«Mamma? No» Così una donna può disconoscere di Daniela Daniele

Così una donna può disconoscere « Mamma? No » Così una donna può disconoscere TORINO. Accade di nuovo. Accade ancora. Un altro cassonetto accoglie flebili vagiti: i primi c gli ultimi. E ci si trova, sgomenti, a chiedersi «perché?». Perché scegliere l'omicidio, che in questo caso si chinina infanticidio, a sottolineare la violenza di un atto contro un corpicino inerme, invece di affrontare il problema servendosi della legge, facendosi aiutare? Possibile che ancora non si sappia che una donna può decidere di non essere mamma della creatura appena partorita? Possibile che ancora non si sappia che, in questo caso, il legame, ogni possibile legame, tra la donna e il bambino si taglia, proprio come fa l'ostetrico quando taglia il cordone ombelicale? Livia Turco, neo ministro per la Solidarietà sociale, sembra intenzionata a proseguire sulla strada di Adriano Ossicini. «Informare ed educare - ha detto, ricordando le campagne di prevenzione del suo predecessore -: questi sono gli interventi immediati». E' d'accordo Frida Tonizzo, assistente sociale dell'Anfaa, l'Associazione famiglie adottive e affidatane. Signora Tonizzo, una donna può sempre disconoscere il suo neonato? «Proprio così. Anche se è sposata. Se non vuole essere mamma, nessuno può obbligarla. Ogni anno sono 300-400 i neonati disconosciuti)-. Come avviene il disconoscimento? «Quando il bimbo nasce, sulla sua cartella d'ospedale si scrive "figlio di donna che non intende essere nominala"». Tutto qui? «Tutto qui. La donna non deve fare altro. Della situazione viene subito informato l'ufficiale di stato civile che da al piccolo un nome e un cognome. Il caso è poi segnalato al tribunale per i minori e il piccolo viene dichiarato adottabile». Ma è possibile, in futuro, scoprire la sua origine? «No. Nell'atto di nascita non c'è nulla che colleghi il bambino alla donna che l'ha partorito». E se lei avesse un ripensamento? «La legge sull'adozione prevede un periodo di "riflessione" che può durare due mesi, durante i quali la donna può prendersi cura del piccolo. Scaduto questo tempo, che è comunque facoltativo, si può scegliere se tenere il bambino o lasciarlo a disposizione di una nuova famiglia». Che direbbe a una di queste donne, se potesse? «Se si trova nell'imminenza del parto, si rivolga a un reparto ospedaliero di ostetricia, in qualsiasi città italiana, specificando che non vuole; tenere il figlio. Se è all'inizio della gravidanza, si metta in contatto con i servizi sociali sul territorio. Il problema si può risolvere. Senza rischio per la sua salute né per quella della creatura che ha deciso di far nascere e che ha il diritto, per legge, di non volere». E senza dover ricorrere a tristi «ruote degli esposti» di [lassata memoria. Daniela Daniele

Persone citate: Adriano Ossicini, Frida Tonizzo, Livia Turco, Tonizzo

Luoghi citati: Torino