Julius e Meri, l'amore ultrà di Massimo Gramellini

Julius e Meri, l'amore ultra Julius e Meri, l'amore ultra Dall'Olanda e Biella, appuntamento a Roma DUE RAGAZZI NELLA CITTA' ASSEDIATA JROMA ULIUS è di Amsterdam, ha 17 anni e tifa Ajax. Meri di Biella ne ha sedici e tifa Juve. Si amano. Solo che si sono persi. Si stanno cercando per le strade di una Roma asfissiata dal caldo e da un ingorgo di biondi che non si vedeva da cinque secoli, quando qui vennero a giocare i Lanzichenecchi. Ventimila olandesi in gita alcolica, con macchina fotografica al collo e una lattina in ogni tasca, seduti per terra o nei bar a cantare, sudare e soprattutto a bere a prezzi impossibili: diecimila lire per un boccale. Julius ama i gol, i Rolex, i film di guerra, la regina, Meri e se stesso, «abbastanza». Ha un cappello a cilindro biancorosso, i colori dell'Ajax, una coppa dei campioni di latta sotto il braccio e una maglietta da provocatore con la scritta in inglese «ehi, lo sai che sei proprio uno stronzetto?». E' arrivato martedì sera dall'Olanda con due biglietti della partita (uno è per Meri) e un centomila nelle mutande, sopra un pullman a due piani che si è subito incastrato nella galleria del lungotevere fra i rutti di giubilo del suo amico Jonas, detto Burp per intuibili ragioni. Meri ieri mattina è uscita di casa più presto del solito, dicendo a sua madre che aveva un compito in classe e la sera sarebbe andata a dormire a Vercelli dalla compagna di banco. Invece si è legata un fazzoletto bianconero al collo, ha preso il treno per Milano e di lì la combinazione per Roma. Julius è andato a prenderla in stazione, come da complotto. Si erano conosciuti l'estate scorsa a Finale Ligure, in discoteca. Primo amore per lei e secondo per lui, che il primo non se lo ricorda più e quindi, dice, «è lo stesso». Non si sono mai rivisti, ma telefonati sempre, ancora martedì mattina per mettere a punto il piano. «Julius, se non riesci a venire in stazione, diamoci appuntamento in piazza...», e dopo un nome che lui non ha capito bene, la linea è caduta. Il suo bi-pullman stava partendo e non si sono sentiti più. «Tanto la vedrò in stazione», ha pensato Julius. Invece al treno non l'ha trovata e adesso si aggira disperato fra Termini e piazza Barberini, strizzando gli occhi un po' liquidi per cercarla in mezzo alla folla multirazziale che intasa i marciapiedi. Almeno si ricordasse quel nome: «Piazza, piazza...». L'unica soluzione è girarsele tutte, almeno quelle importanti. Insieme all'amico Burp e ai due zainetti rigonfi di lattine. In piazza Venezia, Julius dà un'occhiata anche al balcone, non si sa mai. Burp cerca di convincere il vigile a farlo salire sulla pedana per dirigere il traffico al posto suo. Finiscono al Colosseo, dove un ambulante tenta di vendergliene uno in miniatura. Bwp gli rutta in faccia e la trattativa finisce lì. Un'ora più tardi, tre del pomeriggio, sono stravaccati in piazza Navona, periéttamente inseriti in un tableau vivant che comprende olandesi gaudenti, giapponesi imbarazzati e portaborse senatoriali in attesa di Prodi (alle 5 parla al Senato, venti metri da qui). Julius sbadiglia depresso: nessuna traccia di Meri, dei sette panini ultra-unti e delle otto lattine di rossa che ha ingurgitato in successione: «Mi sento nervoso». La sera prima, racconta, stava giocando a pallone «in questa piazza molto lunga», quando ha visto un grappo di italiani con la maglia della Roma avventarsi con i coltelli su due tifosi dell'Ajax. Ma non erano romanisti, questo lo ha capito subito, «perché i romanisti quando ci incontrano gridano "forza Ajax, distruggeteci la Juve"». Alla stessa ora, una ventina di olandesi assaliva a calci e sassate l'auto di una coppietta, parcheggiata lì vicino. Marco Fiorelli, il guidatore, finiva all'ospedale. Ecco perché oggi i poliziotti han steso il loro sudario su ogni briciola di Roma, assordata da rumori di sirene e di pale d'elicottero. Presidiati gli aeroporti, le vie del centro, le stazioni... Julius batte un pugno sul tavolino del bar, così mostra il tatuaggio di un falco sulle nocche. «C'è una seconda stazione a Roma?». Certo, anche di più. L'Ostiense, ad esempio, dove Julius vorrebbe far volare un taxista atterrito. Invece si procede a singhiozzo, fra strade bloccate e autobus di linea stracolmi di tifosi juventini. Ai semafori, i romani in motorino ficcano la testa nel taxi: gridano «forza Ajax», chiedono a Julius quanto vuole per il cappello a cilindro e la sua coppa di latta. Ma lui niente, «mi servono stasera». Poi ride: «Siete anche meno nazionalisti di me, voi italiani!». Burp commenta con un ratto sulla nuca del taxista. Il Testaccio, la Piramide con una bandiera dell'Ajax appesa sopra e poi l'Ostiense, finalmente. Meri è proprio lì: seduta sotto l'edicola, piccola e nerissima, con una t-shirt bianca e la maglietta della Juve con il numero 10 di Del Piero legata ai jeans. Si abbracciano. Non c'è neppure il tempo di arrabbiarsi per l'attesa. Julius si smanaccia sotto i pantaloni. Non ci sono più i biglietti. Burp estrae il suo e dice: «Addio belli, io vado allo stadio», rivelando per la prima volta di saper anche parlare. Julius e Meri si guardano. Lui prova a scusarsi. Lei lo zittisce sfilandogli il cappello dalla testa per metterselo sulla sua. Julius indossa in silenzio la maglietta di Del Piero: «Meri, a piazza Venezia ho visto un bar con la tv, andiamo lì». «Però bevi solo un'aranciata, promesso?». «No». Massimo Gramellini

Persone citate: Del Piero, Fiorelli, Meri, Prodi