L'erede di Riina tradito dal cellulare

L'erede di Rima tradito dal cellulare L'erede di Rima tradito dal cellulare Ipoliziotti: non si aspettava il blitz in casa PALERMO DAL NOSTRO INVIATO «Quando siamo entrati e in pochi secondi li abbiamo bloccati, hanno cercato di scappare dal retro, verso il giardino. Ma non hanno nemmeno fatto in tempo a uscire». «Sono rimasti tutti in silenzio, senza dire nulla. Anche i bambini». «Secondo me si sentiva braccato, ma di essere preso dentro casa, così, non se l'aspettava. Aveva organizzato le sue contromisure». Sono passate meno di ventiquattr'ore dalla cattura del killer di Giovanni Falcone, e nelle stanze della questura di Palermo i poliziotti che hanno messo le mani su Giovanni Brusca tirano il fiato. E ricordano il film che hanno interpretato, ciascuno co) suo ruolo, per arrestare quello che era considerato il latitante pili pericoloso di Cosa nostra. Un film scorso talmente in fretta che è difficile perfino mettere insieme tutti i fotogrammi. Ma che ha avuto tanti prologhi, tanti passaggi intermedi nel corso di un anno e mezzo prima di arrivare al «finale a effetto» di lunedi sera, nella villetta forse abusiva di San Leone, contrada Cannatello. L'ULTIMO AGGANCIO. «La casa lab biamo localizzata venerdì - racconta uno dei funzionari dello Sco che hanno diretto l'operazione -, e abbiamo circondato la zona con la massima discrezione. Tanti uomini disseminati e nascosti in capannoni e furgoni parcheggiati a molta distanza l'uno dall'altro, con servizi di appostamento e osservazione fatti con lunghi intervalli tra l'uno e l'altro, per non destare sospetti. Quella è una zona semideserta, non è difficile per un latitante intercettare facce sconosciute e sospette». Alla casa i poliziotti ci sono arrivati attraverso i pedinamenti delle persone che ruotavano intorno a Giovanni Brusca; la sua donna, Rosaria, e la moglie di suo fratello. E forse qualche altra persona che di tanto in tanto rifor¬ niva la casa di viveri, e Giovanni Brusca dei soldi che chiedeva al telefono. Sì, perché il boss telefonava tranquillo dal suo cellulare, sicuro che non lo potessero intercettare, e invece... LE INTERCETTAZIONI. Aveva a disposizione tre diversi telefonini, l'assassino di Falcone. E li usava per ordinare le camicie firmate, per dire ai suoi «picciotti» che gli servivano i soldi, probabilmente frutto del racket. Dal cellulare Giovanni Brusca parlava, qualcuno aveva anche riconosciuto la sua voce nelle sale intercettazioni di Roma e Palermo. «Ma bisognava essere sicuri che parlasse proprio da quella casa - spiega uno degli investigatori - e la certezza matematica non l'avevamo. Per intervenire dovevamo essere sicuri al cento per cento, altrimenti mandavamo a monte tutta l'indagine. E allora lunedì sera, quando l'abbiamo di nuovo agganciato al telefono, abbiamo usato lo stratagemma del motorino». Mentre Brusca parlava, un poliziotto è passato a tutto gas davanti alla villetta, a bordo di un motorino senza marmitta, rumorosissimo. Dal- la sala intercettazioni della questura, quello che ascoltava ha detto: «Si sente il motore, la casa è quella». Un'immediata consultazione con i dirigenti di Roma e l'ordine è partito: «Andiamo». L'ARRESTO. Le nove di sera erano passate da un quarto d'ora, e nel buio il centinaio di uomini dello Sco, della Criminalpol regionale e della Squadra mobile di Palermo sono sbucati dai loro rifugio, mascherati e armati, sistemandosi nei punti strategici studiati a tavolino nei giorni precedenti. «Avevamo previsto tutte le possibilità, dal tentativo di fuga al conflitto a fuoco, alla presenza di altre persone nei vari appartamenti. C'erano uomini sistemati a raggiera, a partire dai quattro punti di osservazione della villa. Ma quando siamo entrati non c'è stato nessun problema serio, nessuna reazione». Le porte sono state sfondate contemporaneamente, al piano terra e al primo piano della villetta, ma sopra non c'era nessuno. Le due famigliole Brusca erano raccolte giù, con la cena in tavola e il televisore acceso. L'accenno della fuga dal retro è bloccato immediatamente, alcuni agenti saltano addosso ai due Brasca, gli altri bloccano le due donne. Qualcuno si prende cura dei bambini, immobili e muti, forse più spaesati che spaventati. Le grida che si sentono sono quelle dei poliziotti, in pochi minuti gli appartamenti sono sottosopra per evitare brutte sorprese. Che non ci sono. E saltano fuori le prime sco- perte: una borsa piena di gioielli per qualche centinaio di milioni, ciascuno nella sua scatoletta confezionata; soldi in contanti per cinquanta milioni, nascosti in cassetti e altre borse, in lire e dollari: qualche «voce» giunta ai poliziotti vuole che Brasca fosse pronto anche a una fuga all'estero; abiti da uomo firmati, in prevalenza Moschino. Ma il boss, al momento dell'arresto, era in jeans e ma ghetta bianca. GLI ALTRI «COVI». Le telefonate per avvisare che tutto è andato bene partono immediatamente in pochi minuti e nella maniera più incruenta possibile s'è chiusa una caccia al boss che durava da un anno e mezzo. Da quando, alla fine del '94, gli uomini dello Sco avevano «localizzato» Giovanni Brusca a Partinico, fra Trapani c Palermo. «Lì avevamo intercettato persone del suo "giro" - racconta uno dei funzionari che l'ha seguito in tutto questo tempo -, ma non siamo riusciti a individuare il covo. Poi c'è stato il trasferimento a Borgo Molara, periferia Est di Palermo. Abbiamo individuato la villa dove viveva, tre piani con mobili antichi e argenteria, sauna e vasca idromassaggio, altro che la casetta di Cannate-Ilo. Ma c'è scappato per un soffio, insospettito dal pentimento di Calvaruso che avrebbe potuto metterci sulle sue tracce». Da lì Brusca s'è spostato nella sua San Giuseppe Jato, gli «sbirri» hanno tentato di fargli terra bruciata intorno arrestando i cugini Reda, ma lui s'è trasferito nell'Agrigentino, finché cellulari, appostamenti e pedinamenti hanno portato la polizia all'ultimo rifugio, quello da dove l'assassino di Giovanni Falcone non è riuscito a scappare. In provincia di Agrigento, zona di altra mafia e altri boss. Chi lo aiutava? Chi lo proteggeva? Il poliziotto sorride: «Scusa, ma l'indagine non è ancora finita. Ciao». Oltre cento uomini per l'irruzione dopo un anno e mezzo di pedinamenti Poi le intercettazioni del portatile da cui ordinava gli abiti Moschino