Secessione, i pro e i contro della «peste»

Secessione, ipro e i contro della «peste» LETTERE AL GIORNALE: IL LUNEDI' DI O.d.B. Secessione, ipro e i contro della «peste» Ricomincia un'altra avventura politica di questa nostra inquieta nazione. Ricomincia o continua? I pareri sono diversi, anzi contraddittori. Chi ha votato in un modo piuttosto che un altro prova a ragionare sul perché. Esemplare questa lettera da Moncalieri. [o.d.b.) Da tempo avevo deciso Da tempo avevo deciso di votare il Pds, per una serie di valutazioni positive che avevo fatto su questo partito, in particolare nell'ambito locale. Quando venne l'appoggio al governo Dini rimasi perplesso, ma non al punto di orientare la mia attenzione su altro partito. La mia preoccupazione era legata al fatto che questo governo scaricava spudoratamente le spese del governo centrale sulle amministrazioni periferiche, tagliando pesantemente i dovuti trasferimenti a Comuni ecc. e incamerava gli introiti di imposte sempre più alte, ormai insostenibili per molti cittadini e per la stessa economia del Paese, senza peraltro intraprendere alcuna azione rigorosa e incisiva di rispar¬ mio e riorganizzazione della funzione pubblica. Infine, preso da raptus preelettorale, detto governo ha stanziato: 12 mila miliardi per le celebrazioni del Giubileo a Roma (su pressione del Vaticano), 2000 miliardi per il salvataggio del Banco di Napoli (una manciata di miliardi non si è mai trovata per salvare le acciaierie Mandelli e Ferrerò equivalenti a 800 posti di lavoro), ha concesso aumenti agli statali (maggiori responsabili del disastro italiano che ha portato al licenziamento di migliaia di persone che avevano sempre lavorato bene e sodo nell'industria e altrove; e io, ormai giunto al 21 aprile, ho votato Lega. Questo è il contributo, per quanto mi concerne, che Dini ha dato per il voto all'Ulivo. Siamo certi che il mio sia un caso isolato? C. Carisio, Moncalieri Per favore, dica Gent.mo Signor Del Buono, vorrei far sentire attraverso la sua rubrica la mia indignatissima voce di italiana del Nord che non : i identifica affatto con i deliri secessionistici del senatore Bossi e di quella fìnta madonnina dell'onorevole Pivetti. Per favore, dica al suo giornale di cui io, ormai di mezza età, sono una fedele lettrice, di smettere di parlare di Bossi. Se tutti i giornali e tutte le televisioni lo ignorassero e non dessero notizia di ogni sua sparata, forse il «nostro» la smetterebbe di fare il gradasso. Lui non può parlare di indipendenza del Nord in nome di tutto il Settentrione, perché questo non è vero, e allora cosa vuole, la guerra civile? Ma mi faccia il piacere! Franca Giordanengo, Cuneo Che piaccia o no Egregio Signor Del Buono, ma quanti richiami all'unità per un'Italia unica e indivisibile! Dal Papa alla Cei, dal senatore De Martino al Senato, all'ultimo, quello dell'onorevole Violante alla Camera. Gli strali contro il Carroccio sono, ormai, si sa, a cadenza quotidiana come lo sono i commenti. Questi, «infarciti come panini per tutte le stagioni» lasciano su non poche labbra l'aspro sapore dell'incredibilità e dello stupore. Insomma, che piaccia o no, c'è voluto nientepopodimenoché il Signor Bossi, proprio lui, e la Lega, non altri, per risvegliare l'amore verso la Patria e verso il Tricolore; un amore che, in passato, ricordiamocelo, fu per un buon numero di istituzioni e per non pochi deputati e senatori - alcuni di loro tuttora facenti parte della presente legislatura - vergognosamente snobbato. Insomma, per anni ridicolizzarono il «Senso dello Stato» nello stesso modo in cui oggi si sta, forse senza avvedersene, gradatamente appiattendo il «Senso della Famiglia». Ci siamo, forse, dimenticati il tempo in cui esporre il Tricolore o parlare di Patria senza arrossire richiedeva un certo qual coraggio, e non solo morale? Che dire poi di quei riconoscimenti e avalli politici offerti da alcuni consistenti gruppi dell'establishment partitico nostrano a movimenti indipendentistici e autodeterministici europei operanti, si badi bene, in «Stati democraticamente» eletti? Per quanto riguarda, invece, quell'insieme di pericoli - presunti o reali - a cui la tanto tardivamente conclamata «Unità nazionale» è sottoposta, guardiamoci ben bene d'attorno: uno sguardo a 360 gradi, poi, senza allarmi né livori ma soprattutto senza barare, forse solo allora capiremo dove è in agguato il vero pericolo. Il «Senso dello Stato», come la credibilità nelle istituzioni sta, credo, nella coerenza a tutto campo e nell'onestà dei suoi rappresentanti - non nei proclami né tantomeno nelle minacce. Alessandro C rotta Montalto Dora Colpiamola al cuore Egr. Sig. Del Buono, ma come si può condannare la Lega Nord perché vuole dividere l'Italia? Tutti noi abbiamo amato questa nostra Grande Madre per la quale i nostri padri hanno dato sangue e sacrifici. Ma ora essa è diventata la Grande Prostituta, protettrice del crimine e di ogni turpitudine. Dunque colpiamola al cuore e tagliamola a pezzi, sperando di poterne ancora utilizzare qualche brandello! I martiri e gli eroi del Risorgimento e della Resistenza sarebbero pienamente d'accordo. Francesco Renato, Albissola Qui mi fermo nella rassegna dei prò e contro, perché è questione di reato e di incitamento al me¬ desimo. Ma aggiungo delle precisazioni fornite da un lettore. [o.d.b.] Desidero replicare Desidero replicare a chi ha scritto la lettera apparsa sulla Stampa del 12 maggio intitolata «C'è peste in Padania» e a tutti quelli che paragonano l'azione della Lega Nord con quella della ex Jugoslavia. La «peste» che ha devastato la vicina Jugoslavia non ha nulla a che fare con la politica e le possibili conseguenze del senatore Bossi. La ex Jugoslavia è stata attaccata dalla «peste» secessionista per motivi ben diversi, e cioè: a) il Paese era composto da 7 nazioni diverse (sloveni, croati, serbi, macedoni, montenegrini, albanesi e bosniaci-musulmani) più le varie minoranze; b) il Paese era diviso da tre religioni (ortodossa, cattolica, e islamica); c) esistevano due scritture: cirillica e latina; d) il Paese era stato costituito artificialmente dai vincitori della prima guerra mondiale nel 1918. Uno dei motivi per cui la Jugoslavia si è spaccata è stato anche il comunismo, rimasto ben radicato in Serbia e Montenegro e sradicato altrove. L'unica cosa che potrebbe essere paragonabile fra i due Paesi è il centralismo. Tutto il potere politico-economico concentrato a Belgrado come lo è, almeno secondo il senatore Bossi, quello italiano a Roma. Il federalismo è una buona soluzione per l'Italia, mentre la secessione rappresenterebbe un nonsenso etnico-pclitico. Il popolo italiano è uno solo e ogni paragone con la ex Jugoslavia significa non conoscere i veri motivi della recente tragedia balcanica. ing. Aleksandar Matkovic, Torino