Pensò l'eleganza

Alighiero Boetti, maestro della stagione concettuale Alighiero Boetti, maestro della stagione concettuale Pensò l'eleganza E mostrò il dolore della vita TORINO | LIGHIERO Boetti, sdoppi piatosi in Alighiero & ri Boetti già in un fotomonAAItaggio del 1968, Gemelli (il severo e il giocoso), discendente nostalgico del domenicano del '700 Giovanni Battista Boetti divenuto a Mossul il sufi e sovrano «Profeta Mansur», è morto a Roma due anni fa per un tumore cerebrale, poco più che cinquantenne. Nel giardino della Civica Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea, che gli dedica fino al 1° settembre una mostra stupenda, lucida e sotterraneamente drammatica, l'Autoritratto in bronzo, fuso sul calco del proprio corpo, tiene in mano un tubo innaffiatoio, il cui getto sprizza sulla testa, fumante perché surriscaldata da resistenze elettriche interne. Questo incastro di illusionismo e di concettualità - ai limiti del concettismo barocco neh'autoironia sul pensiero creativo - ci colpisce oggi a posteriori con l'impatto del mistero della precognizione. Impatto fisico e ottico, con la forza dell'immagine, altrettanto quanto intellettivo, in che consiste l'eccellenza dell'arte di questo rappresentante massimo, con Paolini, di una stagione concettuale alla quale egli conferisce lo spessore drammatico di una riflessione, concretata in forma, sul tempo e la vita, sul genio individuale e l'elaborazione collettiva. Nella biografia nel catalogo Mazzotta, un testo nello stesso tempo commovente per memoria d'amore e impressionante per fedele lucidità fino ai limiti del crudele (registra: «Il rapporto coniugale si spezza tra 1*81 e l'82»), la prima moglie Anne-Marie Sauzeau illumina in profondità lo spirito di Boetti: «Alighiero è un trasgressore che sa assumere, con un'eleganza per niente analgesica, il dolore che accompagna le proprie scelte». Da tutta la mostra, a cura di Jean-Christophe Amman, Maria Teresa Roberto, Anne-Marie Sauzeau, promana questo senso che direi di memoria affettuosa e lucida, nella successione anche spettacolare delle 60 opere, spesso coinvolte nella scansione ripetitiva imposta dall'ossessione del tempo o dall'ossessione matematica delle permutazioni. E' questo il caso delle Centoventi lettere dall'Afghanistan spedite all'amico e collezio- nista Corrado Levi e alla sua famiglia, il cui numero è originato da tutte le possibili combinazioni cromatiche sulle buste da 5 coppie di francobolli, così come le otto varianti di un Lavoro postale del 1972 sono ritmate dalla diversa posizione di una mezzaluna nei trittici dello stesso francobollo afghano su otto buste. In un caso e nell'altro, i pannelli racchiudenti le buste offrono all'occhio la perfezione ritmica e architettonica di una poesia geometrica. Quanto alla drammatizzazione concettuale (e visiva) del rapporto fra il tempo, la propria vita e il gestoazione nell'accezione di Duchamp, i tredici telegrammi spediti al gallerista Sperone a partire dal 4 maggio 1971 («due giorni fa era il 2 maggio 1971»), raddoppiando ogni volta il giorno di spedizione fino al 5 ottobre 1993 («8192 giorni fa era il 2 maggio 1971»), diventano in sequenza, alzando alternativamente la linguetta superiore, la Serie di merli disposti a intervalli regolari lungo gli spalti di una muraglia. Oggi, la segreta essenza esistenziale dell'operazione e del suo risultato d'immagine è resa evidente dal fatto che la bacheca ospitante la sequenza continua dei telegrammi lascia ancora uno spazio libero alla fine della «muraglia»: la morte ha reso im- possibile la spedizione del telegramma del 2017. Già il primo arrivo in Afghanistan nel 1971 e il conseguente coinvolgimento con la manualità collettiva dell'arte tessile (da cui nasceranno i più spettacolari capolavori, gli arazzi ricamati su Uno dalle donne afghane) sono sotto il segno esistenziale del tempo di vita: su motivi decorativi locali l'artista fa ricamare una data virtuale di morte nel 2023 e la data del centenario 16 dicembre 2040. Si tratta di una vena sotterranea che innerva e fa vibrare di emozione intellettuale ima materia di sottile e spesso solare eleganza, dai 100 arazzetti con splendide permutazioni cromatiche della griglia grafica con le lettere Ordine e disordine al trittico bianco e azzurro con centinaia di aeromodelli a matita e acquerello. Anche quando l'opera è materialmente tangente all'arte povera, come nel Cartone approdato in Galleria con il Museo Sperimentale di Eugenio Battisti o nella Catasta di barre di eternit, l'eleganza formale è impeccabile. I materinli eterogenei, legno, vetro, eternit, stratificati e compattati nel plexiglas di Un metro cubo configurano l'arcana armonia di un frammento di litostrato paleocristiano o bizantino. Marco Rosei Torino lo ricorda a due anni dalla morte prematura-, trasgressore lucido, seppe testimoniare con opere e gesti le ossessive, crudeli sequenze del tempo «Ordine e disordine», un'opera del 72 e direi di memoria affetosa e lucida, nella succesone anche spettacolare delle 60 1972 sonoposizione trittici deafghano sutppaDugrasta magfa erraddgiornoottobrfa era ventanalternatsuperiorsposti a igo gli spOggi, la se Un'opera di Alighiero Boetti («Senza titolo», 1965) in mostra a Torino fino a settembre Sotto, un'immagine dell'artista scomparso a Roma due anni fa. «Ordine e disordine», un'opera del 72

Luoghi citati: Afghanistan, Mossul, Roma, Sperone, Torino