Alla ricerca dei genitori di Fulvia Caprara

Una coppia di vincitori per il ruolo maschile: Auteuil e Duquenne, affetto da sindrome di Down Una coppia di vincitori per il ruolo maschile: Auteuil e Duquenne, affetto da sindrome di Down Alla ricerca dei genitori CANNES. Anche con il conclusivo «Flirting with the Disaster» (Flirtando col disastro) del newyorkese trentacinquenne ex organizzatore politico David 0. Russell, il festival torna sul problema centrale di molti film '96, quello dell'identità: identità plurime, identità mistificata, identità immatura, identità incompleta per l'ignoranza di chi siano davvero il proprio padre («Io ballo da sola»), la propria madre («Sex and Lies»), i propri genitori. Ben Stillar, giovane di New York con un buon lavoro, una moglie amata (Patricia Arqueltel, un bambino anonimo al quale quattro mesi dopo la nascita non s'è ancora deciso a dare un nome e una coppia di genitori adottivi oppressivi, scoccianti, predicanti e annunciatori di catastrofi come tanti genitori, è convinto che non riuscirà mai a raggiungere un'equilibrata maturità se non conoscerà la donna e l'uomo che l'hanno messo al mondo e abbandonato. Una psicologa appartenente all'Istituto per le adozioni, ragazza chic, nevrotica e totalmente inetta, si offre d'aiutarlo; tutti insieme partono in automobile alla ricerca. E' un viaggio comico pieno di errori: la anziana bionda reaganiana indicata per sbaglio come la madre non lo è affatto; il camionista manesco e strepitante, ex appartenente alla tribù motociclistica degli Hell's Angels, creduto por equivoco il padre, non lo è per niente; la lontananza da casa incoraggia avventure adulterine; una coppia litigiosa di poliziotti gay complica le cose. E i veri genitori, appena ritrovati, fuggono in Messico: sono produttori-distributori-consumatori del vecchio Lsd e di altre droghe, reduci dagli Anni Settanta liberi e scriteriati, temono la polizia. Il viaggio alle origini si perde per strada. Allora? Meglio accettare la famiglia che si ha per quella che è anziché continuare a inseguire la famiglia che si vorrebbe. Un po' poco, anche se la commedia ogni tanto fa ridere e se Patricia Arquette, piccola tozza, ostenta l'ultimo tic alla moda: le ascelle non più depilate. [1. t.] tempi: il presidente della giuria Coppola ha dato più volte l'impressione di non sapere assolutamente che cosa doveva dire, mentre Frangoise Fabian, presidente della giuria della Camera d'or, mortificata da una brutta giacca rosa shocking, ha dimenticato addirittura il nome della vincitrice Shirley Barrett. Pietrificata dall'imbarazzo e dal disappunto per alcune slabbrature della cerimonia, l'Azéma ha reagito accorciando al massimo i tempi della serata. A tenerla comunque in piedi hanno pensato altre donne: Charlotte Rampling che, in impeccabile tailleur pantalone bianco, ha consegnato a Jacques Audiard il premio per la sceneggiatura; Marie Gillain soave anche dentro un vestito a rete nero; Gong Li con i capelli sciolti che, recitando nella sua lingua un breve discorso (non tradotto) ha lasciato per un attimo attonita la platea. E poi le due Arquette, Rosanna e Patricia, una in verde mela, l'altra in beige luminoso, impegnate con garbo a declinare un albero genealogico tutto a base di cinema. Tra i personaggi maschili della serata hanno brillato soprattutto Pedro Almodovar e Woody Harrelson, ex assassino nato di Oliver Stone, protagonista di «Sunchaser». Il primo ha definito il lavoro del regista «un'antologia di frustrazioni»; il secondo ha confessato alla platea la propria meraviglia per non aver trovato a Cannes nessun segno di depravazione, niente che la facesse assomigliare «a quella specie di moderna Sodoma e Gomorra» che gli era stata descritta alla partenza dagli Stati Uniti. Fulvia Caprara

Luoghi citati: Cannes, Messico, New York, Stati Uniti