Tadini balla con forbici e martello

Corpi in frantumi Corpi in frantumi Tadini balla con forbici e martello « j! MILANO 1 / I è mai capitato, prima che 1/ inizi un film, di fissare 1 quella villana luce verde " I dell'«Uscita di sicurezza» e riflettere: «Io qui non riuscirò a vedere nulla, con quel faro negli occhi»? Ebbene, inizia il film con la sua strana magia e quella luce insultante scompare nel nulla. Ora, questo non capita, con la pittura di Tadini. La luce dell'analisi, la candela verde di Jarry e della dissezione mentale, non si spegne mai nella sua tagliente narrazione. Bisogna inforcare gli occhiali della pittura alla Bosch, che non puoi afferrare tutta d'im colpo, devi leggerla rimbalzando lo sguardo. Ogni cosa, ogni storia, ogni volto, che è poi una maschera cava, risulta smembrato e ritagliato, non si ricompone sul cielo fittizio della tela, suddivisa spesso in trittici quartati, come nella pittura gotica di Grùnewald o di Dix. La pittura di Tadini è fatta di forbici e di martello, come avrebbe detto Nietzsche. Soprattutto quella sempre più rarefatta del Ballo dei Filosofi, che è in mostra alla Galleria Biò Marconi, di via Tadino. «Che cosa si sente, quando si balla?», s'interroga l'artista-filosofo, «forse si sente U proprio corpo farsi segno, linguaggio». Un linguaggio rotto, afasico, asmtattico. Marionette dal filo insensato, lettere d'alfabeto che pendono dalla bocca come bave di dottrina, anatomie sconclusionate che rompono gli incanti delle macelline sensitive di Condillac, galleggiando nell'aria vuota della pittura come astronauti privi di gravità, in una capsula spaziale. Si fronteggiano nasi finti e fallici, da Paese di Pinocchio inattivilo, scarpette abitate e tasche rigonfie d'ogni cosa, da scritte in carattere di cassa a cravatte inservibili a stilografiche blenorragiche. Corpi che si abbracciano e si sfilacciano, che non si piegano ma si spezzano e filtrano di trittico in trittico come insetti kafkiani, tra lattine bicolori e candele in forma di capezzolo. La lanterna di Diogene si è spenta sull'impossibilità di capire, ma sulle fosche pareti della caverna di Platone continua la danza piatta di questi scalatori dell'inutile, di questi onesti impiegati della Coscienza Infelice. Chi mai riuscirà a ricomporre la corazza dell'Ego? [m. vai.] Emilio Tadini Emilio Tadini

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