Charlot un vero egoista di Cesare Zavattini
Un inedito di Zavattini, mentre si apre a Imola una grande mostra Un inedito di Zavattini, mentre si apre a Imola una grande mostra Charlot, un vero egoista «Fa miracoli solo per donne e bambini » ENA conferenza su Charlot: cioè una cosa fuori posto. Ricordo di averne udita una al Convegno di Milano, anni fa, in un periodo durante il quale era di moda mettere la tuba di Bergson vicino a quella del nostro comico. Il conferenziere, che oggi fa della buona critica letteraria in un settimanale di Roma, parlò di geometria perfino. Ben diversi dovevano essere secondo la mia innocenza i conferenzieri di Charlot. Dovevano danzare davanti al pubblico, mettersi improvvisamente a piangere rincantucciati in un angolo come cagnolini, ed infine uscire cantando dopo aver sottratto l'orologio d'oro a qualche signore della prima fila. Ma io non so danzare, non so cantare e neppure posso sottrarre ai signori della prima fila l'orologio d'oro: non perché io non lo desideri, ma perché sono stato educato come il signor James. Dicevo dunque che una conferenza su Charlot è una cosa fuori posto: il verbo contro l'immagine. Charlot, qui presente, si annoierà, profondamente, ed invece io vorrei vederlo contento. Se Paulette Goddard gli facesse il solletico, come sarebbe felice. Invece la cara girl pensa, infine, che Cecil De Mille conosce la storia. Dovrei, in una conferenza normale, pronunciare il nome di Charlot venti, trenta, quaranta volte e ciò è insopportabile, ma fa parte purtroppo della natura delle conferenze. Se il tema di una conferenza, infatti, è il Bel Danubio blu, bisogna nominare il Bel Danubio blu trenta o quaranta volte. Le conferenze sono ben strane abitudini. Un signore viene da lontano (più da lontano viene, meglio è) ad esprimere qualche pensiero sul cielo, o sull'anima. Ha attraversato monti foreste laghi, ha lasciato la famiglia contrariamente alle sue abitudini per correre in un remoto luogo e dire: io sull'anima la penso così. Tre anni fa feci una conferenza a Basilea. Dieci ore di viaggio, traversai le più lunghe gallerie d'Europa, ero ai confini della Due «Zavattini» inediti, i suoi quadri degli Anni 70 mai visti, una rassegna di film, relazioni di amici e studiosi. Questo il fitto programma della due giorni organizzata da Giacomo Gambetti al Teatro Comunale di Imola per ricordare l'intellettuale, cineasta, giornalista, che si terrà domani e sabato. Per l'occasione sarà pubblicato un catalogo (due volumi, con il contributo della Fondazione della Cassa di Risparmio di Imola). Il brano che pubblichiamo qui sotto è tratto da una conferenza inedita che Zavattini tenne nell'aprile del '37 in occasione delle «serate cinematografiche» dei Guf di Imola. La curiosità per Charlot, l'idea di costituire una Artisti associati, le polemiche coi produttori, l'idea di attingere soggetti dalla vita e dai giornali, sono alcuni dei temi che lo Zavattini ancora giornalista affronta nelle due conferenze. Alle «giornate», intervengono Argentieri, Gambetti, Spadoni, Di Gianni, Tortora, Giannarelh, Raffaelli, Fortichiari, De Santis; con comunicazioni, tra gli altri, di Damiani, Maselli, Vancini, Mingozzi, Rondolino. Germania. Pioveva a dirotto, Basilea era sinistramente illuminata da lampi ed io dicevo in una piccola sala una piccola idea sull'umorismo. Poi ripresi il treno e dopo dieci ore dormivo nel mio letto. Tutto ciò è meraviglioso e incomprensibile, così com'è incomprensibile la caduta dei gravi, com'è incomprensibile che malgrado quanto avviene ogni minuto nel mondo, spostando programmi, vite, destini, il mio treno sia arrivato a Imola in orario ed io abbia trovato qui più di dieci persone desiderose di rivedere la vecchia e gloriosa comica di Chapiin. Quante volte ho visto anch'io questi brevi film e, lasciatemi dire un luogo comune, tutte le volte mi sono piaciuti straordinariamente. Questi che vedremo fra poco non sono soltanto film di Charlot, ma rappresentano il cinema. La folla ha fatto la coda in questa dolce primavera per Margherita Gauthier, giudicando invece Tempi moderni un lavoro assai stanco: e io ho veramente vergogna delle lacrime che inondavano il mio ciglio quando Margherita stava per spegnersi. Ho pianto, d'accordo, ma ho pianto anche ai «Due sergenti». Volevo dire che ricordando i vetusti e favolosi capolavori di Charlot dovremmo trascinarci dietro l'ammirazione ogni volta che siamo al buio. Gli americani fanno suonare l'inno nazionale, quando David W. Griffith entra in un luogo pubblico e noi per un veterano ben più poetico non abbiamo che un giudizio sul giornale firmato C.T. Ecco, io traverserei volentieri le più lunghe gallerie del mondo, arriverei a Helsengfor, solamente per dire a un signore coi baffi che sta appoggiato a un lampione e guarda l'orizzonte: «Il grande film di Greta Garbo è indegno del piccolo Easy Street di Charlot». Indi scomparirei inseguito da una folla minacciosa. Sì, o signori, se io fossi conseguente e se io non fossi forestiero, avrei dovuto fare la mia conferenza così: Evviva Charlot, evviva Charlot, evviva Charlot, evviva Charlot e continuare in tal modo imperturbabile per mezz'ora. Ma voi volete divertirvi, invece, ed io non so fare nemmeno il canto del gallo, nemmeno dei graziosi giuochi di prestigio. Ho soltanto un'osservazione da muovergli proprio per il suo ultimo film. Perché non ha condotto a termine lo spunto della vita clandestina nel grande ma- gazzino? Non solamente Paulette Goddard doveva vivere ore incantate, ma tutti gli straccioni egli avrebbe potuto introdurre ogni notte nel magazzino e vestirli con frac e scarpe di coppale creando una lussuosa vita fittizia che all'alba svaniva come un sogno. Quella grande opera di carità che Charlie Chapiin non sa compiere nella vita l'avrebbe idealizzata nel film col sussidio della fantasia, che non costa denaro. Ma Charlot è un egoista e i miracoli li compie solo per le donne e per i bambini. Con gli uomini egli è vile, crudele, insensato come in quella comica di vita teatrale dove calpesta un vecchietto dalla barba a punta per pura malvagità. Charlot è un uomo alto 1,70, senza segni particolari, un uomo del quale non mi fiderei minimamente e lo dico pesando le parole, capace di gettarmi sul lastrico con i miei cari figli se questo gli serve per attirare sopra di sé l'attenzione di una piccola donna. Cesare Zavattini I quadri del regista e da domani un convegno sulla sua opera Qui accanto, Cesare Zavattini di cui pubblichiamo una conferenza inedita; a destra Charlie Chapiin
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