Ragazzo suicida per paura
Ragazzo suicida per paura Ragazzo suicida per paura Lecce: temeva di avere un tumore Il gesto alla vigilia di una visita LECCE. A cinquecento metri dalla sua casa, un ulivo robusto. Appesa a un ramo, una corda. Un ragazzo di 17 anni l'ha usata per uccidersi: l'ha stretta al collo e s'è lasciato morire. Non ha lasciato messaggi ai familiari. Era malato e oggi avrebbe dovuto sottoporsi a un controllo medico. Due giorni fa era andato in ospedale, aveva una mano tagliata. Sono caduto, aveva raccontato. Forse ci aveva già provato, a farla finita. Forse. E' tutto ancora molto nebuloso. Ecco perché non bastano questi elementi a far chiudere il caso. Sebbene l'ipotesi del suicidio sia la più accreditata, il magistrato vuole esplorare anche la pista del delitto. La percentuale che possa essere provato, non è altissima. Ma non si esclude nulla. Sul corpo del diciassettenne, morto a Racale, nella notte tra lunedì e ieri, verrà eseguita in giornata l'autopsia, disposta dal sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Lecce Antonio Dedonno. Se si indaga anche su ipotesi diverse dal suicidio è perché a quanto pare il ragazzo (lo chiamiamo Luca, manon è il suo vero nome) aveva da qualche tempo cominciato a frequentare coetanei un po' scapestrati. Potrebbe aver perso la testa, combinato qualche pasticcio, essersi fatto trascinare in qualche operazione poco chiara. Ma chi avrebbe potuto ucciderlo, e ucciderlo facendo passare il delitto come suicidio? Può essere accaduto qualcosa che ora sfugge. Ma all'origine della morte potrebbe esserci stata - molto più semplicemente - una delusione sentimentale. Anche questa ipotesi si prende in considerazione. Al momento, può essere tutto. La traccia più consistente resta tuttavia quella della malattia. Tre anni fa Luca era stato molto male. Venne ricoverato a Bologna e operato per un tumore al ginocchio. Ne era uscito abbastanza bene, era tornato alla vita di sempre, si era ripreso, anche se la malattia gli aveva lasciato il segno. Oggi sarebbe dovuto tornare a Bologna, sottoporsi alla periodica visita di controllo. E' probabile che l'attesa l'avesse sfibrato. Ma si sa troppo poco, ancora, per capire. Luca non andava più a scuola, non lavorava, percepiva una pensione di invalidità. Aveva due fratelli, entrambi più grandi, sposati, e viveva a casa dei genitori: il papà impiegato di banca, la mamma casalinga. Nessuno screzio, famiglia tranquilla. Poi due giorni fa quella ferita alla mano. All'ospedale di Casarano aveva raccontato semplicemente di una caduta. I medici gli avevano suturato la ferita con 1 5 punti. Lunedi sera, Luca era uscito di casa intorno a mezzanotte, col suo ciclomotore. Si era allontanato dal paese. Non è più rientrato. Al mattino un contadino ha scoperto il motorino nei campi. Gualche metro più in là, l'ulivo, la corda, e il suo corpo. Tonio Attino
Persone citate: Antonio Dedonno, Ragazzo, Tonio Attino
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