Israele, il partito dei russi

Il battello a picco dopo aver urtato uno scoglio, tratti in salvo solo 40 passeggeri L'ex dissidente sovietico: siamo 700 mila, stufi di essere considerati ebrei di serie B Israele, il partito dei russò Sharansky: noi immigrati uniti al voto TEL AVIV ATHAN Sharansky è meno di un metro e sessanta di energia; e sprizza intelligenza da tutti i pori. Dieci anni fa approdò alla Terra Promessa dopo nove anni di gulag duro in Urss, un dissidente ebreo sionista, membro del Gruppo Helsinki. Tutto il mondo libero aveva combattuto per il suo ritorno alla Terra Promessa. «Dieci anni fa - ridacchia - ero un eroe. Onori, tappeti rossi. Tutti mi volevano, ero un simbolo, mi martire. Ora sono diventato un politicante; invece di dare lustro, ideale, speranza, chiedo. Voti, finanziamene, potere. Meno male che quei dieci anni nel gulag di Breznev - di nuovo ride con la sua bocca da clown, gli occhi azzurri che gli si gonfiano con un'aria da birbone, nonostante i suoi cinquantanni - mi hanno dato il tempo di leggere, mangiare, riposarmi, temprarmi, prima di venire ad affrontare la santa terra di Israele». L'ex Prigioniero di Sion è uno dei fenomeni politici più interessanti di queste prossime elezioni (il 29 maggio) cruciali per la storia di Israele: si presenta per la prima volta con un partito di russi e di immigrati in genere, detto «Israel ba aliah» che vuol dire «Israele in salita», oppure «Israele dell'immigrazione». Ha un bacino di elettori piut tosto grande, fra i 400 e i 700 mi la. Sharansky dice che può con tare sul 14 per cento dell'elettorato. Anche chi si tiene più basso pensa che possa afferrare cinque o sei seggi e che per certo, comunque, lui sarà ministro del l'Immigrazione. Andrà dunque al posto di quell'Ora Namir che ha fatto infuriare i suoi colleghi del gabinetto Peres e tutti i russi: infatti un giorno di qualche mese fa si lamentò della qualità umana e culturale degli immigrati dall'Urss, disse ohe molti non erano ebrei, parecchi non erano giovani, e che, quasi tutti viziati dall'educazione comuni sta, chiedevano tutto gratis, non avevano voglia di lavorare. Ora è stata mandata a fare l'amba sciatrice in Cina. Sharansky so stiene che quelle parole al vento altro non erano che pregiudizi xenofobi; i russi, invece, sono stufi di vedere che proprio il go verno per cui votarono fiducio samente nel '92 non ha fatto quasi nulla per dare alla maggiore ondata migratoria degli ultimi dieci anni la dignità e il potere che si meritava. «Ovunque i russi siano eletti nei Consigli comunali, o siedano nelle direzioni degli ospedali, delle fabbriche, degli istituti di ricerca, ovunque siano messi alla prova per le capacità che hanno e non siano sottoutilizzati, sottopagati, disprezzati, là rendono subito meglio, si sentono più partecipi della società israeliana. Anzi, diventano israeliani a tutti gli effetti, che è quello che il nostro partito chiede». Il partito, Sharansky ripete, non è di destra né di sinistra. Per carità. Visto che si vota anche per il primo ministro, ognuno darà la sua preferenza a Netanyaliu o a Peres, come vuole. Però il programma appare piuttosto inequivoco: Gerusalemme? Di dividerla, nemmeno parlarne. Lo Stato palestinese? Meglio di no, il partito di Sharansky vuole fermarsi all'Autonomia. Economia: smantellamento dei cartelli di Stato, abbattimento della forza degli Histadrut, il sindacato, eliminazione del possesso pubblico della terra... Da una parte il programma economico dei russi sembra confezionato contro il regime sovietico; dall'altra sembra un sogno tardo-reaganiano con tutta la libe- ralizzazione del mercato possibile, e soprattutto con la miniaturizzazione dello Stato di fronte all'impresa privata. Altro sogno, anche questo molto postsovietico, la riduzione delle scartoffie burocratiche a zero, l'elhninazione di tutti quegli impicci che rendono la vita del nuovo immigrato da una parte ricca di vantaggi stabiliti per legge (casa, lavoro, assistenza dal primo giorno) ma anche di lunghissime e snervanti file agli sportelli dove in genere siedono leggendari funzionari senza cuore, che non sentono le sofferenze umane, troppe, che passano di là. Sharansky vuole anche che Israele resti un Paese davvero sionista: «Dalla Russia posso¬ no arrivare ancora un milione di ebrei. E ne abbiamo bisogno da) punto di vista umano e della difesa del Paese». Le due sedi che il cronista ha visitato a Gerusalemme e a Tel Aviv sono assai modeste. Alcune signore parlano piano, bevono il tè in tazze enormi; dei signori dai 40 amii in su si sono fatti crescere di bel nuovo i riccioli popolo russo d'Israele. Anche lui ha sentito parlare parecchio della mafia russa, che ha sommerso le banche israeliane di centinaia di milioni di dollari con cui compie traffici di droga e attività criminali; anche lui legge sui giornali che nelle periferie povere di Ashdod c'è un tasso di violenza, un giro di sesso e di denaro poco facile da gestire politicamente; che interi settori della popolazione russa preferiscono vivere in una «Little Russia» come quella che si vede nel film «Il cacciatore», con tanto di salsicce (di maiale!), di borsch, di balli cosacchi e una grande quantità di bionde e anche di vodka che corre. Il tutto in lingua strettamente russa, altro che idealismo pionieristico dei Prigionieri di Sion. Roman Polonsky, si chiama proprio così lo spotman del partito, è un coacervo di tutti i problemi che Sharansky potrebbe risolvere: è un intellettuale piccolo, simpatico e scontento; un «academay» che ricorda con rimpianto, nonostante il comunismo, la bella educazione classica, musicale, letteraria che gli hanno dato a scuola a Mosca più di 30 anni fa: lì ha imparato a essere un regista cinematografico, un giornalista, un musicista.. Tutti mestieri sui generis, come fa una società di lingua e cultura diverse dalla sua a trovargli im mediatamente un posto di alti livello? Ma Polonsky non si dà per vinto; lamenta proprio questo invece: che si sia mancato di rispetto agli ottimi intellettuali, agli esperti scienziati e agli ottimi intellettuali suoi pari. Insomma ci si vorrà decidere una buona volta a rispettare, a conoscere anche qui Dostoevskij oppure si deve credere che Amos Oz è il più grande scrittore vivente? Non vorrà mettere! E le signore invece si lamentano della mancanza dei medici che invece la mutua russa forniva in quantità; altri preferiscono piangere sulle case molto piccole, brutte, in cui abita anche la suocera. Un misto di rivolta di immigrati poveri e di cultura post-comunista, europea, anti-mediorientale. Sharansky più che una promessa è una garanzia con la sua lunga resistenza, con la sua fede, la sua forza intellettuale; ora che ha deciso di mettersi in gioco, ce la farà. «E poi - si ride intorno - da quando Yitzhak Shamìr è stato l'atto fuori, la grande tribù dei piccoletti non aveva più nessuno che uno di un metro e 85 dovesse guardare dal basso in alto». Fiamma Nirenstein «Siamo sottoutilizzati, sottopagati, disprezzati come ex comunisti desiderosi solo di assistenza» Ma c'è anche un altro motivo di discriminazione Molti nuovi arrivati appartengono a gang mafiose sHlSONDAGOl^? | PERES [LABORISTI] 52% NETANYAU [LIKUD] 47% INDECISE 1% laterali e portano la kippa. Invece Sharansky no, non la porta nonostante la moglie, l'eroica Avital che lo strappò dalle mani sovietiche, porti il fazzoletto e la gonna lunga. Lui non è né di destra né di sinistra, né religioso né areligioso, né per la pace né per la guerra. Lui chiede case, pane, e soprattutto potere. Il resto sarà trattato al momento opportuno con il nuovo governo eletto. Probabilmente Sharansky è un vero eroe, e un tipo che si batte alla pari a scacchi persino con Kasparov, ha aspettato tanto prima di decidersi a mettersi in proprio in politica, perché sa che marea di problemi si tira dietro, trascinandosi appresso il Da sinistra il premier Peres e (nell'altra foto) l'arrivo di Sharansky a Tel Aviv nell'86. fra i leader israeliani ;foto reutep. afpj