Una corda nella cella di Savi
Banda Uno bianca Banda Uno bianca Una corda nella ralla di Savi BOLOGNA. Una striscia di cotone lunga tre metri trovata nella cella del carcere militare romano di Forte Boccea occupata da Roberto Savi; una strana telefonata giunta allo stesso carcere in cui qualcuno spacciandosi per un cancelliere della Corte d'assise di Bologna chiedeva se Pietro Gugliotta era ancora detenuto lì. Continuano gli strani segnali attorno al processo bolognese alla banda della Uno bianca, composta per lo più da poliziotti. In apertura dell'udienza il presidente della Corte Libero Mancuso ha dato notizia di un fax e di un plico giunti da Forte Boccea. Nel plico c'era la striscia di cotone, ricavata strappando con lo mani una maglietta e capace di reggere un peso di 80 chili. Secondo quanto segnalato dalla direzione del carcere militare romano, la striscia poteva essere usata per strangolare qualcuno. Il 15 maggio, invece una persona ha chiamato il carcere chiedendo se Gugliotta era ancora lì. Il centralinista ha risposto di non poter fornire notizie e ha invitato l'interlocutore a mandare un fax dell'autorità giudiziaria. Il fax non è mai arrivato e non è stato identificato nessun cancelliere come autore della telefonata. Savi, poi, è stato trasferito di recente nel carcere di Peschiera sul Garda, più vicino a Bologna. E lì il «corto» si è lamentato della carcerazione romana. «Non ho mai tentato nessuna evasione, né cercato di aggredire qualcuno»: Savi ha spiegato che la striscia di cotone gli serviva per pulire la cella. E in una dichiarazione dice anche di essere stato accusato di avere tentato un'evasione sulla base di graffi su un muro. «Le lamentele sono infondate - ha detto il pm Giovannini - Sono stato quotidianamente in contatto con Forte Boccea». [m. o.l
Persone citate: Giovannini, Gugliotta, Libero Mancuso, Peschiera, Pietro Gugliotta, Roberto Savi, Savi
Luoghi citati: Bologna
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