alla votazione per il Parlamento - sono diventati pressoché indifferenti ai messaggi ideologici e politici; ormai, non si pensa più a una lotta decisiva per il futuro della nazione, bensì a una competizione di tipo sportivo. II tono relativamente tranquillo di questa campagna ha diverse cause. La prima riguarda l'episodio assolutamente centrale che è stato l'omicidio di Rabin. Da allora, è come se fosse suonato un campanello d'allarme per la coscienza collettiva israeliana, e chi predicava o praticava l'estremismo specialmente in ambienti di destra o nazional-religiosi - si è trovato spinto ai margini. Non è ancora estinto il ricordo della violenta atmosfera elettorale del 1981, quando militanti del Likud impedirono con. la forza alcune riunioni dei laboristi alle quali partecipava Shimon Peres. A sinistra sono ancora in molti a pensare che la società israeliana sia tornata troppo rapidamente alla normalità dopo quel terribile trauma, e che i gruppi di destra e religiosi che hanno fomentato la violenza poi esplosa non abbiano ancora svolto la necessaria riflessione autocritica sulla vicenda. Chi si aspettava un terremoto morale in Israele, è rimasto sicuramente deluso. Ma chi pensava che l'omicidio del primo ministro avrebbe imposto un autocontrollo a coloro che si abbandonano a pericolosi eccessi verbali ha avuto ragione. L'aggressività e la volgarità politiche e ideologiche della destra si sono notevolmente ammorbidite, e non si può negare che dopo i terribili attentati del mese di febbraio non si sono viste manifestazioni di protesta contro il governo. Il leader dell'opposi- zione, Binyamin Netanyahu, ha ricevuto delle lodi per le espressioni particolarmente controllate usate in quelle circostanze. La seconda causa della tranquillità di questa campagna elettorale è da cercarsi nella sensazione generalmente diffusa che le differenze ideologiche tra i due schieramenti si siano attenuate soprattutto negli ultimi due anni. E questo non è dovuto a uno spostamento verso il centro dei contendenti, bensì a una evidente trasformazione in senso moderato e pacifista della destra. La maggior parte dei membri del Likud ha ormai accettato l'idea di una separazione tra i popoli palestinese e israeliano, e si dimostra pronta a riconoscere la dirigenza palestinese eletta democraticamente dal proprio popolo. La formula chiave della propaganda elettorale della destra è «Pace sicura». E' un grande progresso per un partito che fino a qui vedeva la parola «pace» come la copertura ad ogni tipo di cedimenti e concessioni. E poi, sia le dichiarazioni solenni dei rappresentanti del Likud riguardo alla loro fedeltà, nei limiti del possibile, agli accordi di Oslo, sia il linguaggio da falchi dei dirigenti laboristi riguardo airirrinunciabilità a Gerusalemme come città unita, alla permanenza degli insediamenti e soprattutto all'impegno sull'utilizzazione del referen¬ dum per ratificare gli accordi di pace, ha ridotto di molto il divario tra i due partiti. La posta in gioco sembra essere legata molto di più a valutazioni di Realpolitik che non a questioni di principio. La terza causa è certamente la grande novità di queste elezioni, nelle quali alla votazione per il Parlamento secondo il classico sistema proporzionale si affiancheranno quella per la nomina diretta del primo mini¬ stro. Secondo la nuova legge elettorale, il primo ministro eletto in base ad una maggioranza assoluta (dunque superiore al 50% degli elettori) sarà il solo in grado di formare un governo, ed ogni tentativo di far cadere il governo condurrà automaticamente a nuove elezioni. Questo cambiamento di importanza decisiva ha già come conseguenza che i piccoli partiti della destra religiosa stanno valutando la possibilità di associarsi ad una coalizione guidata da Peres, se questi sarà eletto. In vista di questa eventualità, stanno molto attenti a non enfatizzare il divario tra loro e i laboristi, o la sinistra in generale. Nonostante che gli elettori di questi partiti abbiano ricevuto istruzione di votare per il candidato di destra, il tono del conflitto si è comunque abbassato, e di conseguenza anche il Likud si è ben guardato dal lasciarsi trascinare in polemiche verbali troppo accese. Mancano ormai pochi giorni alle elezioni. La grande preoccupazione è che Hamas, o la Jihad islamica, o magari gli Hezbollah manovrati dall'Iran vi partecipino anch'essi, a modo loro. Uno o più attentati, particolarmente clamorosi, potrebbero spostare a destra le intenzioni di voto di molti israeliani. Ma la cosa straordinaria è che proprio questa attesa può produrre un effetto opposto a quello sperato dai nemici del processo di pace. E così, anche questa insidia sembra essere scongiurata. In ogni caso, il mio auspicio è che Shimon Peres sia confermato nel suo ruolo di primo ministro: lo merita per la sua esperienza e per la sua intelligenza. E' a lui che spetta di portare a termine l'intervento delicato iniziato dal suo compagno di strada Rabin: si tratterà di giungere a una separazione di due popoli che precluderà a una loro indipendenza e sicurezza. Ciò potrà condurre a una pace globale in cui sia coinvolta la Siria: e allora, finalmente, Israele potrà dedicarsi ai delicati problemi di natura mondiale che cominciano ad affacciarsi in questa fine di millennio. A. B.Yehoshua La novità è la scelta diretta del premier E ogni tentativo di far cadere il governo porterà a elezioni Il Likud ha accettato la separazione tra i due popoli Il suo slogan è «Una pace sicura» Shimon Peres: persino la destra religiosa evita di enfatizzare il dissenso con i laboristi Netanyahu: ha ricevuto lodi per le espressioni particolarmente controllate dopo gli attentati

Persone citate: Netanyahu, Peres, Rabin, Shimon Peres, Yehoshua

Luoghi citati: Gerusalemme, Iran, Israele, Oslo, Siria