La nuova giovinezza del «buonista» Ron di Marinella Venegoni

In tournée dopo il trionfo sanremese In tournée dopo il trionfo sanremese La nuova giovinezza del «buonista» Ron Alterna canzoni e lunghi monologhi in uno show d'impianto teatrale Ron, aria da eteTORINO. Vent'anni di sodalizio artistico e umano con Lucio Dalla, poi l'orgogliosa decisione di camminare da solo, culminata quest'anno in un inaspettato successo al Festival. Si disse, in quel momento, che la vittoria di Ron annunciasse simbolicamente quella dell'Ulivo: lo profetizzava l'«understatement» del personaggio, l'eleganza sommessa della sua ballata acustica, «Vorrei incontrarti fra cent'anni», che aveva fatto centro in mezzo ad un'ammucchiata di lacrimevoli e banali motivi. L'Ulivo poi ha vinto davvero, e anche Ron sembra aver ritrovato la giovinezza, tanto che sta pensando di dedicare a Sanremo un musical. Con l'aria da eterno ragazzo un poco ottocentesco, il ciuffo biondo scomposto, gira intanto l'Italia in non numerosissime date e non eclatanti cachet con uno show movimentato, forse soltanto un poco troppo lungo, che l'altra sera è approdato al teatro Colosseo di Torino pieno per tre quarti: gente di tutte le età innamorata delle sue canzoni. E anche il non/esaurito, alla fine, ha le proprie valenze simboliche. E' stata una sorpresa, ammirare un Ron così dinamico e disinvolto, ascoltare i lunghi monologhi (forse un po' troppo lunghi) pieni di buoni sentimenti e buone parole che collegano le canzoni, fra molte verità. «Mia madre mi ha sempre detto: le più belle canzoni che hai scritto le hai date agli altri», confessa il quarantenne ragazzo di Garlasco, immerso in una dimensione teatrale studiata per non annoiare, preso fra la chitarra, le tastiere, le camminate sul palco ad ellisse, le cantate con l'ottima Andrea Mirò, chitarrista/violinista interprete astigiana (e artigiana). Dà sapore al tutto il maschio o ragazzo Quartetto Blu Bop, diretto discendente dei Radar, con fraseggi pimpanti. E' come se Ron volesse far dimenticare gli anni passati come comparsa di prestigio dietro figure troppo carismatiche. E ci riesce, esponendo la sua mercanzia che vanta alcune fra le più belle opere del cantautorato italiano: famosissime come «Cosa Sarà», figlia di quel «Banana Republic Tour» che nel '79 sdoganò con Dalla e De Grcgori i concerti dalla violenza imperante nella musica, o «Piazza Grande» ancora più antica, diventata un classico nell'interpretazione del paroliere Lucio Dalla, responsabile pure del lancio della festeggiatissima «Attenti al lupo»; ma commuovono la platea anche canzoni meno famose come la davvero drammatica «Michelle», ispirata da una «meninha da rua» di Rio de Janeiro che di notte disseppellisce i suoi compagni di strada uccisi dalla polizia per poter cullare anche lei una bambola, oppure ancora «Angeli», occasione d'un coro timido ma robusto in platea. E non manca un richiamo ai primordi: «Il gigante e la bambina» arrivò nel '71 a Sanremo a sublimare la storia d'una violenza carnale letta nelle cronache dei Sessanta. «Cantare vuol dire credere in qualcosa, sperare», dice sul palco l'ottimo Ron finalmente protagonista della propria storia. E ci si ricorda che Sanremo talvolta, per caso forse, ha dei meriti: lo è aver promosso la riscoperta del mite Ron, che non ha mai gridato per aver successo. Marinella Venegoni Prossimi concerti: 31 Milano, Piazza Duomo; 3 giugno Roma, 8 Mezzacorona, 14 Moirfalcone, 15 Rivoli, 28 Bari, 29 Ravenna. Ron, aria da eterno ragazzo

Persone citate: Andrea Mirò, Dalla, De Grcgori, Lucio Dalla

Luoghi citati: Bari, Garlasco, Italia, Milano, Ravenna, Roma, Sanremo, Torino