Scalfaro: le riforme in tre anni
Il capo dello Stato (che festeggia il quarto anniversario dell'elezione) insiste per il dialogo Polo-Ulivo Il capo dello Stato (che festeggia il quarto anniversario dell'elezione) insiste per il dialogo Polo-Ulivo Scollare: le riforme in tre anni Mancino: faremo la Repubblica delle autonomie ROMA. Scalfaro dà il via: il tempo delle grandi riforme istituzionale è giunto, bisogna procedere presto e di comune accordo tra maggioranza e opposizione. La sintonia tra il capo dello Stato e le maggiori cariche istituzionali è massima: il presidente del Senato Nicola Mancino apre al federalismo - prima e più urgente delle riforme auspicate da Scalfaro - e il suo omologo alla Camera, Luciano Violante conferma che questa è la stagione propizia per i grandi cambiamenti, ma della cosa deve occuparsi questo Parlamento e non un'assemblea costituente apposita. Al coro di chi invoca riforme istituzionali in senso federalista, si sono aggiunti i sindaci delle tre capi¬ tali d'Italia (Torino, Firenze e Roma) riuniti a Firenze per un convegno. Mentre gli industriali del Veneto - riuniti a Vicenza per il «Forum del Nord-Est» - fanno pubblica professione di fede nell'unità d'Italia, ma il federalismo, comunque, lo chiedono subito. Il capo dello Stato, che ieri ha celebrato il suo quarto anno di presidenza, ha parlato alla «Giornata per l'Africa», e in margine, ha voluto dare un chiaro segnale di distensione tra maggioranza e minoranza sui temi istituzionali: «Ci sono temi che non tollerano maggioranze, che sono di tutti e che quindi coinvolgono dal Capo dello Stato a tutti gli altri. Io spero che l'opposizione possa dare il suo contributo e che ci sia collaborazione». A chi poi gli chiedeva uno scadenzario per le riforme, il Presidente ha risposto che non fa il profeta ma che, comunque, il suo auspicio è che si possano fare in meno di tre anni. Il numero due dello Stato, il presidente del Senato Nicola Mancino, che ha parlato ad Udine in occasione dei 50 anni del «Messaggero veneto», ha detto che «è necessario avviare un processo costituente che coinvolga tutte le forze politiche, in un confronto che dovrà portare al ridisegno della repubblica delle autonomie», e questo «ridisegno» deve prevedere - secondo Mancino - «lo smantellamento definitivo del centralismo» ma - ha precisato - che «federalismo non è rivoluzione fiscale». Ed ecco dunque ritornare l'elemento ricorrente che ha caratterizzato gli interventi delle massime cariche dello Stato dall'apertura di questa legislatura: l'unità del Paese in una riforma federalista. Più aspre invece le dispute sul metodo. Per esempio, se Violante ha escluso il ricorso ad una assemblea costituente, la Lega, per bocca dell'ex ministro Roberto Maroni, ne ha ribadito la necessità assoluta: «Violante dice cose giuste sul modello di federalismo - afferma -, ma sbaglia radicalmente sul metodo. E' la Costituente l'unica possibilità rimasta all'Italia per trasformarsi pacificamente in uno Stato federale». E anche il Polo si allinea su questa posizione. Per Alfredo Biondi «è quantomeno difficile riformare lo Stato senza creare un'area meno accerchiata da interessi politici, quale appunto una costituente». E Maceratini di An è più drastico: Violante sarebbe contrario a questa ipotesi in quanto esprimerebbe «la posizione del pds, contraria ad ogni riforma costituzionale che, fuori dei meccanismi dell'articolo 138, metterebbe in crisi la maggioranza». Ma la valutazione di Maceratini viene smentita dal capogruppo della sinistra democratica alla Camera, Fabio Mussi, secondo il quale «di Costituente si può anche parlare. Comunque - ha aggiunto - men¬ tre sugli obiettivi ho idee chiarissime, mi sento di essere meno definitivo e perentorio di altri sui mezzi per raggiungerli». Rocco Buttiglione fa notare che, comunque, «per le riforme istituzionali non è necessario trovare un'intesa generale. C'è già una forte maggioranza che vuole una riforma di tipo semipresidenziale, e che non è la stessa che sostiene il governo Prodi». Come peraltro conferma il ministro per gli Affari regionali, Franco Bassanini: «Sul tema della riforma federalista - assicura - sappiamo già che c'è una convergenza possibile. Se i due poli restano fedeli e coerenti ai loro programmi elettorali, la riforma federalista si può fare in tempi brevi». In tanto ottimismo, l'unica voce «stonata» è quella di Bossi che non crede nelle «buone intenzioni» di Prodi e degli altri: «Sono dichiarazioni di intenti fatte da un regime che non prevede cambiamenti».
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