Un figlio vissuto come scarto di Ferdinando Camon

Un figlio vissuto come scarto Un figlio vissuto come scarto Nord-Est: il triste primato dei bimbi abbandonati IL «PREZZO» DELLA RICCHEZZA ON è soltanto una mostruosa notizia, quella che viene da Verona: è la conferma di una vergognosa statistica. Perché non dice qualcosa su una persona (la madre che fa morire il neonato, buttandolo nel cassonetto delle immondizie, dove lo ingoia la macchina tritarifiuti), ma su una parte d'Italia. Una parte che detiene il triste primato della soppressione di neonati. 11 Nord-Est ne ha uccisi nel '93, nel '94, nel '95. Nel '95 ne ha abbandonati a gennaio, ad agosto, a ottobre, a dicembre. E non in una sola città, ma in tante: a Vicenza, a Thiene, a Lonigo, a Soave, a Treviso. Bisogna fermarsi e ragionare, scartando subito la banale e iniqua conclusione (che, temo, molta stampa tirerà fuori): la ricchezza è immoralità, la povertà era santità, dunque il Nord-Est era meglio prima, il suo progresso è la sua maledizione. Certo la morte del bambino trovato ieri ha qualcosa di malato, di torbido, di macabro. La madre non l'ha soltanto abbandonato: l'ha fatto sbriciolare. Forse per farlo sparire, senza che ne restasse traccia. Nel suo cervello e nella sua coscienza non ha retto soltanto la «perdita» del bambino (che già dovrebbe generare, in una madre, il lutto): lia retto lo squartamento. Probabilmente è una donna di città. I figli indesiderati son sentiti come avanzi o scarti: «ri¬ fiuti». Rifiuti della vita, delle relazioni, del sesso. Da avvolgere nel nailon e buttare via o portare via. Tra il buttare via e il portare via c'è una differenza: si butta via in città (si esce dall'abitazione, si lascia cadere nel cassonetto, e ci si allontana), si porta via in campagna (si va a piedi fino alla concimaia, al fosso, alla discarica). Ma chi usa il cassonetto sa ormai che la macchina tritatutto sbriciola quel che trova. E chi abbandona in campagna sa che il corpo vien sbranato o rosicchiato. Un grande poeta, Trilussa, raccontava di una madre che va nel bosco a buttar via il bambino. Nel bosco ci sono una iena e una tigre che chiacchierano tra loro di cose di fami¬ glia, figli, figlie. Vedono la loro consorella di un'altra razza (madre, ma umana) venire col fagotto e cercano di capire. Quando si accorgono che sta ammazzando quel che ha appena partorito, «la tigre spaventata scappa via - e la iena ci ha un occhio inumidito». Dunque: le madri umane assassine come sotto-animali, sprovviste dell'istinto di protezione che la natura ha dato a tutti i viventi verso i figli. La condanna, senza attenuanti, che suscita oggi questa notizia, nasce dal fatto che oggi non si tratta più di «mors tua =vita mea»: ormai la madre che partorisce lanche se per caso fosse una madre-bambina, una ragazza-madre) non «muore» più, non «viene uccisa» dalla famiglia o dalla società, può vivere e lasciar vivere, senza compromettersi, partorin; nell'anonimato, nessuno le fa pressione, la delicatezza è massima. L'alternativa non è tra la morte del bambino e la morte della donna. La spiegazione «mors tua = vita mea» cede il posto ad un'altra spiegazione: «mors tua=piacere mio». La mia libertà, la mia sessualità, le mie esperienze, la mia mancanza di preoccupazioni, valgono più della tua vita. La donna che uccide il bambino giudica l'ucciderlo meno stressante che partorirlo e lasciarlo in ospedale. La stampa conclude sempre con la tesi della mancanza di valori. E' una tesi sbagliata, ma qui credo che occorra intendersi beile. Di solito (senza voler profetare su quest'ultimo caso, ancora oscuro) le vite di queste madri non sono vite-vuote, sono vite-piene. Anche quando si tratta di ragazzine, studentesse;, ai primi amori. I valori ci sono: e sono la libertà, il sesso, le esperienze, il provarle tutte, il non voler disagi, lo star bene. Quando troviamo qualcuna delle donne (non si cercano mai gli uomini: che c'entrano quanto e più delle donne) che han fatto morire questi neonati, scopriamo che lavorano o studiano, vedono la tv, hanno dei programmi, amicizie, segreti, storie. Da queste parti qualcuno ammazzò padre e madre per una Bmw. Qualcuna strangolò la madre per trasformare l'appartamento in una casa chiusa. Non erano vuoti o abulici, qualcosa volevano, anche troppo. C'è una furia di godimento, che viene da generazioni di patimento. A questo punto, dire «era meglio prima», intendendo il NordEst, vuol dire esaltare quel patimento. Può farlo chi non l'ha conosciuto, e non sa quel che dice. In realtà è stato giusto uscire dal patimento. Ma se l'uscita dalla miseria economica comporta l'attraversamento di una miseria morale, la soluzione non sta nel tornare indietro, ma nell'andare ancora più avanti: il Veneto è fatto, ma adesso bisogna fare i veneti. Ferdinando Camon I

Luoghi citati: Italia, Lonigo, Soave, Thiene, Treviso, Veneto, Verona, Vicenza