In banca estingue il conto di un altro

«L'obbligo dei controlli» Vittima un tassista. Il bandito ha versato due assegni albati, poi si è fatto dare un libretto nuovo In banca estingue il conto di un altro E l'istituto rifiuta di rimborsare 5 milioni al truffato Ilei: : ■ ^MmmÉMM LA DOPPIA CHE succede se un bandito riesce a prosciugare il conto in banca di una persona per bene, falsificandone la firma? Il derubato dovrà sborsare altri soldi per dimostrare che non ha firmato lui l'autorizzazione dei prelievi. E poi resterà con il conto corrente ridotto a zero, perché la banca non gli restituirà ciò che gli è stato rubato. E' accaduto a un tassista di corso Corsica, che da 2 anni, per questa storia, ha perso il sonno. E' Gianfranco Roccia, 25 anni. La sua disavventura comincia il 2 giugno '94, quando un malfattore che conosce il suo nome e il suo numero di conto si presenta all'agenzia di piazza Galimberti del Banco di Sicilia. «Forse, a forza di girate, un mio vecchio assegno è finito in mano al bandito: il ladro può aver attinto di lì il numero del conto e può aver imparato così anche ad imitare la mia fuma». Il bandito, spacciandosi per il tassista, versa un primo assegno (poi risultato rubato a una terza persona) sul conto di Roccia. Il giorno seguente ripete l'operazione (altro chèque rubato, altra firma falsa) e si fa consegnare due li- bretti d'assegni collegati al conto dell'ignaro tassista. Dai libretti autentici incassa due assegni intestandoli «a me stesso». Nuove firme false, che consentono al ladro di sfilare dal conto di Roccia 5 milioni e 600 mila lire. Tre giorni dopo, Roccia viene convocato dal direttore della banca. «Lei ha versato due assegni ru¬ bati. C'è la sua firma». «Mi sono sentito mancare la terra sotto i piedi - dice il tassista -. Gli ho spiegato che a fare quelle operazioni non ero stato io, qualcuno mi aveva derubato». Il tassista si rivolge a un legale, l'avvocato Paolo Chicco. Blocca il conto in banca e i libretti d'assegni, evitando ulteriori furti. Poi al pm Onelio Dodero, che inda¬ ga sulla vicenda, Roccia presenta una perizia calligrafica che dimostra la falsificazione delle firme. Nel luglio '95, il pm archivia il procedimento penale «per mancanza di indizi sull'autore del reato». A questo punto, l'avvocato Chicco chiede al Banco di Sicilia la restituzione degli oltre 5 milioni che qualcuno ha rubato al tassista: «La banca - spiega Roccia - avrebbe dovuto controllare l'identità della persona, domandandole un documento». Ma, a sorpresa, il Banco di Sicilia risponde picche: «Neghiamo ogni responsabilità nel pagamento di quegli assegni». Il legale del Banco Carmelo Franco spiega: «La falsificazione della firma non era facilmente riscontrabile. Poteva essere scambiata con quella del titolare del conto». E cioè: se il truffatore è bravo, il correntista è perduto. Aggiunge Franco: «Questo signore promuova una causa civile contro di noi: se il giudice gli darà ragione, pagheremo con gli interessi. Non si può negare al Banco di Sicilia il diritto di non pagare». Il tassista, così, si trova in un dilemma: «Ho già perso 5 milioni e mezzo, che per me sono una grossa somma. Mi sono sentito dare del ladro e ho pagato la perizia e l'avvocato (un penalista). Adesso dovrei pagare un altro legale, citare la banca in un giudizio civile e aspettare qualche anno per vedere se riesco a recuperare ciò che mi hanno rubato. Ma è giusto?» Giovanna Favro Il taxista Gianfranco Roccia

Persone citate: Carmelo Franco, Gianfranco Roccia, Giovanna Favro, Onelio Dodero, Paolo Chicco, Roccia